Nell’ultimo incontro diplomatico tra Iran e Venezuela, all’inizio del mese, il ministro degli Esteri di Teheran Javad Zarif aveva affermato che «gli Stati Uniti stanno creando instabilità e insicurezza in Medio Oriente e in America Latina». Zarif aveva puntato il dito contro la strategia di Donald Trump. Ma soprattutto, con le sue parole, ha sottolineato la vicinanza diplomatica tra Venezuela e Iran, entrambi impegnati a osteggiare le ingerenze degli Usa negli affari interni di altri Stati.
Iran e Venezuela, due fedeli alleati nonostante un legame relativamente giovane. Le relazioni bilaterali, per come le conosciamo oggi, nascono sostanzialmente nel nuovo millennio. È solo dall’insediamento di Hugo Chávez che Caracas e Teheran hanno instaurato un vero dialogo. Una relazione che vive principalmente in funzione del contrasto alle politiche di Washington e che, oggi, con entrambi i regimi in difficoltà e con i rispettivi consensi interni in calo, trova a maggior ragione nella Casa Bianca e nel suo inquilino un nemico comune e un capro espiatorio. Se le proteste dei venezuelani quasi non fanno più notizia, quelle in Iran sono meno visibili e meno rumorose ma altrettanto diffuse. Entrambi i regimi stanno perdendo il sostegno della popolazione, soprattutto dei più giovani. Colpa di amministrazioni poco lungimirante e della corruzione tra i vertici di Governo che hanno portato a dilapidare grandi quantità di risorse (due grandi Paesi esportatori di petrolio, in teoria). Ma guardare al crollo dei prezzi del greggio e alle sanzioni di Trump – che mirerebbe al regime change in Iran come in Venezuela, dove è in prima fila nel sostegno a Juan Guaidò – è fin troppo facile: così si possono nascondere le altre (forse più importanti) cause dei problemi interni.
Secondo l’avvocato e analista per i diritti umani e la sicurezza nazionale Irina Tsukerman, l’alleanza tra Iran e Venezuela è figlia soprattutto delle similitudini tra le due Rivoluzioni – le cesure storiche che hanno portato al potere i regimi attualmente al potere – nonostante i vent’anni che separano l’una dall’altra. «Entrambe le Rivoluzioni – spiega Tsukerman – sono dichiaratamente ideologiche, una islamica, l’altra bolivariana. Entrambe hanno dato priorità ad accontentare velocemente le masse, dando loro guadagni tangibili. Ma erano scelte miopi, con risvolti positivi solo nel breve periodo». Un esempio è quello di acqua potabile ed elettricità gratuite promesse dall’Ayatollah Khomeini; o dell’intenzione di Chávez di sradicare la corruzione che era già presente in Venezuela da prima della rivolta che aveva guidato.
Tuttavia, se vista da altre angolazioni, l’alleanza tra Iran e Venezuela appare quasi controintuitiva. Nel suo stesso articolo, l’analista Tsukerman, non può nascondere alcuni elementi chiave che allontanano Iran e Venezuela. Fattori che in qualche modo suggeriscono che le due Rivoluzioni non siano poi così simili. Intanto, si tratta di Stati molto distanti geograficamente, con lingue, culture e storia che difficilmente potrebbero avere qualche connessione. Va inoltre ricordato che i due regimi attualmente al potere sono nati da Rivoluzioni diverse per modalità e tempi. La rivolta iraniana aveva l’intento di rovesciare il governo filo Usa dello Scià Reza Pahlavi a qualunque costo, ed è stata un’azione violenta e sanguinosa. L’ascesa al potere di Chávez invece no: fu eletto presidente alle elezioni del 1998 (dopo il tentato colpo di Stato del 1992 ai danni del presidente Carlos Andrés Pérez, che i bolivaristi ritenevano corrotto e filo-statunitense). E poi c’è l’aspetto religioso che separa le due Rivoluzioni: l’ideologia islamica che guidava i rivoluzionari iraniani non ha nessuna controparte credibile nella rivoluzione bolivariana, atea e ancorata ai valori che ispirarono il regime cubano durante gli anni Sessanta.
Considerare le due Rivoluzioni gemelle potrebbe essere una forzatura logica. Ma di certo, al netto delle differenze, la storia e le contingenze hanno guidato Iran e Venezuela verso un’alleanza che fa comodo a entrambi. Ne è un esempio la volontà di far fronte comune contro il nemico giurato. L’opposizione all’imperialismo americano è uno dei principi cardine tanto della Rivoluzione iraniana quanto di quella chavista. Ancora: si tratta di Paesi esportatori che fanno del petrolio la loro principale fonte di ingresso di valuta estera. Ma non solo. Entrambi i regimi, negli anni, hanno fatto ricorso all’uso della violenza per stroncare le rivolte degli oppositori. Inoltre, le continue violazioni dei diritti umani hanno sicuramente giocato un ruolo determinante nel rendere meno convincente – oltre che meno conveniente – stipulare accordi diplomatici, economici o militari con loro. Fanno ovviamente eccezione Cina e Russia, che hanno scelto di approfittare delle difficoltà politiche sulla scena internazionale di Venezuela e Iran per espandere lì la loro influenza. Anche qui, chiaramente, in funzione di disturbo alle politiche degli Stati Uniti. Come riferisce “Bloomberg”, è bene ricordare che le sanzioni petrolifere degli Usa contro l’Iran e il Venezuela hanno avuto come conseguenza un aumento della domanda di petrolio prodotto dalla Russia. Un guadagno di quasi 905 milioni di dollari di entrate aggiuntive tra i mesi di novembre e di luglio.
Photo: Venezuelan President Hugo Chavez (right) with Mahmud Ahmadinejad during a visit to Caracas by the Iranian president in November 2009 (AFP).
Alessandro Cappelli
Giornalista professionista appassionato di politica internazionale e sport. Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all'Orientale di Napoli con una tesi in Storia dell'America Latina. Collabora con Rivista Undici e Linkiesta. Ha scritto il libro "STAND UP, SPEAK OUT. Storia e storie di sport e diritti civili negli Usa".
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