C’è un Paese dell’UE che il 23 aprile avrebbe voluto celebrare diversamente il 17esimo anniversario dall’apertura dei primi check-point: Cipro. Lì, dal 2003 i cittadini si erano sentiti liberi di circolare per ben 20 milioni di volte. E proprio lì, adesso, manca qualsiasi tipo di coesione, neanche ipotetica. Da quando è scoppiata la bomba Coronavirus, non è più possibile andare dalla RdC, parte sud, alla RTCN, parte nord in mano alla Turchia. Le due Repubbliche dell’isola hanno deciso di muoversi in autonomia, come se il virus Sars-Cov2 scegliesse liberamente da che parte stare, per quanto ad oggi si contino 804 casi e, per fortuna, solo 14 decessi in tutto il territorio cipriota.
Lo scorso 28 marzo un aereo dell’Aviazione militare della Grecia ha prelevato il primo carico di aiuti provenienti dalla Cina, Paese con lo sguardo ormai rivolto verso una nuova frontiera, i Balcani. Destinazione? RdC, ossia Repubblica di Cipro, ossia Europa. La Repubblica Turca di Cipro Nord, allo stesso modo, aveva già ricevuto 11 milioni di dollari per fronteggiare l’emergenza sanitaria dalla Turchia. Dove la frontiera è realtà dal 1974, i cittadini europei continuano a pagare i contributi in quanto lavoratori nella RdC senza che per loro sia possibile accedere al proprio stipendio né al proprio luogo di lavoro.
Intanto, se il virus sembra attenuare la propria forza, torna rinvigorita la nave Yavuz, di nuovo nelle acque dell’Egeo e in aperta violazione del confine della Zona Economica Esclusiva di Cipro. Ancorandosi nell’area compresa tra il blocco 6 e il blocco 7 della ZEE di Cipro, con l’intenzione di rimanerci fino al 18 luglio, la nave è tornata a esplorare i giacimenti di gas naturale, ormai da molto tempo al centro delle mire espansionistiche turche.
«Stato pirata del Mediterraneo orientale», così il portavoce del governo di Cipro, Kyriakos Kousios, ha definito la Turchia.
Tensioni mai risolte. Non è un mistero, infatti, che una serie di esercitazioni militari congiunte tra Cipro e Francia vadano avanti dallo scorso 17 febbraio, ancor prima della diffusione del Covid-19, che gli stessi francesi abbiano venduto 240 milioni di euro di armi ai ciprioti, e che le due navi Posidonas 1 e Nireas 1 siano state acquistate dalla Marina militare cipriota dall’Italia.
Giovanni Vazzana
Classe 1986. Palermitano di nascita, a Pisa gli studi universitari linguistici. Poi assistente di lingua italiana in Lorena, Francia. Da sempre attento ai problemi delle minoranze, degli Stati divisi, in particolare Cipro. Aderisce all’Associazione italiana Giovani per l’UNESCO.
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