L’arresto della direttrice finanziaria dell’azienda cinese di telecomunicazioni Huawei a Vancouver rappresenta il nuovo capitolo della faida commerciale tra Cina e Stati Uniti. Questa volta, anche il Canada gioca un ruolo principale, tra pressioni politiche e rappresaglie diplomatiche.
LA LEADERSHIP TECNOLOGICA DI HUAWEI
Fondata nel 1987 da Ren Zhengfei, Huawei è riuscita nel corso degli anni 2000 ad affermarsi come società leader nel settore delle telecomunicazioni a livello internazionale, grazie alla vendita di smartphone di qualità a basso prezzo e allo sviluppo di tecnologie innovative come il 5G. Con un fatturato di circa 93 miliardi di dollari, un organico di oltre 180mila dipendenti e una struttura operativa ramificata in più di 170 Paesi, Huawei è uno dei frutti più visibili dell’apertura della Cina alla globalizzazione economica. Nel 2018 Huawei ha conquistato la medaglia d’argento e superato la Apple come principale produttore mondiale di smartphone, restando seconda solamente a Samsung. La rilevanza globale di Huawei ha suscitato ammirazioni quanto timori in diverse parti del mondo: l’establishment politico ed economico negli Stati Uniti e nell’Unione Europea sospetta che l’azienda faccia un doppio uso delle strutture e delle tecnologie installate in Paesi terzi a fini di spionaggio.
Fig. 1 – Il “5G Park” all’interno del quartier generale di Huawei a Shenzen, nella Cina meridionale
L’ARRESTO DI MENG WANZHOU
Il clima di recente scetticismo nei confronti del colosso cinese ha ricevuto un’ulteriore spinta con l’arresto di Meng Wanzhou, direttrice finanziaria (CFO) di Huawei e figlia del fondatore dell’azienda, avvenuto lo scorso 1° dicembre all’aeroporto di Vancouver, ma reso noto solamente il 5 dicembre. A compiere l’arresto sono state le Autorità canadesi, sulla base di un ordine di estradizione emesso dal Governo statunitense: Meng è stata accusata di frode bancaria per aver partecipato a transazioni illegali con l’Iran, in violazione dell’embargo statunitense, sfruttando un complesso sistema di sotterfugi incentrato intorno all’azienda di Hong Kong Skycom, sospettata di spionaggio e commercio illecito con il Governo iraniano secondo gli Stati Uniti. Huawei ha negato ogni accusa formulata dalle Autorità canadesi e statunitensi, distanziandosi dalla vicenda. Al momento, Meng, che si è dichiarata innocente, è stata rilasciata su cauzione. Nonostante le sue labili condizioni fisiche non le permettano di lasciare Vancouver in attesa del processo, le Autorità canadesi hanno disposto diverse misure coercitive, quali il controllo patrimoniale e la sorveglianza a vista.
Fig. 2 – Meng Wanzhou, direttrice finanziaria di Huawei, lascia la propria casa di Vancouver, in Canada. Meng è stata rilasciata su cauzione lo scorso 11 dicembre e da quel momento è sottoposta a un regime di stretta sorveglianza
IL MIRAGGIO DELLA TREGUA SINO-STATUNITENSE
L’arresto di Meng arricchisce di un nuovo episodio la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, iniziata ufficialmente lo scorso luglio con l’imposizione di 34 miliardi di dollari in tariffe da parte del Governo americano sulle importazioni cinesi. La vicenda, tuttavia, trascende le sole questioni di giustizia all’insegna di un complesso gioco di interessi commerciali e politici. Meng è stata arrestata proprio lo stesso giorno dell’incontro tra Donald Trump e Xi Jinping durante il G20 in Argentina, quando i due leader hanno concordato la negoziazione di una tregua di 90 giorni. In questo contesto molti osservatori ritengono che la vicenda sia strumentale agli interessi nazionali statunitensi, specialmente in seguito alla dichiarazione con cui il presidente Trump ha segnalato l’intenzione di rilasciare Meng Wanzhou in cambio di un accordo commerciale favorevole con la Cina per cessare le ostilità. L’arresto di Meng si può configurare come un tentativo, da parte dell’Amministrazione Trump, di ottenere una leva maggiore in vista delle negoziazioni con la Cina, al fine di eliminare il deficit commerciale che gli USA soffrono nei confronti della Repubblica Popolare.
Fig. 3 – Donald Trump e Xi Jinping durante una cena di lavoro a margine del G20 di Buenos Aires dello scorso 1° dicembre. I due leader hanno discusso la possibilità di una tregua commerciale.
CANADA: RUOLO SECONDARIO O ATTORE PROTAGONISTA?
La crisi diplomatica si è estesa anche al Canada, le cui Autorità giudiziarie hanno eseguito l’arresto di Meng. Nelle settimane successive all’arresto della CFO di Huawei, le Autorità cinesi hanno a loro volta arrestato tre cittadini canadesi: si tratta dell’ex diplomatico Michael Kovrig, dell’imprenditore Michael Spavor, famoso per i suoi rapporti con il regime di Kim Jong-un, e di un’insegnante, Sarah McIver, arrestata con l’accusa di occupazione irregolare in Cina. Mentre Kovrig e Spavor sono tuttora detenuti per questioni di sicurezza nazionale, l’insegnante canadese, la cui identità era inizialmente ignota, è stata rilasciata il 28 dicembre. Nonostante le dichiarazioni della leadership cinese, che ha negato una correlazione tra gli arresti e la vicenda Huawei, essi rappresentano un chiaro esempio di rappresaglia da parte del Governo cinese, al fine di guadagnare una leva politica su Ottawa per convincere il Governo Trudeau a far cadere le accuse verso Meng. Ad aggravare la già complessa situazione, lo scorso 29 dicembre le Autorità giudiziarie cinesi hanno segnalato l’intenzione di riaprire il processo a Robert Lloyd Schellenberg, già processato e condannato a 15 anni di reclusione nel 2016 per traffico di droga, con il rischio di una pena ben più severa: la legge cinese prevede come pena massima per il traffico illegale di droga la condanna a morte. Di fronte a tali eventi, il Canada ha assunto una posizione critica nei confronti tanto di Pechino, quanto di Washington, affermando la volontà di rispettare lo Stato di diritto e di non voler contaminare l’indipendenza del potere giudiziario, libero da interferenze da parte del braccio esecutivo, con questioni politiche e diplomatiche.
Fig. 4 – Dimostranti a favore di Meng Wanzhou di fronte alla sede del tribunale canadese dove si è tenuta l’udienza per la sua cauzione, 11 dicembre 2018
Data la complessità dello scenario attuale, tracciare previsioni future risulta un procedimento particolarmente arduo. La postura sempre più assertiva e muscolare assunta dall’Amministrazione statunitense e la “presa in ostaggio” della CFO di Huawei hanno avuto l’obiettivo di accrescere il potere contrattuale di Washington nei negoziati con Pechino: ci sarà un guadagno effettivo o la già lesa credibilità del “Numero Uno” verrà intaccata ancora di più? In questo baratto internazionale il Canada ha la facoltà di assumere un ruolo di prim’ordine per porre fine a un tale “stallo alla messicana”: sfruttando il suo status di “civilian power” e insistendo sul rispetto dello Stato di diritto, potrebbe contribuire a una soluzione imparziale della controversia. Tuttavia, data l’alta politicizzazione della vicenda e il prestigio degli attori coinvolti, la strumentalizzazione del ruolo del Governo canadese da ambo le parti è un esito difficile da scartare: starà al Canada riuscire a imporsi come attore protagonista, ma il rischio di rimanere una comparsa marginale resta comunque elevato.
Lorenzo Santini
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