La recente dichiarazione del Governo azero potrebbe costituire l’ennesima mossa per rompere la dipendenza energetica dalla Russia, che vedrà necessario riorientare il proprio mercato di esportazione.
1. I RECENTI SVILUPPI
Secondo quanto dichiarato lo scorso novembre dal presidente della compagnia Azerigaz Alikhan Melikhov, l’Azerbaigian smetterà di importare gas naturale dalla Russia a partire da quest’anno. Egli ha sottolineato che il Paese ne ha da sempre importato quantità ingenti (ben 1,6 miliardi sm3 – metri cubi standard – nel 2018, come da contratto, corrispondente circa al 20% del consumo medio azero), ma che adesso è giunto il momento di sfruttare il potenziale delle proprie risorse. Una simile scelta non stupisce: proprio il 12 giugno dello scorso anno l’Azerbaigian ha realizzato una delle sue più grandi ambizioni inaugurando il gasdotto TANAP: esso, sfruttando le risorse del giacimento Shah Deniz, approvvigionerà il territorio anatolico e azero, contribuendo in prima linea anche alla sicurezza energetica dell’Europa (coinvolgendo l’Italia tramite il progetto TAP).
Fig. 1 – Abbraccio tra il presidente azero Aliyev e quello turco Erdogan durante la cerimonia di inaugurazione del gasdotto TANAP, 12 giugno 2018
2. DAL DOMINIO SOVIETICO ALLA RIVALITÀ POST-BIPOLARE
In epoca sovietica i Paesi satellite erano i produttori di idrocarburi a basso costo e l’URSS ne era l’unico acquirente, gestendone poi la vendita e la ridistribuzione a prezzi più alti. L’Azerbaigian, pur non avendo molte risorse, costituiva un punto strategico sia per la presenza di uno sbocco sul mare verso il Turkmenistan, il Paese satellite più ricco di risorse, sia perché isolato geograficamente dalla Russia e dall’Iran. Così, al collasso del sistema bipolare, consapevole della propria unicità, il Paese tentò di rafforzare la propria posizione geopolitica nella regione. La prima mossa fu l’accordo con la Turchia per la costruzione dell’oleodotto Baku Tbilisi Ceyhan (BTC), il 9 marzo 1993. In seguito, con l’avvento al Governo di Heydar Aliyev, l’Azerbaigian intraprese una strategia di consolidamento dei propri diritti sullo sfruttamento delle risorse offshore del Mar Caspio, la cui risultante fu l’importante accordo del 24 settembre 1994. Esso prevedeva la creazione del consorzio azero AIOC in collaborazione con compagnie occidentali, ma anche l’inclusione nel progetto della compagnia russa Lukoil per guadagnare un supporto governativo da parte dell’ex URSS.
Fig. 2 – Aliyev e il presidente russo Vladimir Putin partecipano a un ricevimento a margine dell’ultimo vertice del Commonwealth of Independent States (CIS) di San Pietroburgo, 6 dicembre 2018
3. LE NECESSITÀ DELLA RUSSIA
Per la Federazione Russa la parola d’ordine è “esportazione“. Le risorse energetiche infatti puntellano il budget nazionale e costituiscono un asset strategico che ne consolida la posizione geopolitica. Infatti le entrate derivanti dall’esportazione di energia sono di maggior portata rispetto a quelle di qualunque altra industria interna: esse ricoprono quasi il 40% di quelle totali e nell’anno 2017 sono state pari a 132 miliardi di dollari. Tali entrate vengono utilizzate dai decisori politici per ridistribuire ricchezza e generare il consenso politico. Da ciò si evince che per un Paese come la Russia è fondamentale garantirsi un accesso a un mercato di vendita affidabile e sufficientemente sviluppato, nonché diversificare i propri vettori di esportazione a tutela della propria sicurezza. La scelta dell’Azerbaigian comporterà necessariamente un riorientamento di mercato, ma la Russia potrà sempre contare su un ampio portafoglio di Paesi importatori che si è costruita nel corso degli anni. I suoi principali partner strategici sono la Germania (48,5 miliardi sm3 esportati nel 2017), la Turchia (27,6) e l’Italia (22,3). A essi si aggiunge l’Estremo Oriente importatore di petrolio: tra le prime file Singapore (12,5 milioni di tonnellate importate nel 2017) e la Cina (2,1 milioni), con cui il Governo russo ha anche siglato un accordo nel 2014 per l’export di gas naturale tramite il gasdotto Power of Syberia. È quindi piuttosto evidente che la Russia goda di una capacità di “network diplomacy” non indifferente: sarà interessante osservare come questa accoglierà la sfida lanciata dal Governo azero nei prossimi mesi.
Ginevra Rizzo
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