Il 10 dicembre due bombardieri strategici russi sono atterrati all’aeroporto di Maiquetia, fuori Caracas, destando l’attenzione del governo Usa. Insieme ai bombardieri Tu-160 la Russia ha inviato in Venezuela anche un aereo da trasporto militare pesante An-124 e un aereo passeggeri a lungo raggio Ilyushin Il-62. I Tu-160, che durante parte del volo lungo 10 mila chilometri sono stati scortati da un caccia F16 della Norvegian Air Force, sono in grado di trasportare missili nucleari con un raggio di 5,500 chilometri e viaggiano a una velocità due volte superiore a quella del suono. Il Ministero della Difesa russo non ha specificato se i bombardieri trasportassero o meno qualche tipo di arma e il portavoce del Pentagono, il colonnello Rob Manning, ha detto di non avere informazioni più dettagliate riguardo il dispiegamento dei due Tu-160, che tra i membri della Nato hanno il nome in codice “Blackjack”. Nell’ambito delle manovre militari congiunte tra Russia e Venezuela, annunciate una settimana dopo la visita del presidente venezuelano Maduro nella capitale russa, sono stati effettuati anche dei voli di addestramento con i mezzi dell’Aeronautica Militare locale Su-30МК2V e F-16A.
Dopo l’atterraggio dei velivoli russi l’ambasciatore di Mosca in Venezuela Vladimir Zaemsky ha dichiarato alla tv di Stato venezuelana che la cooperazione tecnico-militare tra i due Paesi è stata rafforzata e che sono in fase di perfezionamento i preparativi per l’incontro della commissione intergovernativa russo-venezuelana grazie alla quale sarà approfondita la discussione di nuovi progetti comuni in diversi campi. Soprattutto durante gli anni del boom economico il Paese latinoamericano ha acquistato armi dalla Russia, tra cui jet da combattimento e altro equipaggiamento militare, per un totale di 12 miliardi di dollari, stando alle stime di Americas Quarterly. Mosca è ancora primo fornitore di armamenti delle Forze Armate di Caracas, Rosneft ha investito ingenti risorse nella compagnia petrolifera nazionale venezuelana PDVSA e il governo russo ha provato a salvare il Venezuela dal tracollo economico attraverso diversi prestiti. Con la crisi economica scoppiata in Venezuela i rapporti con Mosca hanno subito un relativo rallentamento, i russi però sono intenzionati a continuare a trarre profitto dalle risorse di greggio del Paese e dalle possibilità di guadagno garantite dall’attività estrattiva. Per il presidente venezuelano Maduro, la cooperazione militare con Mosca è un modo per tenere a bada i possibili antagonisti di Caracas, ma i legami tra Russia e Venezuela servono molto di più gli interessi di Mosca e vanno ben al di là di una semplice relazione tra alleato maggiore e minore.
I bombardieri Tu-160, progettati alla fine dell’era bipolare, sono stati ammodernati negli anni e oggi sono considerati tra i più avanzati del mondo. Mosca li ha impiegati nella campagna militare in Siria in particolare nell’attacco sferrato per la prima volta attraverso il lancio dei missili da crociera Kh-101. La Russia aveva inviato i Tu-160 nel Paese sudamericano già nel 2008, sulla scorta delle tensioni sorte con gli Stati Uniti dopo la breve guerra tra la Federazione Russa e la Georgia, e ancora nel 2013. Anche adesso l’arrivo dei due bombardieri segue un periodo di crescenti frizioni e sarebbe da intendersi una provocazione russa rivolta a Washington con cui i rapporti sono ai minimi storici dalla fine della Guerra Fredda per via dell’Ucraina, della guerra in Siria e per il sospetto di interferenze russe nella campagna presidenziale Usa del 2016. Come già avvenuto in passato, l’America Latina si trasforma in terreno di scontro geopolitico di attori più grandi. In questo senso, il dispiegamento in Venezuela degli Tu-160 non farebbe eccezione. Il tweet del segretario di Stato Usa in risposta all’arrivo dei “Cigni Bianchi” nel Paese latinoamericano lascia intendere infatti molto più di quella che all’apparenza può sembrare solo una reazione dettata dalla rabbia del momento. Per Mike Pompeo, il Venezuela e la Russia sono “due governi corrotti che sprecano fondi pubblici in manovre militari mentre i loro popoli continuano a soffrire”. Per capire la reazione del governo statunitense bisognerebbe tornare col pensiero alla crisi dei missili di Cuba che nel 1962 tenne per 13 giorni il mondo con il fiato sospeso per il possibile scoppio di una guerra nucleare tra russi e americani. Franz Klintsevich, membro della Commissione Difesa del Senato americano, avrebbe appunto espresso preoccupazione per il possibile uso della base aerea di La Orchila, distante meno di 2000 chilometri dalla Florida, contro il territorio americano. L’arrivo dei due bombardieri in Venezuela non pone lo stesso pericolo della crisi del 1962 e molto difficilmente porterà a uno stazionamento di armi nucleari in Venezuela e all’utilizzo della base aerea contro il territorio statunitense, hanno sottolineato al Time gli analisti Diego Monya-Ocampos e Miriam Lanskoy. Tuttavia, la mossa della Russia costituisce in sé la dimostrazione che il potere di Mosca può estendersi molto lontano e segue la decisione di Trump di uscire dal trattato sul disarmo e sul controllo delle armi nucleari intermedie (INF) firmato con l’URSS nel 1987.
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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