Le proteste in India e la discriminazione contro i musulmani

In India si protesta da 7 giorni a seguito della conversione in legge del Citizen Amendment Act. Il disegno di legge era stato avanzato dal partito nazionalista hindu Bharathiya Janata Party (Bjp) del premier Narendra Modi. La legge favorisce la richiesta di cittadinanza per gli immigrati irregolari di qualsiasi religione in arrivo da Afghanistan, Bangladesh e Pakistan, purché non siano di fede musulmana. A causa della legge, ci sono state dimostrazioni in diverse città indiane, a cui hanno preso parte molti studenti, meno interessati alla legge in sé ma più intenzionati a protestare contro la dura risposta della polizia ditretta a sedare le manifestazioni, scrive BBC.

Secondo chi la contesta, la legge farebbe parte del piano del governo nazionalista hindu finalizzato a marginalizzare i misulmani, che in India sono più di 200 milioni, e violerebbe i principi laici di uguaglianza contenuti nella Costituzione perché sarebbe discriminatoria  verso tale minoranza. Il nuovo provvedimento va a modificare la legge, vecchia di 64 anni, che impedisce agli immigrati irrelogari di diventare cittadini indiani. La proposta di legge è stata votata dal parlamento la settimana scorsa e rende dunque possibile a decine di migliaia di immigrati cristiani, hindu, buddisti, sikh di poter fare domanda di cittadinanza in India. Un’agevolazione negata invece a chi è musulmano, perché secondo chi sostiene la legge, queste persone non sarebbero vittime di oppressione nei Paesi considerati, appunto Afghanistan, Bangladesh e Pakistan.

Domenica scorsa, 15 dicembre, nella capitale Delhi le proteste sono state moto violente, decine di studenti sono rimasti feriti. Il bilancio a una settimana dall’inizio delle dimostrazioni conta almeno 6 morti nel nordest dell’India. Gli studenti hanno accusato la polizia di aver risposto in modo sproporzionato alle manifestazioni, che avevano avuto un carattere pacifico. Dopo l’Assam, ci sono stati scontri tra dimostranti e polizia nella capitale e in particolare all’università Jamia Millia Islamia (JMI). Un raid delle forze dell’ordine nella JMI ha provocato pubblica indignazione e nuove proteste di fronte al quartier generale della polizia cittadina. Alla Aligarh Muslim University (AMU), nello stato indiano dello Uttar Pradesh, la polizia ha usato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua contro i dimostranti. Un video molto virale in India, e ripreso dal Guardian, mostra un gruppo di cinque donne che fanno da scudo umano a un ragazzo trascinato via dalla propria casa e pestato dalla polizia.

 

 

Il primo ministro Modi, accusato di essere artefice di una feroce retorica anti-Islam, ha difeso la legge e lunedì scorso su Twitter ha scritto che sarebbero «i gruppi di interesse» a creare disordine e alimentare le divisioni in India. Il governo ha anche annunciato di avviare un’ampia campagna contro gli «infiltrati» che provengono dai Paesi vicini. Il New Yorker scrive che la legge è una prova che il potere conquistato da Modi con la rielezione l’ha portato ad oltrepassare il limite, tanto da provocare una reazione a livello nazionale.

L’aggiornamento del Registro nazionale dei cittadini in Assam, India nordorientale, potrebbe rendere apolidi milioni di musulmani. Questi cittadini sono stati esclusi dall’ultimo aggiornamento del Registro nazione dei cittadini (Nrc), una lista che contiene i nomi di tutti i residenti dello Stato dell’Assam considerati cittadini «autentici». L’aggiornamento, iniziato nel 2015 e cui dati sono stati pubblicati il 31 agosto scorso, era stato presentato ufficialmente come una misura contro l’immigrazione irregolare. Ma anche in quel caso era stato sollevato il sospetto di discriminazione contro i musulmani. La Corte suprema indiana, massimo organo giudiziario, aveva disposto l’aggiornamento dei dati per la prima volta dal 1951, come misura per verificare il numero di immigrati irregolari provenienti dal Bangladesh ed entrati illegalmente in India. Nello Stato dell’Assam è al potere il Partito del popolo indiano (Bjp) del premier Modi, che ha fatto dell’immigrazione uno dei temi centrali dell’agenda politica. Nell’Assam questo tema è ancor più sentito a casusa dell’emergenza rohingya, la minoranza musulmana perseguitata in Myanmar in fuga principalmente verso il Bangladesh. Nonostante alcuni Stati si siano detti favorevoli ad accogliere gli immigrati, come il governo dello Stato del Bengala Occidentale guidato da Mamata Banerjee, Il governo Modi ha ribadito più volte di voler espellere tutti i rohingya perché immigrati irregolari. Nel caso dell’Assam Modi aveva incontrato ura resistenza abbastanza modesta, ma stavolta sembra diverso. Ad agosto il premier ha revocato l’autonomia del Kashmir, l’unico Stato a maggioranza musulmana diventato una «prigione a cielo aperto».

 

PHOTO: Demonstrators burn copies of the Citizenship Amendment Bill, a bill that seeks to give citizenship to religious minorities persecuted in neighbouring Muslim countries, during a protest in New Delhi, India, December 10, 2019. Adnan Abidi, REUTERS