Un nuovo studio diretto da Christopher Balding della Fulbright University Vietnam sembra aver confermato l’esistenza di legami molto stretti tra l’azienda di telecomunicazioni Huawei e l’esercito cinese, come del resto era stato già evidenziato da un’inchiesta di Bloomberg. La ricerca si basa sull’analisi dei curricula dei dipendenti del colosso di Shenzhen. Molti di questi, come è emerso, avrebbero legami con le forze armate e con l’intelligence cinesi, ecco perché ora si teme che gli Stati Uniti adottino un approccio ancora pù severo con Huawei, considerata una minaccia per la sicurezza nazionale degli Usa.
Lo studio, tuttavia, non ha permesso di trovare elementi che proverebbero le attività di spionaggio della Cina ai danni delle aziende e delle società straniere. Secondo Huawei, sono solo ipotesi speculative, l’azienda continua a negare tali accuse. A negare è stato anche il fondatore di Huawei Ren Zhengfei, che però risulta ex vicedirettore del genio militare, carica ricoperta fino al 1983. La notizia è fonte di preoccupazione tra gli Stati che stanno considerando di includere Huawei nei progetti per il lancio delle reti 5 G. Il rischio avvertito da molti governi stranieri è costituito dai cosidetti backdoors, definiti “la porta di servizio” che permette a Pechino di accedere a dati segreti e sistemi. Va detto però che il Regno Unito e la Germania non hanno riscontrato minacce evidenti nella collaborazione con Huawei. Lo studio recente è stato condotto dal professor Christopher Balding della Fulbright University Vietnam e dal think tank di Londra Henry Jackson Society, definito di orientamento conservatore. Come scrive CNBC, uno dei dipendenti, ad esempio, dimostra di aver ricoperto contemporaneamente un ruolo di rilievo in Huawei e di aver lavorato come insegnante presso l’ateneo militare da cui provengono i membri del Chinese People’s Liberation Army. Balding ritiene che questa persona sia legata a una sezione dell’esercito cinese deputata alle attività relative alla guerra elettronica e allo spazio. Un altro profilo identificato dallo studio sarebbe quello di un dipendente responsabile di impiantare tecnologia e software utili ad acquisire dati e informazioni. Il dipendente considerato sarebbe stato impegnato nel controspionaggio per il governo cinese. Balding ha però aggiunto: «Non ho riscontrato alcuna evidenza che proverebbe un ordine partito dallo Stato cinese e diretto al personale Huawei di commettere tali atti di spionaggio o comportamenti simili. Non ho trovato alcun file audio o mail in cui c’è questo tipo di ordine». A fine giugno Bloomberg aveva pubblicato un’inchiesta in cui aveva accusato il personale di Huawei di avere rapporti molto stretti con l’esercito cinese e di aver collaborato a progetti con le forze armate relativi anche al settore dell’intelligenza artificiale.
Redazione
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