Il 9 ottobre il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha annunciato l’inizio delle operazioni militari nel Nord-est della Siria contro i combattenti curdi. «Le forze armate turche – ha affermato – con l’Esercito nazionale siriano, hanno lanciato l’operazione “Primavera di pace” contro i terroristi del Pkk, delle Ypg e dell’Isis nel Nord della Siria. La nostra missione è impedire la creazione di un corridoio del terrore ai nostri confini meridionali e portare la pace nell’area». L’inizio dell’operazione militare è stato agevolato dal via libera del presidente americano Donald Trump, il quale aveva a sua volta annunciato il ritiro dei soldati statunitensi presenti nell’area. Il ministero della Difesa turco ha fatto sapere attraverso una nota che «le unità di comando continuano la loro avanzata nella regione dell’Eufrate orientale nell’ambito dell’operazione Primavera di pace». La Turchia ha colpito il Nord-est della Siria con raid aerei, ci sono video che mostrano colonne di civili in fuga. Almeno 7 sarebbero stati uccisi in quella che viene indicata come una possibile tragedia umanitaria. Oggi è prevista una riunione del Consiglio di Sicurezza Onu il cui esito appare tuttavia scontato a causa del supporto tacito di Mosca alla Turchia e all’atteggiamento assunto dagli Usa. Gli Stati Uniti non hanno criticato apertamente l’invasione di Ankara, ma nelle ultime ora il presidente Usa Donald Trump con tweet avrebbe definito il motivo del tradimento inflitto al popolo curdo, alleato degli Usa nella lotta all’Isis. «I curdi – ha twittato Trump – stanno combattendo per la loro terra. Non ci hanno aiutato durante la Seconda guerra mondiale. Non ci hanno aiutato in Normandia, ad esempio».
Cosa muove la Turchia
L’operazione mira a creare una “zona cuscinetto” nel nordest della Siria – a est del fiume Eufrate – che sia utile a tenere lontane dal confine turco le milizie curde dell’Ypg, le unità combattenti di protezione popolare curde che hanno svolto un ruolo di primo piano nella sconfitta territoriale del sedicente Stato Islamico in Siria e che, secondo il governo di Ankara, sarebbero da ritenersi un gruppo terroristico come il Pkk, i paramilitari del Partito dei lavoratori curdo. L’operazione “Primavera di pace” contro il popolo curdo nel Rojava arriva dopo quella del 2016 denominata “Scudo dell’Eufrate” e dopo “Ramoscello d’ulivo”, lanciata invece nel gennaio 2018 nell’enclave di Afrin. Nel progetto della Turchia, la “zona cuscinetto” sarà un’area in cui verranno ricollocati centinaia di migliaia di profughi siriani fuggiti dalla guerra. Recep Tayyip Erdoğan a lungo si è opposto all’autogoverno dei curdi nei Paesi vicini alla Turchia. Un Kurdistan siriano indipendente è qualcosa che la Turchia non può accettare perché potrebbe risvegliare le aspirazioni secessioniste dei 20 milioni di curdi che vivono in territorio turco. Nel gennaio del 2016 Ankara ha invaso l’enclave curda di Afrin in mano alle SDF e i curdi hanno accusato la Turchia di voler imprimere un cambiamento demografico. Secondo Spyros Sofos, ricercatore del Lund University’s Center for Middle Eastern Studies, Erdoğan, in difficoltà, punterebbe anche a sfruttare l’invasione in Siria per riconquistare i voti dei nazionalisti. L’operazione, inoltre, favorisce i piani della Turchia di diventare una superpotenza regionale. Ma un altro aspetto rilevante da considerare sono i campi dei miliziani dello Stato Islamico finiti nelle mani Usa. L’accesso a questi campi conferisce a Erdoğan una merce di scambio da usare con l’Europa, suggerisce ancora l’analista, che non vuole il rientro dei combattenti.
Sin dove può spingersi la Turchia
L’operazione militare della Turchia dovrebbe riguardare prima di tutto l’area al confine con la Siria, potrebbe estendersi a Raqqa e Deir ez Zor. L’invasione, tuttavia, dovrebbe riguardare in primo luogo la città di Kobane. Il confronto tra l’esercito turco, la seconda forza militare all’interno della NATO, e le SDF appare spoporzionato. Da una parte c’è un esercito potente e avanzato, dall’altra 30 mila combattenti muniti di piccole armi e veicoli corazzati.
Chi sono i curdi, popolo senza Stato
I curdi sono un’etnia che abita le regioni montuose a cavallo tra Turchia, Iraq, Siria, Iran e Armenia. Spesso ci si riferisce al loro territorio con espressioni come “enclave” e “regione autonoma” oppure usiamo il termine “Kurdistan” associato a uno di questi quattro Paesi. Mai una volta, invece, abbiamo sentito la parola “Stato curdo” perché il Kurdistan non è uno Stato. Ed è proprio questo il problema, il dramma se vogliamo, che attanaglia questa popolazione.
Sono in totale circa 30 milioni di persone, la maggior parte delle quali vive all’interno del territorio turco, e costituiscono il quarto gruppo etnico in Medio Oriente. La loro storia è caratterizzata da nomadismo: storicamente i curdi erano pastori erranti che pascolavano per le pianure della Mesopotamia e gli altopiani che vanno dalla Turchia sud-orientale fino all’area sud-occidentale dell’Armenia.
I curdi non hanno una vera e propria lingua né un’unica religione, sebbene per la maggior parte siano musulmani sunniti. Non avendo una propria patria, hanno però l’esigenza di crearla. Da cui il Kurdistan, che vorrebbe essere uno Stato indipendente e farsi spazio tra questi Paesi. I curdi, invece, sono rimasti “incastrati” dopo la prima guerra mondiale, con la sconfitta dell’Impero Ottomano, quando gli alleati occidentali, vincitori della guerra, previdero la creazione di uno stato curdo (nel Trattato di Sèvres del 1920) ma poi dimenticarono di dargli sostanza.
Così, le varie enclave curde reclamano da allora l’indipendenza – ma si accontenterebbero anche di federazioni e vere autonomie regionali – e costituiscono un problema politico per ciascuno dei Paesi in cui abitano. La popolazione curda non è stata esente da persecuzioni e massacri. In Turchia, dove abita oltre il 20% della popolazione curda totale, le rivolte iniziarono già negli anni Venti del Novecento e col tempo nomi e costumi curdi furono vietati, l’uso della lingua venne limitato e all’identità etnica curda si preferì il termine tolkeniano “Turchi delle montagne”. Negli anni Settanta, fu Abdullah Ocalan a radicalizzare le posizioni curde e a costituire nel 1978 il PKK, partito che iniziò la lotta armata contro la Turchia ma non ottenne altro che 40mila morti, migliaia di profughi e il carcere per Ocalan. Nel 2012 sono iniziati i colloqui di pace e la contemporanea tregua. Ma il PKK ha mantenuto armi e contiguità con altri gruppi curdi armati, come il YPG, le unità di protezione popolare che al momento combattono soprattutto lo Stato Islamico in Siria.
SANLIURFA, TURKEY – OCTOBER 09: A photo taken from Turkey’s Sanliurfa province, on October 09, 2019 shows smoke rises at the site of Ras al-Ayn city of Syria after terrorists burn tires to avoid being photographed by Turkish National Army’s unmanned aerial vehicles (UAV) as Turkish troops along with the Syrian National Army begin Operation Peace Spring in northern Syria against PKK/YPG, Daesh terrorists. ( Kerem Kocalar – Anadolu Agency )
Redazione
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