Sono ore difficili per i due amiconi, Donald Trump e Benjamin Netanyahu, fino a poco tempo una coppia di successo, ispiratrice del populismo e delle destre mondiali, Salvini compreso, che in Israele ha omaggiato il premier dello stato ebraico come nessun ministro nella storia della nostra repubblica. Il primo ha regalato a Israele Gerusalemme capitale trasferendo l’ambasciata Usa nella città delle tre religioni, il secondo si è assunto, con beneplacito dell’amico Trump, il ruolo ruolo di guardiano della regione in funzione anti-Iran.

Ma i “Los Amigos” in questo momento sono sotto schiaffo. Trump vuole essere rieletto nel 2020 ma il suo avvocato Michael Cohen lo ha attaccato al Congresso dicendo che è un bugiardo, un imbroglione e ha mentito al popolo americano sui rapporti con la Russia e in campagna elettorale. Il premier israeliano è ancora più sotto pressione: le elezioni sono tra poche settimane e ora viene incriminato dalla magistratura per corruzione.

Come se non bastasse sul piano internazionale fanno figure barbine. Trump ha dovuto liquidare anzitempo i colloqui con il leader nordcoreano Kim Jong-un che non accetta di rinunciare alla sua atomica senza avere almeno la garanzia che gli Usa gli tolgano a breve le sanzioni. Netanyahu è andato a Mosca da Putin chiedendo che Mosca convinca l’Iran a togliere i suoi pasdaran dalla Siria. Ma ha avuto soltanto qualche vaga promessa anche perché la coalizione anti-Iran che vorrebbero gli Usa, Israele e l’Arabia Saudita stenta a decollare.

Il vertice delle scorse settimane è a Varsavia è stato un flop, cui è seguito dopo poche ore una altro disastro diplomatico, il fallimento del vertice dei Paesi di Visegrad a Gerusalemme, saltato per un  nuovo feroce litigio sui lager nazisti in Polonia tra Varsavia e il governo di Netanyahu.

Tutti e due sono in bilico ma soprattutto si teme per la stabilità mondiale e del Medio Oriente. Netanyahu. in evidente difficoltà sulla coalizione concorrente alle elezioni dei centristi Benny Gantz e Yair Lapid, potrebbe ricorrere alle armi per risollevare i sondaggi che lo danno perdente. Le opzioni sono diverse, da un raid in Siria o nel Golan, come ne ha già effettuati diversi in questo ultimo anno, o persino uno “strike” contro gli Hezbollah libanesi, alleati di Teheran e di Damasco, che tengono sotto tiro gli israeliani.

Ma quel che preoccupa di più è Trump. La superpotenza è in mano a uno staff di mediocri selezionato da un presidente che ha fatto fuori in due anni dozzine e dozzine di collaboratori, soprattutto chiunque possedesse un minimo di credibilità e di visione strategica. Alcuni di loro come l’attuale consigliere alla Sicurezza nazionale John Bolton sono individui pericolosi per la pace. Bolton, per esempio, da anni sostiene che bisogna bombardare l’Iran, come se non fosse stato sufficiente distruggere l’Iraq nel 2003, la Libia nel 2011 e poi anche la Siria. provocando centinaia di migliaia di morti, distruzione e ondate di profughi.

Il problema è che alla leadership americana non crede più nessuno. Soltanto uno stupido oggi può fare accordi strategici con Trump e gli Usa. In primo luogo Kim Jong-un non è disposto a rinunciare all’atomica per preservare il suo potere personale. Secondo, dopo la fine di Saddam, Gheddafi e il caos in Medio Oriente, nessuno è così stupido di fidarsi degli americani. Terzo gli Stati Uniti di Trump hanno stracciato l’accordo sul nucleare con l’Iran del 2015 voluto da Obama: una lezione così negativa che non si può ignorare. Gli Usa del tycoon non rispettano gli accordi anche quando sono stati firmati da tutta la comunità internazionale. In seguito Trump è uscito anche anche dall’accordo sugli euromissili con la Russia, rievocando i fantasmi della guerra Fredda. La domanda è scontata: comprereste un’auto usata da quest’uomo?

Alberto Negri

articolo pubblicato su tiscali.it