Il 46enne ha vinto il ballottaggio del 24 novembre. Figlio e bisnipote d’arte, ha riportato il Paese nelle mani del Partito Nazionale. Il profilo.
Per la prima volta in 15 anni, un candidato che non appartiene al Frente Amplio è stato eletto presidente dell’Uruguay. Luis Alberto Lacalle Pou che ha battuto al ballottaggio Daniel Martínez, è il leader del Partito Nazionale detto anche Bianco, in contrapposizione agli storici rivali Colorados.
Il neo-presidente 46enne, che si insedierà il primo marzo, appartiene a una famiglia storica per la politica del Paese. Suo padre, Luis Alberto Lacalle, è stato presidente dal 1990 al 1995. La madre Julia Pou è stata senatrice tra il 2000 e il 2005.
Infine il bisnonno Luis Alberto de Herrera, storico caudillo dei Blancos, a parte avere un ruolo assimilabile a primo ministro tra 1925 e 1927 ed essere stato membro del Consiglio nazionale di governo collegiale dal 1952 alla sua morte nel 1959, fu soprattutto colui che alle elezioni del 1958 sconfisse i Colorados dopo 93 anni. Personaggio leggendario, in alcune foto giovanili appare vestito da guerrigliero con un cappello da gaucho.
LA PASSIONE PER IL MARE E PER IL SURF
Proprio dal bisnonno Lacalle Pou ha ereditato una collezione di National Geographic. Di qui la sua passione per il mare. Il suo sogno, infatti, era diventare un nuovo Jacques-Yves Cousteau tanto che anche ora dice di essere un oceanografo mancato. In compenso, però, è diventato un abilissimo surfista. Ha girato mezzo mondo a cercare onde da cavalcare: Hawaii, California, Nicaragua, Panama, El Salvador, Costa Rica, Messico, Brasile, Sumatra. Ama ripetere che «il surf insegna l’armonia con ciò che ci circonda e a integrarsi con il Pianeta». Quando non ha il mare a disposizione, si arrangia con uno skateboard.
Proprio ai festeggiamenti per la vittoria del padre Luis Lacalle Pou conobbe sua moglie Lorena Ponce de León appartenente a una famiglia colorada, ma portata all’evento da una amica. Con lei ha avuto tre figli. Deputato dal 2000 al 2015, presidente della Camera dal 2011 al 2012, candidato alla presidenza nel 2014 e senatore dal 2015, Lacalle Pou è ora alla prova del governo.
LOTTA ALLA CRIMINALITÀ E SGRAVI FISCALI
Dopo Lacalle padre e dopo due altri mandati di presidenti colorados, nel 2004 vinse per la prima volta il Frente Amplio, versione tra le più soft della Marea Rosa dei governi di sinistra dell’area. Tre i mandati: Tabaré Vázquez, poi il mediatico Pepe Mujica, poi di nuovo Vázquez. Ma dopo 15 anni anche il modello uruguayano ha iniziato ad appanarsi.
Non ci sono state le involuzioni autoritarie di altri governi di sinistra e l’Uruguay resta uno dei Paesi meglio governati della regione, ma la delinquenza è cresciuta: da 284 omicidi nel 2017 si è passati ai 414 nel 2018. Carta che Lacalle Pou ha giocato in campagna elettorale. Il suo programma prevedeva anche sgravi fiscali per i produttori agricoli, la riduzione del deficit e il mantenimento dello Stato sociale.
LA VITTORIA DI MISURA AL BALLOTTAGGIO
Al primo turno del 27 ottobre Luis Alberto Lacalle Pou aveva conquistato il 28,62% dei voti, contro il 39,02% di Martínez, il 12,34% del colorado Ernesto Talvi e l’11,04% di Guido Manini Ríos, ex-comandante dell’esercito destituito da Vázquez per aver preso le difese del regime militare e fondatore del partito Cabildo Abierto chiaramente ispirato a Jair Bolsonaro.
Il suo successo ha allarmato gli uruguayani al punto da consentire a Martínez un forte recupero al ballottaggio del 24 novembre. Un risultato che però non è stato sufficiente a garantirgli la vittoria. E ora, grazie a 30 mila voti, è la volta del presidente-surfista. Alla domanda su cosa avrebbe fatto con la tavola se eletto aveva risposto: «Sognare», visto che «il presidente deve lavorare anche nei fine settimana». Ma, ha assicurato, continuerà a insegnare surf alla figlia Violeta.
Maurizio Stefanini
Romano, classe 1961, maturità classica, laurea in Scienze Politiche alla Luiss, giornalista dal 1988. Specialista in America Latina, Terzo Mondo, movimenti politici comparati, approfondimenti storici.
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