La settimana scorsa è iniziato al Tribunale penale di Parigi il processo che vede imputati cinque componenti della cellula islamista di Lunel, operativi tra il 2013 e il 2014. Lunel è una località situata nel sud della Francia tra Nimes e Montpellier. Negli ultimi anni è stata denominata la “French Molenbeek” essendo stata uno dei principali luoghi di reclutamento del jihadismo francese. Basti pensare che da qui sono partiti venti giovani per andare a combattere in Siria e Iraq, otto dei quali sono morti in battaglia.
I cinque imputati sono stati arrestati alla fine di gennaio del 2015, due settimane dopo l’attacco alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo. Per il pubblico ministero francese, tuttavia, «non vi è alcun collegamento diretto» tra la cellula e l’attacco di Parigi, mentre i giudici ritengono che due imputati siano stati in Siria a combattere: Adil Barki, 39 anni, e Ali Abdoumi, 47 anni. I due, come la maggior parte delle altre persone partite da Lunel, hanno aderito prima a Jaysh Mohamed (L’esercito di Maometto), un gruppo armato vicino ai qaedisti del Fronte di Al-Nusra, poi allo Stato Islamico.
Come spesso accade durante questi processi, i jihadisti di fronte ai giudici perdono la loro baldanza e tendono a minimizzare le loro responsabilità. Adil Barki, ad esempio, ha sostenuto di essere andato in Siria «ma solo per un mese e non ho mai combattuto». Gli altri tre imputati – Hamza Mosli (che ha perso due fratelli in Siria), Jawad S. e Saad S., dicono di non essere mai partiti. Hamza Mosli, però, durante la sua deposizione ha ammesso per la prima volta di aver ricoperto il ruolo di “ufficiale di collegamento” tra Lunel e Raqqa. In precedenza aveva sempre negato ogni responsabilità operativa. Per lui il pubblico ministero ha chiesto una condanna a nove anni di reclusione. Anche un altro imputato, Jawad S., tra molti distinguo ha riconosciuto di aver avuto un ruolo come sostenitore dello Stato Islamico, arrivando a riconoscere che i suoi commenti sul web potrebbero aver spinto alcuni giovani a partire. Per lui il pubblico ministero ha chiesto sette anni di reclusione. Per Saad S. e Adil Barki, entrambi definiti dei «teste non credibili», la richiesta della pena è stata di sei anni di reclusione. Per Ali Abdoumi, che ha continuato a negare di essere partito per il Siraq nonostante le prove contro di lui, l’accusa ha chiesto otto anni di carcere.
L’Islam radicale a Lunel
Dall’estate del 2014 sono partiti in 1.900 dalla Francia per combattere in Siria e Iraq al servizio dell’ISIS. Di questi, come detto, 20 (vale a dire l’1%) sono partiti proprio dalla piccola città di Lunel. Sebbene questo numero possa sembrare irrilevante, occorre ricordare che Lunel ha solo 26mila abitanti, dei quali 6mila di religione musulmana. Altro dato interessane è che Lunel è la città francese con il più alto numero di gendarmi per densità di popolazione. Nonostante questa imponente presenza di forze di sicurezza, nella cittadina il numero di furti e aggressioni supera di gran lunga quello della media nazionale.
Inoltre, oltre i cinque membri della cellula jihadista sotto processo a Parigi, nella cittadina ci sarebbero altri 30 individui che sono ritenuti islamisti pericolosi e che, per tale motivo, sono stati messi sotto sorveglianza. Di questi, 10 portano il braccialetto elettronico, sulla cui efficace le polemiche però non mancano. Alexander Del Valle, saggista e giornalista francese di origini italiane, specialista di geopolitica e di Medio Oriente, nel suo ultimo saggio La stratégie de l’intimidation – Du terrorisme jihadiste à l’islamiquement correct, ha dimostrato come questi dispositivi siano ormai vecchi e inutilizzabili, al punto che molti di essi non hanno nemmeno la localizzazione GPS.
A Lunel, fino al 2008, l’Islam radicale non era percepito come un problema. Poi ha aperto la moschea El Baraka, dove negli ultimi dieci anni sono stati invitati a parlare anche imam estremisti come Hani Ramadan, fratello del notissimo islamologo Tariq Ramadan, attualmente in carcere per l’accusa di stupro. La disoccupazione giovanile (al 20%), la droga, la microcriminalità, la violenza e il boom demografico hanno reso Lunel il terreno ideale per i “predicatori del male”. Costoro hanno saputo sfruttare il disagio e la marginalità di molti giovani di una comunità locale spaccata in tre: da un lato i vecchi immigrati musulmani che non vogliono sentire parlare né di jihad e di estremismo religisoso; dall’altro i loro figli e nipoti “sedotti” invece dai discorsi dei predicatori salafiti; infine, gli esasperati cittadini francesi che alle ultime elezioni municipali hanno votato in massa per il Front National (42%) che ha promesso loro ordine e sicurezza, promesse rimaste però sulla carta.
La sentenza contro la cellula islamista di Lunel è prevista entro la fine di aprile. La Francia, intanto, si interroga su come fermare la diffusione dell’islam radicale non solo nelle periferie di Parigi e delle altre grandi città ma anche nei piccoli centri come la “French Molenbeek”.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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