Dopo l’espulsione dell’ambasciatore keniota da Mogadiscio, la Somalia ha deciso di mostrare i muscoli e schierare l’esercito lungo il confine con il Kenya. Nel frattempo riprende vigore la contesa sul confine marittimo tra i due Paesi. Questi attriti potrebbero ridefinire gli equilibri in Africa orientale?
1. UNA SFIDA NON SOLO DIPLOMATICA
Il riacutizzarsi delle storiche ostilità tra Kenya e Somalia non è altro che l’ennesimo episodio di tensione e instabilità a essersi recentemente verificato nel Corno d’Africa, uno dei teatri geopolitici più volubili di questi ultimi mesi.
L’attrito tra i due Paesi non si limita semplicemente a uno scontro diplomatico, ma si concretizza in azioni sul campo: il Governo di Mogadiscio ha deciso, infatti, di schierare il proprio esercito lungo il confine meridionale tra le città di Mandera e Beled-Hawo, la prima situata in Kenya e la seconda in territorio somalo. L’occupazione delle zone di confine da parte dell’esercito somalo non è rimasta circoscritta solo a questi abitati, ma si è estesa anche ad altre aree facilmente permeabili come El Uach (Ceelwaaq in lingua somala significa “Il bene di Dio”), cittadina che viene tagliata proprio dalla frontiera tra i due Stati. La dimostrazione di forza si aggiunge all’annuncio della rottura delle relazioni diplomatiche somalo-keniote, avvenuta il 15 dicembre scorso. Le accuse principali mosse dalla Somalia al Kenya è di eccessiva vicinanza al Somaliland e di interferenze pesanti nel processo elettorale in corso, segnato ad oggi da continui rinvii e tensioni, fornendo sostegno per esempio ai soggetti contrari a Mogadiscio nello Stato federato dell’Oltregiuba (Jubbaland). Il comportamento imputato al Governo di Nairobi ha portato all’espulsione dell’ambasciatore keniota da Mogadiscio lo scorso 30 novembre 2020 e al richiamo di quello somalo, al momento in missione diplomatica in Kenya.
Fig. 1 – Un militare keniota inquadrato nella missione AMISOM durante un pattugliamento a Mogadiscio
2. IL TRIANGOLO MARITTIMO CONTESO
Il motivo della tensione tra Somalia e Kenya ha però radici più profonde e complesse. I due Paesi, inoltre, da lungo tempo sono entrati in rotta di collisione a causa di una disputa sulle acque territoriali, che si rivelano essere di vitale importanza per entrambi, in quanto ricche di giacimenti petroliferi. Il territorio marittimo conteso forma un triangolo, il cui vertice si colloca alla frontiera, poco a sud della sensibile area somala di Ras Kamboni e circa 100 chilometri a nord della città keniota di Lamu, futuro terminale del progetto LAPSSET. I lati del triangolo sono tracciati dalle diverse rivendicazioni territoriali: secondo il Kenya, infatti, il confine marittimo si sviluppa verso l’Oceano Indiano perpendicolarmente alla costa, mentre la Somalia rivendica che il confine marittimo si estenda come prosecuzione del confine terrestre, quindi in linea obliqua. Il Kenya, a supporto della propria tesi, cita le pratiche dell’era coloniale e il processo di decolonizzazione, invece la Somalia si appella alle convenzioni internazionali. La disputa, che già aveva aveva visto la mediazione dell’ONU nel 2009, aveva ripreso vigore nel 2011 – dopo che il Kenya aveva invaso la Somalia, adducendo la scusa di prestare soccorso nella lotta contro il gruppo terroristico jihadista sunnita affiliato ad al-Qaida, al-Shabaab, – ma non si appresta ancora a essere risolta. Dopo una serie di rinvii su richiesta keniota, la Corte Internazionale di Giustizia, di fronte alla quale dal 2014 si svolge l’arbitrato, ha deciso di fissare l’udienza in merito alla disputa per il 15 marzo 2021. Nairobi aveva proposto un’ulteriore proroga, ma Mogadiscio ha espresso recentemente la propria contrarietà, manifestando alla Corte la volontà di mantenere la data indicata.
Fig. 2 – Il tratto di mare oggetto della contesa tra Kenya e Somalia | Fonte: https://www.dw.com/en/kenya-or-somalia-who-owns-the-sea-and-what-lies-beneath/a-19557277
3. NUOVI EQUILIBRI NEL CORNO D’AFRICA
La tensione tra Somalia e Kenya si rivela quindi essere una situazione ben più complessa di quanto appaia. I fattori coinvolti sono svariati e non risiedono solamente nella disputa sulle acque territoriali. La Somalia ha minacciato l’espulsione delle truppe keniote che si trovano in territorio somalo e partecipano alla missione AMISOM. Questa mossa, non del tutto condivisa dall’opinione pubblica somala, porterebbe a un significativo cambiamento degli equilibri interni al Corno d’Africa, perché la partenza dei circa 3.600 soldati kenioti indebolirebbe il contrasto ad al-Shabaab. Per Nairobi la permanenza in Somalia è fondamentale per partecipare attivamente alla lotta contro il terrorismo islamico e per controllare le minacce e i traffici illegali a ridosso del confine. Il Kenya, negli ultimi anni, è stato infatti duramente colpito dagli attentati jihadisti compiuti in diverse parti del Paese, come gli attacchi al centro commerciale Westgate (2013), all’Università di Garissa nel (2015) e all’albergo DusitD2 di Nairobi (2019). Il ritiro forzato delle truppe keniote si aggiungerebbe inoltre a quello potenziale del contingente americano, annunciato lo scorso anno da Donald Trump e previsto per il 2021, salvo divese indicazioni da parte del neopresidente Biden. Questo scenario di instabilità di certo non giova alla Somalia, che si è vista costretta più volte a rimandare le elezioni parlamentari e presidenziali, al momento previste ad agosto 2021. La fragile Somalia si trova, quindi, ancora una volta, in balia dei venti di guerra che soffiano nel Corno d’Africa.
Di Veronica Bari. Pubblicato su Il Caffè Geopolitico
“The World Food Programme vessel sailing off the Horn of Africa under the watchful eye of FS Courbet – Feb 13” by EU Naval Force Media and Public Information Office is licensed under CC BY-ND
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