Con un’accoglienza trionfale, con tanto di tappeto rosso, riservata dai pakistani è iniziato il tour asiatico dell’erede al trono saudita Mohammed bin Salman. Il viaggio in Asia del principe toccherà anche la Malesia e l’Indonesia, ma la tappa fondamentale sarà in Cina dove MbS ha in programma un incontro con il presidente Xi Jinping. Il viaggio di MbS in Asia è conseguente al raffreddamento dei rapporti con l’Occidente motivato dallo scandalo della morte del giornalista Jamal Khashoggi e dalla tragedia umanitaria causata dal conflitto in Yemen. Questa congiuntura di eventi sembra aver spinto Riad ancor di più nell’orbita di Pechino, nota per il suo approccio pragmatico alla politica estera e privo di condizionamenti di natura ideologica, o almeno è stato così fino ad oggi. Un orientamento diffuso tra i Paesi del Golfo, pronti a salire sul carro dei vincitori trainato dalla Cina. I piani cinesi della BRI, o delle Nuove Vie della Seta, vedono proprio in Pakistan il progetto centrale. Per il governo di Islamabad, l’arrivo di MbS è la visita di Stato più importante dopo quella del presidente cinese Xi avvenuta nel 2015, in seguito alla quale Pechino annunciò decine di miliardi di di dollari di investimenti nelle infrastrutture del Pakistan come parte dell’ampio progetto della BRI.
La presenza del principe saudita in Pakistan segna un nuovo approfondimento dei legami tra i due alleati, un rapporto che si fonda sul sostegno dell’Arabia Saudita all’economia pakistana e su quello dell’esercito del Pakistan all’Arabia Saudita. Per Islamabad, la visita dell’erede al trono serve a garantire la promessa di liquidità e di investimenti necessari alla sopravvivenza della sua fragilissima economia. Il Pakistan ha bisogno di denaro che in passato ha avuto dalla Cina e in migliaia di dollari proprio dal regno saudita attraverso aiuti e credito senza condizioni. Durante la storica visita di Stato di MbS Arabia Saudita e Pakistan hanno firmato una serie di accordi dal valore complessivo di 20 miliardi di dollari, ha riferito Al Arabiya TV. Gli accordi interessano tanto il settore energetico che il commercio e impegnano i sauditi a nuovi investimenti in Pakistan. «Riad ha firmato un accordo che prevede la fornitura di greggio e di altri prodotti petroliferi per rispondere al fabbisogno energetico del Pakistan», ha twittato domenica 17 febbraio il Ministro per l’Energia saudita Khalid al-Falih. MbS ha avuto due incontri privati, uno con il primo ministro Imran Khan, e l’altro con il capo dell’esercito Qamar Javed Bajwa, dimostrando in questo modo il sostegno alle due leve del potere in Pakistan. La presenza di MbS rafforza i legami militari tra Arabia Saudita e il vecchio alleato, portando nuova linfa a una relazione lunga 40 anni che ha subito degli strappi in tempi recenti. MbS sta cercando di stabilire una presenza più forte dell’Arabia Saudita in Asia. Per questo in settimana sarà anche a New Delhi con l’obiettivo di mediare tra Pakistan e India dopo le nuove tensioni scatenate dall’attacco suicida che la settimana scorsa in Kashmir ha ucciso 40 soldati indiani.
Nella relazione tra Pechino e Riad si intersecano le aspirazioni cinesi a conquistare la leadership mondiale in campo tecnologico, contenute in Made in China 2025, e quelle saudite a diversificare l’economia dal petrolio, cuore della strategia di MbS Vision 2030. A luglio 2018 i due Paesi hanno firmato accordi dal valore di 65 miliardi di dollari, i rapporti vanno oltre il settore energetico, si allargano a quello tecnologico e culturale e si basano su investimenti reciproci. Cina, Pakistan, Arabia Saudita sono inoltre legate dalle ricadute geo-strategiche delle Nuove Vie della Seta, perno della diplomazia di Pechino. A luglio 2018 l’anziano re Salman era in visita ufficiale a Pechino e Xi ha dato il benvenuto a Riad in qualità di “partner globale della BRI”. «Crediamo che il Pakistan sarà un Paese molto importante nel prossimo futuro e vogliamo essere certi di fare la nostra parte», ha dichiarato MbS a Islamabad. Essere parte di questo promettente futuro vuol dire quindi non lasciarsi scappare l’occasione offerta dalla BRI. La visita di MbS in Cina è finalizzata infatti a promuovere la cooperazione sino-saudita e ad approfondire la collaborazione per le Nuove Vie della Seta. L’accordo più rilevante siglato da MbS con il Pakisan ha infatti per oggetto la costruzione di un complesso per la raffinazione di petrolio da 10 miliardi di dollari nel porto di Gwadar, snodo fondamentale del corridoio economico Cina-Pakistan e progetto centrale della vastissima rete di infrastrutture cinese. Investire nella logistica e nelle infrastrutture petrolifere e di gas di Gwadar è un obiettivo anche degli Emirati, che hanno in programma un impianto per la raffinazione di petrolio da 5-6 miliardi di dollari. L’hub di Gwadar promette di accelerare i collegamenti nella regione, avvicinando la Cina al Medio Oriente e all’Africa e accorciando una distanza di 3,400 chilometri.
Facendo leva sul potere economico la Cina punta ad aumentare la presenza in Medio Oriente, regione chiave per la sicurezza energetica. La domanda cinese va incontro agli interessi dell’Arabia Saudita, che avrebbe in programma di espandere il mercato del greggio verso la Cina per la prima volta dal 2012. Riad, il più grande esportatore di petrolio al mondo, negli ultimi due anni è stata sorpassata dalla Russia come fornitore di greggio ai cinesi. A partire dal 2019, invece, le importazioni cinesi dall’Arabia Saudita potrebbero passare da 300 mila barili al giorno a 700 barili al giorno, riportando la potenza maggiore dell’OPEC di nuovo in vetta alle esportazioni in Cina, riferisce Reuters. Saudi Aramco ha annunciato a fine 2018 di voler firmare 5 accordi per la fornitura di greggio che dovrebbero portare nel 2019 ad esportare in Cina l’equivalente di 1,67 milioni di dollari di barili al giorno. Nei primi 10 mesi del 2018 la Cina ha acquistato 1.04 milioni di dollari di barili al giorno, che corrispondono al 11,5% delle importazioni totali cinesi, secondo i calcoli dell’agenzia britannica. La quota degli scambi potrebbe salire al 17% quest’anno. La grande spinta alle esportazioni saudite in Cina dovrebbe arrivare dai contratti per la costruzione di nuove raffinerie a partire da quest’anno e per i prossimi, progetti di proprietà di compagnie statali come Sinopec e PetroChina.
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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