L’onda blu dei democratici nelle elezioni di midterm negli Stati Uniti non c’è stata. Il partito dopo otto anni ha riconquistato il controllo della Camera. Il Senato invece è rimasto ai repubblicani. Questo il quadro, secondo le proiezioni dei principali network americani.
I democratici dovevano togliere 23 posti ai repubblicani per riconquistare la maggioranza tra i deputati, e sono andati anche oltre le aspettative, prendendo seggi in stati vinti da Trump nel 2016. Al Senato però il Gop si è rafforzato, sconfiggendo gli incumbent avversari nelle regioni chiave come Indiana, North Dakota, Missouri e Florida. Beto O’Rourke non è risucito a battere Ted Cruz in Texas, ma molti già lo considerano un possibile candidato alla Casa Bianca nel 2020.
I repubblicani hanno conservato le poltrone di governatore in stati importanti per le presidenziali, come Ohio e Florida, ma le hanno perse in Michigan, Illinois, Iowa, Kansas, mentre la Pennsylvania è rimasta democratica. Le candidate donne hanno ottenuto risultati importanti, da Alexandra Ocasio, che a New York è diventata la più giovane mai eletta al Congresso, a Ilhan Omar, ex rifugiata somala inviata alla Camera dal Minnesota.
“Un enorme successo questa sera. Grazie a tutti”, il tweet di Donald Trump dopo la diffusione dei primi risultati di queste elezioni.
L’analisi di Ugo Tramballi – Il Sole 24 Ore
Se doveva essere un’ondata di piena, quella democratica è stata solo una vittoria ai punti: il partito di opposizione conquista con ampio margine la Camera dei rappresentanti e alcuni nuovi governatori. Ma il Senato resta ai repubblicani che aumentano sensibilmente i loro seggi. E se queste elezioni di medio termine dovevano essere – come sono state – un referendum su Donald Trump, il risultato non è quella condanna che molti in America e soprattutto nel resto del mondo speravano: la questione è quantomeno controversa. Il presidente troverà qualcuno da accusare per aver perso così chiaramente la Camera: negli ultimi giorni di campagna elettorale aveva già cominciato a preannunciare brogli elettorali dell’avversario.
Per conquistare la maggioranza alla Camera, i democratici dovevano prendere 23 seggi ai repubblicani: nella notte ne avevano conquistati 35. Fino a ieri i repubblicani erano maggioranza nelle legislature di 31 stati e in 25 di questi avevano anche il governatore. I democratici solo in otto stati. I risultati di questa notte non sono ancora del tutto completi ma sembra chiaro che il partito democratico abbia avuto un importante successo nel voto sui governatori.
Tuttavia Trump reclamerà come sua la vittoria in Senato. In un certo senso oggi il partito repubblicano è ancora più suo di quanto fosse ieri. E questo aumenta la possibilità che un secondo mandato fra due anni non sia più un’eventualità impossibile. Lo sarebbe stata se i repubblicani avessero perso anche la maggioranza in Senato.
Quale presidente dunque le elezioni di Midterm riconsegnano all’America? Lo stesso di prima. Dal 2016 il Washington Post tiene conto delle bugie e delle mistificazioni di Trump: ne aveva contate 6.400 fino a l’altro ieri. Sicuramente il numero aumenterà presto. Se i democratici non fossero riusciti nemmeno a riconquistare la Camera, Donald Trump si sarebbe sentito un Re Sole. Ma i due anni quasi confortevoli di presidenza che Midterm gli garantisce gli permetteranno di riplasmare la sua corte alla Casa Bianca, come Luigi XIV fece con la sua a Versailles.
Per ogni presidenza le elezioni di midterm sono l’occasione per fare delle modifiche alla squadra presidenziale. Trump farà piazza pulita di tutti quei repubblicani che non avevano dimostrato la piena sottomissione alla sua causa populista-nativista. Nel primo anno alla Casa Bianca, Trump aveva sostituito il 58% delle persone che aveva nominato.
Probabilmente la prima vittima delle purghe del dopo-mdterm saranno il segretario alla Giustizia James Session e il suo vice Rod Rosenstein, colpevoli di non aver fermato l’inchiesta di Robert Mueller sui rapporti fra Trump e i russi. È probabile che il presidente cerchi di fermare anche Mueller; e più difficile sarà lavorare per Jay Powell, il presidente della Federal Reserve le cui politiche monetarie sono invise a Trump.
Restano incerti il segretario alla Difesa Jim Mattis e John Kelly, il chief-of-staff della Casa Bianca. Ma non sarà facile, nonostante il loro rapporto col presidente sia pessimo: Mattis e Kelly, due ex generali, rappresentano l’ultimo contatto necessario fra l’amministrazione Trump e la realtà quotidiana del sistema che deve continuare a funzionare indipendentemente dai comportamenti impulsivi di Trump.
Una Camera dei rappresentanti chiaramente democratica e un Senato più repubblicano di prima aumenteranno la polarizzazione politica del Paese: fra i due partiti, fra l’America rurale e quella urbana, i giovani diplomati e quelli che non lo sono, i giovani e gli anziani, gli internazionalisti e gli isolazionisti. Prima di Midterm la metà degli elettori democratici considerava nemici gli elettori repubblicani, e viceversa. Da oggi sarà dunque più difficile tornare a una politica bipartisan che tutti rivendicano e nessuno pratica: lo scontro frontale continuerà fino alla grande battaglia presidenziale del 2020.
L’analisi di Ugo Tramballi pubblicata su IlSole24Ore
Redazione
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