Il traffico di migranti è definito dalla disciplina internazionale come l’approvvigionamento, al fine di ottenere (direttamente o indirettamente) un vantaggio finanziario (o di altro materiale) attraverso l’ingresso illegale di una persona in uno Stato parte di cui la persona non è cittadina o residente. Se per i profughi e i rifugiati vale il principio di non-refoulement (non respingimento) perché all’origine vi è una causa di forza maggiore (guerre, persecuzioni, disastri ambientali) che pone i migranti in pericolo costringendoli a fuggire dal proprio Paese, per i migranti oggetto di traffici è previsto il ritorno nel Paese di origine.
Una confusa interpretazione tra soggetto trafficato, migrante irregolare e profugo o rifugiato riflette diversità sul piano normativo-sanzionatorio tra i Paesi membri dell’UE. Nel penalmente perseguibile sono compresi il trasporto e la realizzazione del contrabbando attraverso la fornitura di documenti d’identità falsificati per raggirare le leggi sull’immigrazione. Se il contrabbando di migranti è un’attività criminale a basso rischio, redditizia quanto il traffico di droga, è perché se s’identifica il trafficante come un soggetto che ha unicamente violato le leggi sull’immigrazione, egli sarà punibile esclusivamente con sanzioni amministrative.
Per quanto riguarda i rapporti tra Stati, è previsto che lo Stato responsabile di non aver rispettato gli obblighi internazionali di prevenzione o repressione del traffico di migranti può essere sanzionato dallo Stato destinatario. Si può obbligare uno Stato a rispettare le normative attraverso delle contromisure come la sospensione dei rapporti commerciali, degli aiuti tecnici e finanziari, ma queste misure risultano nei fatti difficilmente applicabili e, comunque, poco efficaci.
Un caso scuola dei giochi di forza diplomatici che negli ultimi anni si sono consumati sulle emergenze dei flussi migratori è quello della Turchia. Il governo turco del presidente Recep Tayyip Erdogan ha infatti ottenuto miliardi di euro dall’UE per tenere sigillati i confini che separano la Turchia da Siria e Iraq e impedire così che milioni di altri profughi si potessero riversare verso il Mediterraneo e risalire da est l’Europa.
Come superare l’emergenza
È stato stimato che dal 1990 al 2000 oltre 180.000 persone sono arrivate in Europa attraversando in modo irregolare il Mediterraneo. Al netto del dibattito che tiene banco da mesi sul ruolo di determinate organizzazioni a supporto degli scafisti, l’aspetto centrale è capire come colmare il vuoto procedurale che, allo stato attuale, impedisce spesso l’identificazione di una specifica categoria di migranti rispetto a un’altra (profugo o rifugiato, vittima di tratta, migrante economico) e, al contempo, fa sì che gli interessi politico-economici dei singoli Stati prevalgono sul diritto internazionale.
Fin quando i Paesi membri dell’UE non troveranno un accordo sulle regole da rispettare e sui doveri e le responsabilità che dovranno assumersi, l’Europa sarà destinata a subire l’emergenza migranti. E l’Italia, per la sua posizione geografica, non potrà che essere il primo Stato a pagare le conseguenze di questa situazione di incertezza. I numeri, d’altronde, parlano già chiaro da tempo: nel nostro Paese si sono registrati 153.000 arrivi nel 2015 e 181.000 nel 2016.
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