Miguel Diaz-Canel è stato eletto oggi presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri dall’Assemblea Nazionale cubana. Diaz-Canel era l’unico candidato in corsa per la successione a Raul Castro. La sua nomina è arrivata con il voto favorevole di 603 dei 604 deputati del Parlamento unicamerale dell’Avana presenti in aula. Ecco un profilo del nuovo capo di Stato cubano.
Classe 1960, nato a Villa Clara, Miguel Diaz-Canel è laureato in ingegneria elettronica e ha svolto il servizio militare in un’unità anti-aerea. Professore universitario, è stato legato alla gioventù comunista (UJC, Unione della Gioventù Comunista) sotto l’ala dell’ex ministro degli Esteri Roberto Robaina. Robaina era una figura di spicco del regime ma fu poi defenestrato con rabbia da Raul Castro nel 1999, con l’accusa di aver tenuto una “condotta non conforme alla morale socialista”. In un primo momento Raul aveva ritenuto Robaina persino come suo possibile successore ma il fatto che egli fosse poi divenuto sostenitore della corrente (troppo) innovatrice di Cuba, lo fece probabilmente infuriare. Così lo accusò di corruzione e, dunque, di aver tradito la Rivoluzione.
Nel mentre Robaina ha deciso di lasciare la politica per dilettarsi con la pittura, Diaz-Canel è riuscito a schivare le polemiche e scalare lo stesso il vertice del regime. Il che dimostra le sue capacità. I giornalisti di Miami che lo conoscono bene lo descrivono unanimemente come una persona “intelligente”, sottolineando le sue capacità di dialogo e descrivendolo come un vero ideologo. Traspare in lui “una vena narcisistica della propria immagine”, dicono. Ma questo per Cuba, che vive di simboli, non sarà certo un problema. Piuttosto, è il futuro dell’economia il vero dilemma sull’isola.
Con l’elezione di Diaz-Canel a nuovo presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri, esce definitivamente di scena l’ultimo dei fratelli Castro dalla storia politica di Cuba. Senza i Castro ai posti di comando – e con un nuovo capo di Stato che non ha fatto la Rivoluzione del 1959 e che non porta il cognome Castro – per la nuova classe dirigente cubana sarà certamente meno problematico “tradire la Revolución”. Il vero futuro dell’Isola adesso si gioca sull’economia reale e sulle profonde riforme che il mercato richiede.
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