La presidente ad interim della Bolivia, Jeanine Añez Chávez , domenica scorsa ha promulgato la legge approvata in Parlamento per lo svolgimento di nuove elezioni generali, dopo quelle del 20 ottobre scorso che avevano portato alle dimissioni di Morales. L’autoproclamata presidente boliviana aveva chiesto al Parlamento di preparare il terreno e di avviare l’iter necessario alle elezioni, che dovrebbero risolvere la crisi politica in Bolivia. Il voto dovrà tenersi entro 120 giorni e dentro al Mas, Movimento al Socialismo, il partito di Morales è tutto un parlare di successione
C’è stato un golpe in Bolivia? Di fatto, approvando all’unanimità la legge per arrivare a nuove elezioni il partito stesso di Evo Morales ha riconosciuto di no. Così come aveva fatto il Parlamento europeo, con 234 voti contro 41 e 88 astenuti. Giuristi e politologi interpellati dai giornali si sono invece divisi; la sinistra latino-americana e intellettuali come Paolo Coelho hanno parlato di ritorno ai più bui anni ’70; Lula ha detto che Morales aveva fatto un errore a candidarsi per la quarta volta ma è stato vittima di un golpe; la Russia ha condannato il rovesciamento di Morales ma poi ha riconosciuto il governo di Jeanine Añez Chávez; e soprattutto è stato lo stesso Evo Morales a denunciare il golpe.
Morales ha fatto anche di più, stando a un audio che il governo ad interim di Jeanine Añez Chávez ha reso pubblico e in cui il deposto presidente istigava a combattere i golpisti assediando le città e lasciandole senza cibo. Morales ha detto che si trattava di un falso, ma il governo ad interim ha annunciato che lo avrebbe denunciato presso istanze internazionali per crimini di lesa umanità, e comunque la strategia dell’assedio era stata effettivamente posta in atto da elementi dell’ala più radicale del Movimento al Socialismo (Mas), il partito di Morales. Da 3 morti che era al momento della destituzione di Morales, il bilancio delle vittime è cresciuto a 32. In particolare una vera e propria battaglia i militari l’hanno dovuta fare per sbloccare l’impianto di gas di Senkata, che riforniva La Paz.
In effetti, il detonante della crisi è stata la decisione di Evo Morales di candidarsi per la quarta volta alla presidenza malgrado l’articolo 168 della Costituzione stabilisca che il presidente può fare solo due mandati di fila, e malgrado un referendum per modificarlo fosse stato respinto. Secondo l’opposizione a Morales, il golpe vero sarebbe stato quello. La definizione di golpe alternativa deriva dalla mossa con cui il generale Williams Kalimán Romero, già considerato un fedelissimo di Morales, gli ha “consigliato” di dimettersi: dopo che l’Osa aveva denunciato i brogli e la polizia si era ammutinata. Ma il pronunciamento sarebbe arrivato dopo una richiesta di Morales di schierare i militari contro i dimostranti, e comunque una delle prime cose che la nuova presidente Jeanine Añéz Chávez ha fatto dopo l’insediamento è stato di sostituirlo. Curioso, un generale che fa un golpe per farsi dimettere!
Dimessisi presidente, vicepresidente, presidente del Senato e primo vicepresidente del Senato, Jeanine Añez Chávez come seconda vicepresidente del Senato era la più alta carica istituzionale non appartenente al Mas. Non è neanche espressione del raggruppamento centrista di Carlos Mesa, che aveva convogliato il grosso del voto anti-Morales, e sembrava destinato al ballottaggio prima di esserne escluso da un conteggio che poi l’Osa ha dichiarati truffaldino. E’ invece espressione di un partito di destra legato al candidato arrivato quarto, e che era stato ridotto ai minimi termini dal voto: appena 4 deputati e un senatore. Comunque Mesa ha sospeso ogni giudizio, mentre gli eletti del partito di Morales disertavano le camere, facendo mancare il quorum necessario a ratificare la lettera di dimissioni del presidente. A quel punto Jeanine si è proclamata presidente lo stesso: in mancanza di altre autorità, la fascia gli la ha passata proprio il generale Kalimán, prima di essere da lei destituito.
Golpe? In realtà era stato il Tribunale Costituzionale Plurinazionale ad autorizzare la candidatura di Morales in spregio alla Costituzione. Motivo: negargli l’elettorato passivo sarebbe stata violazione di un diritto umano sancito dalla relativa Convenzione Americana. Adesso quello stesso Tribunale ha definito legittimo l’insediamento della Añéz: “stato di necessità”. Costituzionalisti per tutte le stagioni, che determinano un curioso cortocircuito. Perché se è legittima Añéz presidente era allora legittimo anche Morales candidato, e se è invece golpista la Añez è golpista anche Morales.
Dopo vari giorni di tensione il Mas ha infine accettato di trattare. Sabato i blocchi sono stati tolti, i deputati e senatori del Mas hanno partecipato alla seduta, e all’unanimità è stata votata la legge che la presidente ad interim ha promulgato domenica. Le elezioni si dovranno tenere entro 120 giorni, con la partecipazione di tutti i partiti che vorranno presentare liste. Anche il Mas. Ma verrà fatto valere il divieto dell’articolo 168. Lo stesso Morales ha detto che se lo fanno tornare non si vuole più candidare, ma sembra confermato che nel suo partito si stia affermando una nuova dirigenza ormai pronta a prendere le distanze dal suo caudillismo personalista.
Bolivia’s interim president Jeanine Anez, centre, attends a meeting with social organizations at the presidential palace in La Paz, Bolivia, November 23, 2019. Manuel Claure, REUTERS.
Maurizio Stefanini
Romano, classe 1961, maturità classica, laurea in Scienze Politiche alla Luiss, giornalista dal 1988. Specialista in America Latina, Terzo Mondo, movimenti politici comparati, approfondimenti storici.
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