Hamza bin Laden, il figlio più conosciuto del defunto leader di al Qaeda Osama bin Laden, sarebbe morto. Lo ha rivelato Nbc citanto tre uomini dell’intelligence statunitense che sono rimasti anonimi. Mentre sembra che manchi ancora la conferma certa e ufficiale da parte degli Stati Uniti, Il New York Times riporta le dichiarazaioni sull’avvenuta morte di Hamza di due funzionari e aggiuge che gli Usa avrebbero avuto un ruolo nell’operazione che ha ucciso il possibile erede di bin Laden. CBS News dice che Hamza bin Laden non sarebbe stato l’obiettivo dell’operazione militare e riferisce di una conversazione ascoltata dall’intelligence Usa avvenuta tra alcuni membri di al Qaeda. Gli uomini discutevano su come trattare la notizia della morte di Hamza bin Laden, se tenerla segreta o se celebrare il trentenne come un martire. Non sono stati diffusi altri dati sull’operazione, sul luogo in cui sarebbe avvenuta, anche se si ritiene che bil Laden potesse trovarsi o in Pakistan o in Afghanistan. L’FBI’s Justice for Rewards aveva stabilito per la sua cattura una ricompensa da 1 milione di dollari.
Il ritratto di Hamza bin Laden pubblicato sul numero 3 di Babilon:
Conosciamo bene Mohammad Bin Salman. Negli ultimi due anni abbiamo imparato a comprendere quale posto vede nel mondo per il Regno Saudita. Lontano da Riyad e dalla corte reale saudita, il palazzo al Yamama, lontano dai circoli silenziosi dell’opposizione interna, invece Hamza bin Laden. Saudita, millennial, ambizioso. Un cognome pesante da portare ed erede al trono anche lui. Hamza, nascosto probabilmente al confine tra il Pakistan e l’Afghanistan. Gli ultimi due Paesi che ospitarono suo padre, il principe del terrore, Osama bin Laden. La sua attesa però non è passiva. Hamza studia, apprende dal suo maestro: Ayman al Zawahiri, il dottore egiziano attuale leader di Al Qaeda. Mentre continua il suo processo di formazione, iniziato da giovane tra le case-prigione iraniane e i rifugi in Pakistan, comincia a farsi conoscere a colpi di articoli, comunicati e audio messaggi. Il suo impeto giovanile, che spesso sfocia nella ferocia tradita da un timbro di voce che tende ad alzarsi al culmine delle sue invettive, si sposa alla perfezione con il tono più remissivo e pacato di al Zawahiri. Le sue invettive spaziano e colpiscono ovunque si trovino i nemici del jihad e del- la sua Umma. Invoca all’azione, a colpire i crociati in qualsiasi modo e in qualsiasi luogo. Grida vendetta per la Palestina, attacca l’Iran. E insieme all’Iran accusa l’Arabia Saudita, rea, tra le varie colpe che ha, di non riuscire a contenere l’espansione della mezzaluna sciita. Il Regno Saudita, però, non ricopre un ruolo marginale nella produzione mediatica di Hamza bin Laden. Tutt’altro. Hamza trova sempre un modo o un pretesto per attaccare il Paese guidato da Mohammad bin Salman. Ma non invoca o spera di provocare un regime change nel Regno Saudita. Semplicemente, prepara la strada se un domani la visione reale dovesse naufragare. L’organizzazione al momento non gode di abbastanza potere nel Regno Saudita.
Gli operativi sul campo sono pochi, perché molti hanno compiuto l’hijrah verso lo Yemen. Soprattutto, il tessuto sociale del Paese presenta delle crepe non ancora abbastanza profonde da permettere all’ideologia qaedista di attecchire come vorrebbe. Senza operativi e senza sostegno della popolazione è inutile qualsiasi azzardo e questo la leadership centrale del gruppo lo comprende perfettamente. Memore della cocente disfatta patita dall’organizzazione quando nel 2003 diede il via alla stagione di attentati nel Paese. Sconfitta per giunta infertagli, ironia della sorte, dall’ex designato erede al trono saudita, il principe Mohammad bin Nayef. Nel mentre Al Qaeda prepara il terreno, conscia del fatto che l’occasione, se mai dovesse presentarsi, potrebbe rappresentare un momento spartiacque nella storia dell’organizzazione.
Programmazione, pazienza, sguardo rivolto al futuro. Hamza però, proprio come la sua nemesi Mohammad bin Salman, ha anche una visione. Un disegno ispirato e condiviso dal leader in carica al Zawahiri e da buona parte del suo gruppo. Hamza è il “Leone del Din” su cui Al Qaeda punta per tentare di portare a termine la guerra civile che affligge il panorama jihadista. Lignaggio e sangue non si imparano e non si acquisiscono. Hamza bin Laden, nonostante sia al vertice dell’organizzazione acerrima rivale dello Stato Islamico, è il glio della leggenda del jihad. È l’erede di Osama bin Laden, il figlio che nella volontà del padre non avrebbe dovuto seguire le orme paterne. La storia però è andata diversamente. Hamza vuole riuscire dove il padre ha fallito.
di Valerio Mazzoni
Redazione
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