«Leale, coraggiosa, sincera», è il mantra dell’eroina cinese protagonista del film Disney Mulan, chiamata a difendere l’Imperatore dagli invasori del Nord. «Sì, ma verso chi?» verrebbe da chiedersi, dopo aver letto le dichiarazioni della Mulan del 2020. Gli attivisti pro democrazia di Hong Kong, Taiwan e Thailandia hanno lanciato una campagna per boicottare il remake del film di animazione del 1998 appena uscito sulla piattaforma Disney+ e posticipato a causa della pandemia. Liu Yifei, l’attrice di 33 anni che interpreta la giovane guerriera, è al centro delle critiche per un post pubblicato nell’agosto del 2019 su Weibo, il più conosciuto social network ammesso in Cina.
«Io sto con la polizia di Hong Kong. Ora picchiatemi pure», aveva scritto Liu Yifei un anno fa mentre infuriavano le proteste nell’ex possedimento britannico. L’attrice, però, si riferiva a un episodio avvenuto quello stesso giorno: un giornalista era stato picchiato dai manifestanti per aver indossato una maglietta a supporto della polizia, osteggiata dagli attivisti che da più di un anno le contestano un uso eccessivo della forza nel sedare le manifestazioni di dissenso. Appena uscito il film, è cominciata la campagna online per spingere il grande pubblico a boicottarlo non solo per le parole di Liu Yifei, ma anche per quello che viene visto come un asservimento dell’industria di Hollywood all’agenda politica di Pechino e al nazionalismo cinese. L’attore Donnie Yen, altro protagonista del film del 2020, è stato criticato per aver pubblicato su Facebook un post in cui celebrava il 23esimo anniversario del ritorno di Hong Kong alla Cina.
I agree with the brilliant @badiucao#BoycottMulan pic.twitter.com/mOBqMmqMb4
— Benedict Rogers 羅傑斯 (@benedictrogers) September 5, 2020
«Siccome la Disney si prostra davanti a Pechino e siccome Liu Yifei ha pienamente e orgogliosamente sostenuto le brutalità della polizia di Hong Kong, invito tutti coloro che credono nei diritti umani a boicottare Mulan», è stato l’invito di Joshua Wong, uno dei giovani più in vista del movimento democratico che si oppone alla Cina. Così l’hashtag #BoycottMulan è diventato virale sui social anche se il nuovo film Disney è stato accolto molto meglio dai cinesi rispetto al film di animazione di 22 ani fa. Mancano nella nuova versione di Mulan le inesattezze storiche e alcuni dei cliché occidentali che non erano piaciuti agli spettatori in Cina. La campagna coinvolge i giovani attivisti della #MilkTeaAlliance, “L’Alleanza del the al latte”, un movimento online contrario alla diffusione dell’influenza cinese nel Sudest asiatico e che prende il nome dall’abitudine di era coloniale di bere il the macchiato con il latte, usanza popolare nella regione. Non solo, gli attivisti di Hong Kong hanno già un’eroina e la chiamano la «vera Mulan» o la «nostra Mulan». Agnes Chow, 23 anni, per gli attivisti, è una versione moderna della leggendaria guerriera ed è stata una delle prime persone arrestate in base alla nuova e contestata legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino a Hong Kong. Chow è stata rilasciata su cauzione ma, se condannata, rischia il carcere a vita.
La Disney è stata anche criticata perché alcune scene che sarebbero state girate tra le montagne nella regione dello Xinjiang, dove si ritiene esistano campi di internamento per le minoranze etniche perseguitate, tra cui quella degli uiguri. Come riferisce la Bbc, nei titoli di coda del film, Disney ringrazia diversi uffici statali della regione, tra cui il dipartimento per la Pubblicità del comitato della Regione autonoma Uighur dello Xinjiang del Partito comunista cinese e l’ufficio di Pubblica sicurezza della città di Turpan. L’ufficio di Pubblica sicurezza è uno degli organi principali che amministrano i campi di internamento.
Mulan specifically thank the publicity department of CPC Xinjiang uyghur autonomous region committee in the credits.
You know, the place where the cultural genocide is happening.
They filmed extensively in Xinjiang, which the subtitles call “Northwest China”#BoycottMulan pic.twitter.com/mba3oMYDvV
— Jeannette Ng 吳志麗 (@jeannette_ng) September 7, 2020
Ma chi è davvero Mulan? La guerriera probabilmente non è mai esistita, una cosa tuttavia è sicura: la sua storia è stata raccontata tante volte in tante versioni, a seconda dei valori che si volevano esaltare. Così, Mulan da ragazza piena di amore filiale verso la famiglia e il padre anziano (il valore più importante nella società cinese), quale era nel poemetto originale di 1.500 anni fa, è diventata un simbolo di patriottismo e nazionalismo. La pensa così lo studioso Louise Edwards citato da The Diplomat. A differenza delle versioni contemporanee, in quelle antiche non ci sono riferimenti nazionalistici. Al contrario, si voleva contestare le alte aspettative dello Stato verso le persone comuni. «Il sacrifico di Hua Mulan (che va in guerra al posto del padre) e il rischio che la ragazza corre servono a proteggere la famiglia da uno Stato irragionevole», scrive Louise Edwards nello studio del 2010. È solo nel XX secolo la leggenda di Mulan è entrata a contatto con patriottismo, etnicità e femminismo. Come spiega in Hua Mulan: A Girl Worth Fighting For Hilary Sotomayor, la Mulan della Disney esalta invece la forza e il coraggio della guerriera ma allo stesso tempo, al di fuori della vita militare, per Mulan c’è il rischio di un futuro tetro da ragazza non sposata. Distorsione del poemetto, che termina con il ritorno di Mulan a casa e la rinuncia agli onori militari e agli incarichi di governo e soprattutto con il matrimonio, un matrimonio felice e ben visto dalla ragazza.
Pubblicato su Il Mattino
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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