Con una dichiarazione congiunta le Forze Democratiche Siriane hanno diffuso i nomi dei sei foreign fighter catturati lo scorso mese di marzo nella zona di al-Baghouz. Dare subito un’identità ai sei terroristi non è stato semplice perché, come di consueto, sono privi di documenti e si rifiutano di dare le loro generalità. I foreign fighter catturati sono Simonov (Abu Isa al-Rusi), Russia; Mahmoud Se’id Ateb (Abu Mushab al-Almani), Germania; Nicholas Joseph Lee (Abu Yousuf al-Amriki), Trinidad & Tobago; Emrah Rıfat Ozanoğlu (Abu Fatima al-Turki), Turchia; Abrar Mohammad (Abu Zubair al-Sweidi), Svezia; Hisham al-Arabi (Abu Maryam al-Maghribi), Marocco.
«Insieme ai pesanti combattimenti delle nostre unità contro i terroristi dell’ISIS, vengono costantemente eseguite operazioni per garantire la sicurezza nelle aree liberate», Cosi’ l’SDF ha annunciato l’ennesima operazione contro i jihadisti del sedicente Stato Islamico, che è ben lungi dall’essere annientato come dimostra il video del redivivo Abu Bakr Al Baghdadi. La CIA ha la certezza che almeno 1.000 combattenti dell’ISIS negli ultimi sei mesi sono fuggiti sulle montagne e nel deserto iracheni portandosi dietro 200 milioni di dollari in contanti, denaro che serve a finanziare la latitanza ma non solo. I soldi servono anche a corrompere chi potrebbe denunciare la presenza dei jihadisti nell’area, ad acquistare armi e munizioni e a comprare passaporti validi per chi volesse raggiungere la Turchia. Tutto questo in attesa che il redivivo “califfo” indichi con quali mezzi e dove rinascerà il califfato andato ormai in pezzi. Benchè continui ad arrestare terroristi, l’SDF – composta da miliziani delle Ypg curde e milizie arabe locali – ha più volte lanciato l’allarme sull’impossibilità di processare le migliaia di detenuti ammassati nei campi di prigionia. Parliamo di 1.100 foreign fighter di 31 Paesi diversi. Il futuro di questi prigionieri è sempre più incerto perché nessuno o quasi, al di là delle belle parole, intende riprenderseli. Nei campi di prigionia, una sorta di “terra di nessuno” dove si contano 2.080 donne e bambini di 44 Paesi diversi, si moltiplicano le vendette nei confronti dei prigionieri da parte dei familiari – tra loro anche molti yazidi – sopravvissuti alle atrocità dell’ISIS. Una situazione esplosiva che potrebbe portare anche a rilasci in massa dei detenuti per evitare che la situazione nei campi diventi incontrollabile. Tra i sei foreign fighters arrestati c’è anche un noto combattente della piccola isola caraibica di Trinidad & Tobago, il 39enne Nicholas Joseph Lee – Abu Yousuf al-Amriki – che faceva parte dei circa 130 combattenti, ma c’è chi sostiene che siano 250, partiti da questa piccola isola caraibica situata a poche miglia dal Venezuela.
Ma che che relazione c’è tra l’estremismo islamico e questo fazzoletto di terra caraibico grande 5.131 km quadrati?
La giornalista italiana Maria Zuppello nel suo libro Il Jihad ai Tropici – Il patto tra terrorismo islamico e crimine organizzato transnazionale in America Latina (Paesi edizioni), racconta di come di tutti i Caraibi Trinidad e Tobago vantino storicamente la più grande comunità musulmana. Quasi 85 moschee e 78mila fedeli, pari al 6% della popolazione totale che conta circa 1,3 milioni di abitanti. Scrive Zuppello: “l’estremismo islamico a Trinidad & Tobago ha radici antiche che si sposano con il Black Movement statunitense di Malcom X, con molto jihadismo made in Al Qaeda e con una crescita esponenziale negli ultimi anni del salafismo”.
A far deragliare molti giovani, musulmani o convertiti, dell’isola caraibica e le relative comunità islamiche ci hanno pensato gli infuocati sermoni di uomini come il 77enne Sciecco e predicatore itinerante Imran Hosein, nato proprio a Trinidad & Tobago da genitori indiani. Oppure il giamaicano Abdullah el-Faisal, nato Trevor William Forrest. Oggi Abdullah el-Faisal, noto anche come Abdullah al-Faisal, Sheikh Faisal, Sheik Faisal e Imam Al-Jamaikee, è detenuto in Giamaica in attesa di essere estradato negli USA. Mentre l’astuto Imran Hosein prosegue le sue attività in tutto il Sud America, come racconta Maria Zuppello. Abdullah el-Faisal ha una lunga carriera di reclutatore di terroristi. Ex imam di una moschea nel sud di Londra, è accusato di essere uno dei più prolifici reclutatori di jihadisti al mondo. Abdullah el-Faisal in 25 anni di predicazione ha influenzato anche i terroristi suicidi che hanno colpito il 7/7/ 2005 a Londra ( 52 morti dcentinaia di feriti). Si teme che a Trinidad e Tobago abbia avuto un ruolo nel convertire e spingere al jhad circa 250 persone.
Nel Gennaio 2019, inoltre, era stato catturato in Siria il 35enne Zaid Abed al-Hamid con doppia cittadinanza americana e trinitaria. Zaid Abed al-Hamid era apparso in video di propaganda dell’Isis nel quale diceva che nell’isola caraibica: «Non poteva praticare con la famiglia la propria fede». Con lui erano stati arrestati anche l’americano Warren Cristopher Clark, l’irlandese di origine bielorussa Alexandr Ruzmatovich Bekmirzaev e il pakistano Abed al-Azem Rajhoud.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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