Danimarca
Europa
Culla della civiltà vichinga, il Regno di Danimarca è la più antica monarchia europea e vanta una tradizione millenaria. Del regno fanno parte anche la Groenlandia (che gode di ampia autonomia) e le isole Far Øer. Passata da monarchia assoluta a costituzionale nel 1848, nel 1953 una riforma della Costituzione ha introdotto l’accesso al trono alle donne della famiglia reale, consentendo a Margherita II di diventare regina nel 1972. Nel decennio 2001-2011, la Danimarca è stata governata da una coalizione di minoranza di centro destra, composta dal Partito Liberale e dal Partito Conservatore. Fino al 2009 il premier è stato Anders Fogh Rasmussen, che ha lasciato l’incarico a seguito della sua nomina a Segretario Generale della NATO. Le elezioni del 2011 hanno visto un cambio di direzione con la vittoria del centrosinistra formato dai partiti Social-Democratico, Social Liberale e Socialista Popolare. Helle Thorning-Schmidt è l’attuale primo ministro. Il Paese ha aderito alla CEE nel 1973, ma i suoi rapporti con l’Europa non sono sempre stati lineari, come hanno dimostrato l’adesione al Trattato di Maastricht con riserva (dopo una bocciatura al testo originale) e il referendum che ha rigettato l’euro.
La Danimarca è rinomata per il suo sistema di welfare combinato con un’elevata imposizione fiscale e un mercato del lavoro molto flessibile. Il fenomeno dell’immigrazione dai Paesi meno sviluppati ha messo in crisi il modello e portato al governo il centrodestra - supportato dalla destra xenofoba - nell’ultimo decennio. Nonostante ciò, il regno rimane uno dei più ricchi. Dopo il crollo del 2009 (-5,8 % del Pil), l’economia è tornata a crescere, anche se in forma modesta, e le esportazioni che rappresentano il settore più importante (55% del Pil) sono cresciute del 7% nel 2011. La struttura industriale è simile a quella italiana, con poche grandi industrie e molte PMI concentrate nel settore manifatturiero e nella produzione di tabacco, bevande, prodotti caseari e oli minerali. Due settori di eccellenza sono le biotecnologie in campo medico e le turbine eoliche (di quest’ultime, la Danimarca è il primo produttore mondiale). Il settore bancario, invece, continua a dare segnali negativi dopo la crisi del 2008, a seguito della quale 9 banche danesi hanno dichiarato bancarotta. Nel gennaio 2012 una fusione con un altro istituto di credito ha salvato dalla chiusura la Vestjysk Bank (una cassa rurale di rilievo locale operante nello Jutland) e nel 2011 Moody’s ha declassato 5 banche danesi.
In Danimarca permane un livello medio-alto di rischio terrorismo. Momenti di tensione e di proteste violente si sono verificate in molti Paesi islamici nel 2005, all’indomani della pubblicazione sulla rivista Jyllands Posten di caricature su Maometto. La partecipazione militare in Afghanistan e in Iraq va ad aggiungersi alle motivazioni che hanno fatto innalzare il livello di rischio. Dal 2001 ad oggi sono stati sventati una decina di attacchi (tra cui anche quelli pianificati contro gli autori delle vignette) e sono stati arrestati diversi jihadisti. Nel 2008 a Islamabad un attentatore suicida si è fatto saltare davanti l’ambasciata danese e, nello stesso anno, Al Qaeda ha indicato la Danimarca fra i Paesi da colpire. Il risultato dell’ondata di minacce terroristiche ha portato all’innalzamento del livello di rischio anche da un altro punto di vista: la radicalizzazione politica interna. L’ultimo decennio ha visto l’emergersi e l’affermarsi di movimenti di destra per lo più xenofobi e anti-europeisti. Non è un caso che il governo Rasmussen abbia governato con l’appoggio esterno del Dansk FolkeParti, il partito di estrema destra che in parlamento ha raggiunto il 13%. In questo periodo, la Danimarca ha posto in essere molte misure anti-immigrazione e di controllo sulla persona, che sono state duramente criticate da Amnesty International e dall’UE. Tuttavia, la forte accentuazione dell’aspetto di controllo e prevenzione rimane una criticità se combinata con una scarsa capacità di reazione sul terreno in caso di realizzazione dell’attacco terroristico.
Capitale: Copenhagen
Ordinamento: Monarchia costituzionale
Superficie: 43.094 km²
Popolazione: 5.556.452
Religioni: luterana (95%), altre
Lingue: danese
Moneta: corona danese (DKK)
PIL: 37.700 USD
Livello di criticità: Basso
Culla della civiltà vichinga, il Regno di Danimarca è la più antica monarchia europea e vanta una tradizione millenaria. Del regno fanno parte anche la Groenlandia (che gode di ampia autonomia) e le isole Far Øer. Passata da monarchia assoluta a costituzionale nel 1848, nel 1953 una riforma della Costituzione ha introdotto l’accesso al trono alle donne della famiglia reale, consentendo a Margherita II di diventare regina nel 1972. Nel decennio 2001-2011, la Danimarca è stata governata da una coalizione di minoranza di centro destra, composta dal Partito Liberale e dal Partito Conservatore. Fino al 2009 il premier è stato Anders Fogh Rasmussen, che ha lasciato l’incarico a seguito della sua nomina a Segretario Generale della NATO. Le elezioni del 2011 hanno visto un cambio di direzione con la vittoria del centrosinistra formato dai partiti Social-Democratico, Social Liberale e Socialista Popolare. Helle Thorning-Schmidt è l’attuale primo ministro. Il Paese ha aderito alla CEE nel 1973, ma i suoi rapporti con l’Europa non sono sempre stati lineari, come hanno dimostrato l’adesione al Trattato di Maastricht con riserva (dopo una bocciatura al testo originale) e il referendum che ha rigettato l’euro.
La Danimarca è rinomata per il suo sistema di welfare combinato con un’elevata imposizione fiscale e un mercato del lavoro molto flessibile. Il fenomeno dell’immigrazione dai Paesi meno sviluppati ha messo in crisi il modello e portato al governo il centrodestra - supportato dalla destra xenofoba - nell’ultimo decennio. Nonostante ciò, il regno rimane uno dei più ricchi. Dopo il crollo del 2009 (-5,8 % del Pil), l’economia è tornata a crescere, anche se in forma modesta, e le esportazioni che rappresentano il settore più importante (55% del Pil) sono cresciute del 7% nel 2011. La struttura industriale è simile a quella italiana, con poche grandi industrie e molte PMI concentrate nel settore manifatturiero e nella produzione di tabacco, bevande, prodotti caseari e oli minerali. Due settori di eccellenza sono le biotecnologie in campo medico e le turbine eoliche (di quest’ultime, la Danimarca è il primo produttore mondiale). Il settore bancario, invece, continua a dare segnali negativi dopo la crisi del 2008, a seguito della quale 9 banche danesi hanno dichiarato bancarotta. Nel gennaio 2012 una fusione con un altro istituto di credito ha salvato dalla chiusura la Vestjysk Bank (una cassa rurale di rilievo locale operante nello Jutland) e nel 2011 Moody’s ha declassato 5 banche danesi.
In Danimarca permane un livello medio-alto di rischio terrorismo. Momenti di tensione e di proteste violente si sono verificate in molti Paesi islamici nel 2005, all’indomani della pubblicazione sulla rivista Jyllands Posten di caricature su Maometto. La partecipazione militare in Afghanistan e in Iraq va ad aggiungersi alle motivazioni che hanno fatto innalzare il livello di rischio. Dal 2001 ad oggi sono stati sventati una decina di attacchi (tra cui anche quelli pianificati contro gli autori delle vignette) e sono stati arrestati diversi jihadisti. Nel 2008 a Islamabad un attentatore suicida si è fatto saltare davanti l’ambasciata danese e, nello stesso anno, Al Qaeda ha indicato la Danimarca fra i Paesi da colpire. Il risultato dell’ondata di minacce terroristiche ha portato all’innalzamento del livello di rischio anche da un altro punto di vista: la radicalizzazione politica interna. L’ultimo decennio ha visto l’emergersi e l’affermarsi di movimenti di destra per lo più xenofobi e anti-europeisti. Non è un caso che il governo Rasmussen abbia governato con l’appoggio esterno del Dansk FolkeParti, il partito di estrema destra che in parlamento ha raggiunto il 13%. In questo periodo, la Danimarca ha posto in essere molte misure anti-immigrazione e di controllo sulla persona, che sono state duramente criticate da Amnesty International e dall’UE. Tuttavia, la forte accentuazione dell’aspetto di controllo e prevenzione rimane una criticità se combinata con una scarsa capacità di reazione sul terreno in caso di realizzazione dell’attacco terroristico.