Egitto
Africa
Aggiornato maggio 2021 - Una delle più grandi civiltà del mondo antico, con una storia che risale a più di cinquemila anni, fondata sul potere dei Faraoni, l’Egitto è stato teatro di conquiste da parte di popoli stranieri e successivamente protagonista di conflitti ed eventi storicamente significativi per l’intera area nordafricana e mediorientale. Il Paese è una Repubblica dal 1953, oggi semipresidenziale. Il primo presidente, Mohamed Naguib, viene estromesso nel 1956 da Gamal Abdel Nasser, la cui leadership nei successivi quattordici anni lascia un’impronta duratura sulla scena politica, economica e sociale. Sotto il suo governo, il Paese entra in guerra contro Israele nel 1967, insieme a Siria e Giordania. Al termine del conflitto, ricordato come la “Guerra dei sei giorni”, lo stato ebraico vittorioso sottrae la Penisola del Sinai e la Striscia di Gaza all’Egitto, la Cisgiordania e Gerusalemme Est alla Giordania e le alture del Golan alla Siria. Nel 1970 Nasser muore. Gli succede il vicepresidente, Anwar Sadat, che nel 1973 sferra una nuova offensiva contro Israele (“Guerra dello Yom Kippur”), ma verrà ucciso il 6 ottobre del 1981 in un attentato fondamentalista. Il suo posto è preso da Hosni Mubarak. Questi, dopo un trentennio di presidenze reiterate grazie a modifiche costituzionali, si dimette venerdì 11 febbraio 2011 al termine di diciotto giorni di violente proteste e 800 vittime, nel teatro delle cosiddette primavere arabe. Quei giorni, la cui data simbolo è il 25 gennaio, sono il simbolo della volontà del popolo di creare una cesura col passato repressivo e autoritario del paese. La gente vuole diritti, libertà, giusti processi, vuole il futuro. Piazza Tahrir raccoglie milioni di manifestanti, che alla fine, disillusi, dovranno fare i conti con la realtà. Il governo è assunto da una giunta militare guidata dal maresciallo Mohammed Hoseyn Tantawi. Le elezioni presidenziali del giugno 2012 assegnano la vittoria col 51,7% a Mohamed Morsi, rappresentante dei Fratelli Musulmani. Il partito si era fatto simbolo delle istanze popolari, ma finisce per ricalcare il disegno autoritario che aveva aiutato a cancellare. Morsi viene destituito dall'esercito il 3 luglio 2013, in seguito a crescenti proteste popolari, che tuttavia si acuiscono con l’istituzione di un governo di transizione filo-militare, da cui emerge la figura del Generale Abdel Fattah Al Sisi. Membro del Consiglio Supremo delle Forze Armate al momento della destituzione di Morsi, poi nominato Ministro della Difesa e Capo delle Forze Armate egiziane, Al Sisi è diventato Presidente d’Egitto alle elezioni di maggio 2014. Dopo esser riuscito a riequilibrare le tre forze-perno della società egiziana, ovvero esercito, forze economiche e magistratura, il presidente comincia una serie di riforme volte all’eliminazione del dissenso. Emendando la costituzione di Morsi laicizza lo stato, mettendo al bando le infiltrazioni religiose e affibbiando l’etichetta di terroristi alla fratellanza musulmana, di fatti bandendola dalla vita pubblica. Il capillare universo repressivo viene poi ultimato con la legge antiterrorismo del 2015 e con la proclamazione dello stato d’emergenza nel 2017. Gli effetti combinati di queste misure creano un sistema impenetrabile per qualsiasi sospiro critico, che portano l’Egitto in questi anni ad aver incarcerato tra i 60 e i 100mila oppositori politici, come rappresentato dai casi simbolo di Giulio Regeni e Patrick Zaki. È inoltre il terzo paese al mondo per giornalisti finiti in carcere e i dissidenti scomparsi dal 2014 toccano quota 1058. I rettori delle università, simbolo di progresso intellettuale, culla di idee innovative, sono oggi nominati dalla presidenza, capace di permeare qualsiasi frangente della società, che mette in scena espulsioni arbitrarie e allontanamenti forzati, non appena il pericolo progressista diventa anche solo lontanamente tangibile. Il presidente, dopo la rielezione del 2018, dove ha “ottenuto” il 97% dei voti, ha inoltre attuato una nuova riforma costituzionale in data 19 aprile 2019, con cui ha aumentato di due anni la durata del mandato presidenziale, attribuendosi poteri di nomina anche sui giudici e accrescendo il potere dell’esercito, vero “guardiano e protettore” del paese. Con una nuova rielezione Al Sisi potrebbe rimanere al potere fino al 2030. Ma nonostante sia sotto la lente d’ingrandimento di ogni organizzazione internazionale che si occupa di diritti umani, la sua credibilità con i partner esteri non sembra intaccata. Di fatti, l’Egitto è visto come il vero promotore di una sempre più impellente stabilizzazione dell’area MENA, primo paese ad aver raggiunto accordi di pace nel 1979 con Israele e paese chiave nel tentativo di trovare una risposta alla crisi palestinese e alle minacce terroristiche dell’area. Ha stipulato un ulteriore accordo con la Francia sulle armi e Donald Trump, in un incontro ufficiale, lo ha definito “una persona fantastica”. Per quanto riguarda invece i rapporti bilaterali con l’Italia -sebbene i già citati episodi di Regeni e Zaki rappresentino una ferita ancora aperta nell’opinione pubblica italiana- questi non hanno subito un’inversione di tendenza, al contrario si annovera un sempre maggiore avvicinamento. L’Italia è invero il quarto partner commerciale per l’Egitto e lo investe formalmente del ruolo di garante della stabilità mediorientale, essendo anche il primo acquirente al mondo della produzione bellica italiana.
Le proteste di inizio 2011 hanno minato la relativa stabilità del sistema economico egiziano, tanto che l'inflazione ha sfiorato picchi del 13%, durante le rivolte. Il settore primario continua a essere al centro dell’economia nazionale. I campi, irrigati per la maggior parte artificialmente, offrono culture diversificate a seconda della stagione: invernali (frumento e legumi), estive (cotone, canna da zucchero, riso, arachidi, sesamo, mais, papiro) e autunnali (miglio e mais). Oggi l’Egitto è il primo produttore cotoniero del continente e fra i primi dieci a livello mondiale, il cui polo industriale si sviluppa tra il Cairo, Alessandria e 6th October City, in cui si concentra una rilevante produzione automobilistica. Tra le risorse minerarie si segnalano: petrolio (giacimenti nel Mar Rosso, nel Deserto Occidentale e impianti offshore nel golfo di Suez), gas naturale, fosfati e salmarino. Di notevole importanza la scoperta del giacimento Zohr nel 2015, che gestito da Eni, soddisfa il 40% del fabbisogno energetico del paese. Di recente costruzione sono anche le centrali termiche al Cairo, Alessandria, Nag’Hammadi e Damanhûr, e si sta sviluppando l’energia solare. I principali partner commerciali sono Stati Uniti, Germania, Arabia Saudita e Italia. Per quanto attiene al settore dei servizi, la recente crisi politica e sociale ha considerevolmente affossato il turismo, risorsa inestimabile per il Paese. Oltre ad aver influito allontanando investitori stranieri e riducendo la produttività. La tendenza è continuata fino all’anno fiscale 2019/20, che a dicembre ha registrato un’ulteriore forte contrazione rispetto all’anno precedente, sia in termini di investimenti, che di esportazioni. Il dato è stato in parte attutito dall’aumento dei consumi interni, che però sono velocemente tornati ai livelli precedenti, inchiodando il paese alla contrazione economica. La gestione della pandemia è stata invece migliore delle aspettative, come testimoniato dal FMI, che ha elargito una tranche d’aiuti pari a $1,6 miliardi. Il Covid non ha penalizzato il settore trasporti, stoccaggio, agricoltura, sanità e istruzione, che hanno al contrario registrato una crescita positiva, mentre appaiono in recessione soprattutto il turismo, che nell’ultimo trimestre del 2020 ha segnato una diminuzione del 90% dei ricavi, rispetto all’anno precedente, l’industria manufatturiera e le attività connesse al canale di Suez. Il tasso di disoccupazione è in calo e si assesta al 7,2%, grazie alle progressive riaperture delle attività economiche, nel secondo trimestre del 2021. Lo scambio commerciale con l’Italia è in forte crescita, ma la bilancia commerciale è in netto favore dello stivale. Di fatti, l’export italiano ha chiuso il 2020 con un 27,4% in più rispetto all’anno precedente, soprattutto per mezzi di trasporto ed elettronica. L’interscambio del 2020 tra i due paesi è stato pari a 4,68 miliardi, nonostante le esportazioni egiziane siano state in diminuzione.
L’ondata di disordini legata alla primavera araba che ha travolto l’Egitto è iniziata il 17 gennaio 2011 da piazza Tahrir al Cairo, teatro stabile della protesta. Le manifestazioni contro il carovita e la disoccupazione, che hanno coinvolto in breve tempo Alessandria, Mansoura, al Fayoum e le altre principali città, hanno portato, l’11 febbraio 2011, alla caduta del regime trentennale di Hosni Mubarak sostituito dal candidato dei Fratelli Musulmani, Mohamed Morsi. Dopo la destituzione per manu militari del Presidente Morsi, avvenuta nel luglio del 2013, si è infuocato il confronto-scontro tra liberali e islamisti. Ma da quando si è stabilizzata la situazione politica, con l’elezione nel 2014 del presidente Al-Sisi, la conflittualità interna non ha registrato episodi significativi. Tutto questo soprattutto a causa dell’intensa repressione introdotta dal presidente, che ha bandito la fratellanza musulmana, etichettata come terroristica, e ha di fatto eliminato qualsiasi forma di opposizione. Come testimoniato dai casi di Regeni e Zaki, che hanno mostrato al mondo il volto autoritario del nuovo governo. L’esercito invece, guardiano e garante del paese, ha un ruolo privilegiato ed è un vero e proprio attore economico a tutti gli effetti. Il suo ruolo nell’economia, che sancisce l’intrusione sistematica dello stato nelle questioni produttive, rende complicato mantenere la concorrenza a livelli accettabili, non incoraggiando certamente investimenti diretti dall’estero. Difficoltà ad operare in Egitto anche a causa di un contesto giuridico quanto mai incerto. Nella penisola del Sinai, già nei mesi di settembre e ottobre del 2011 si è osservato il riaccendersi delle proteste di beduini nelle strade che collegano Ras Sudr, Abu Rudeis e Wadi Feran. L'escalation terroristica, seguita alla deposizione del presidente islamista e al concentramento nell'area di cellule jihadiste (le più attive sono Ansar Beyt al-Maqdis e Ajnad Misr), è cresciuta esponenzialmente, incidendo negativamente anche sul turismo locale. Particolarmente colpiti risultano di recente obiettivi militari egiziani e università, ma non sono stati risparmiati gruppi turistici (come nel caso del bus di pellegrini coreani colpito a febbraio 2014 al confine con Israele). Proprio le frizioni diplomatiche con Israele incidono ulteriormente sull’aspetto sicurezza e si trasformano spesso in manifestazioni davanti all’ambasciata israeliana al Cairo (che è stata oggetto di un attentato dinamitardo a marzo 2014). Piuttosto pericolose sono la zona di confine tra l’Egitto e la Striscia di Gaza (nota per la presenza di numerosi tunnel per il contrabbando armi e beni) e la circostante area del nord del Sinai. Permane in Egitto il rischio di attacchi di matrice terroristica, che possono interessare i luoghi pubblici frequentati da stranieri, come alberghi e ristoranti.
Capitale: Il Cairo
Ordinamento: Repubblica presidenziale
Superficie: 1.001.450 km²
Popolazione: 103.815.779
Religioni: islamica sunnita (90%)
Lingue: arabo
Moneta: lira egiziana (EGP)
PIL: 12,180.254 USD (PIL pro capite PPA prezzi costanti)
Livello di criticità: Alto
Aggiornato maggio 2021 - Una delle più grandi civiltà del mondo antico, con una storia che risale a più di cinquemila anni, fondata sul potere dei Faraoni, l’Egitto è stato teatro di conquiste da parte di popoli stranieri e successivamente protagonista di conflitti ed eventi storicamente significativi per l’intera area nordafricana e mediorientale. Il Paese è una Repubblica dal 1953, oggi semipresidenziale. Il primo presidente, Mohamed Naguib, viene estromesso nel 1956 da Gamal Abdel Nasser, la cui leadership nei successivi quattordici anni lascia un’impronta duratura sulla scena politica, economica e sociale. Sotto il suo governo, il Paese entra in guerra contro Israele nel 1967, insieme a Siria e Giordania. Al termine del conflitto, ricordato come la “Guerra dei sei giorni”, lo stato ebraico vittorioso sottrae la Penisola del Sinai e la Striscia di Gaza all’Egitto, la Cisgiordania e Gerusalemme Est alla Giordania e le alture del Golan alla Siria. Nel 1970 Nasser muore. Gli succede il vicepresidente, Anwar Sadat, che nel 1973 sferra una nuova offensiva contro Israele (“Guerra dello Yom Kippur”), ma verrà ucciso il 6 ottobre del 1981 in un attentato fondamentalista. Il suo posto è preso da Hosni Mubarak. Questi, dopo un trentennio di presidenze reiterate grazie a modifiche costituzionali, si dimette venerdì 11 febbraio 2011 al termine di diciotto giorni di violente proteste e 800 vittime, nel teatro delle cosiddette primavere arabe. Quei giorni, la cui data simbolo è il 25 gennaio, sono il simbolo della volontà del popolo di creare una cesura col passato repressivo e autoritario del paese. La gente vuole diritti, libertà, giusti processi, vuole il futuro. Piazza Tahrir raccoglie milioni di manifestanti, che alla fine, disillusi, dovranno fare i conti con la realtà. Il governo è assunto da una giunta militare guidata dal maresciallo Mohammed Hoseyn Tantawi. Le elezioni presidenziali del giugno 2012 assegnano la vittoria col 51,7% a Mohamed Morsi, rappresentante dei Fratelli Musulmani. Il partito si era fatto simbolo delle istanze popolari, ma finisce per ricalcare il disegno autoritario che aveva aiutato a cancellare. Morsi viene destituito dall'esercito il 3 luglio 2013, in seguito a crescenti proteste popolari, che tuttavia si acuiscono con l’istituzione di un governo di transizione filo-militare, da cui emerge la figura del Generale Abdel Fattah Al Sisi. Membro del Consiglio Supremo delle Forze Armate al momento della destituzione di Morsi, poi nominato Ministro della Difesa e Capo delle Forze Armate egiziane, Al Sisi è diventato Presidente d’Egitto alle elezioni di maggio 2014. Dopo esser riuscito a riequilibrare le tre forze-perno della società egiziana, ovvero esercito, forze economiche e magistratura, il presidente comincia una serie di riforme volte all’eliminazione del dissenso. Emendando la costituzione di Morsi laicizza lo stato, mettendo al bando le infiltrazioni religiose e affibbiando l’etichetta di terroristi alla fratellanza musulmana, di fatti bandendola dalla vita pubblica. Il capillare universo repressivo viene poi ultimato con la legge antiterrorismo del 2015 e con la proclamazione dello stato d’emergenza nel 2017. Gli effetti combinati di queste misure creano un sistema impenetrabile per qualsiasi sospiro critico, che portano l’Egitto in questi anni ad aver incarcerato tra i 60 e i 100mila oppositori politici, come rappresentato dai casi simbolo di Giulio Regeni e Patrick Zaki. È inoltre il terzo paese al mondo per giornalisti finiti in carcere e i dissidenti scomparsi dal 2014 toccano quota 1058. I rettori delle università, simbolo di progresso intellettuale, culla di idee innovative, sono oggi nominati dalla presidenza, capace di permeare qualsiasi frangente della società, che mette in scena espulsioni arbitrarie e allontanamenti forzati, non appena il pericolo progressista diventa anche solo lontanamente tangibile. Il presidente, dopo la rielezione del 2018, dove ha “ottenuto” il 97% dei voti, ha inoltre attuato una nuova riforma costituzionale in data 19 aprile 2019, con cui ha aumentato di due anni la durata del mandato presidenziale, attribuendosi poteri di nomina anche sui giudici e accrescendo il potere dell’esercito, vero “guardiano e protettore” del paese. Con una nuova rielezione Al Sisi potrebbe rimanere al potere fino al 2030. Ma nonostante sia sotto la lente d’ingrandimento di ogni organizzazione internazionale che si occupa di diritti umani, la sua credibilità con i partner esteri non sembra intaccata. Di fatti, l’Egitto è visto come il vero promotore di una sempre più impellente stabilizzazione dell’area MENA, primo paese ad aver raggiunto accordi di pace nel 1979 con Israele e paese chiave nel tentativo di trovare una risposta alla crisi palestinese e alle minacce terroristiche dell’area. Ha stipulato un ulteriore accordo con la Francia sulle armi e Donald Trump, in un incontro ufficiale, lo ha definito “una persona fantastica”. Per quanto riguarda invece i rapporti bilaterali con l’Italia -sebbene i già citati episodi di Regeni e Zaki rappresentino una ferita ancora aperta nell’opinione pubblica italiana- questi non hanno subito un’inversione di tendenza, al contrario si annovera un sempre maggiore avvicinamento. L’Italia è invero il quarto partner commerciale per l’Egitto e lo investe formalmente del ruolo di garante della stabilità mediorientale, essendo anche il primo acquirente al mondo della produzione bellica italiana.
Le proteste di inizio 2011 hanno minato la relativa stabilità del sistema economico egiziano, tanto che l'inflazione ha sfiorato picchi del 13%, durante le rivolte. Il settore primario continua a essere al centro dell’economia nazionale. I campi, irrigati per la maggior parte artificialmente, offrono culture diversificate a seconda della stagione: invernali (frumento e legumi), estive (cotone, canna da zucchero, riso, arachidi, sesamo, mais, papiro) e autunnali (miglio e mais). Oggi l’Egitto è il primo produttore cotoniero del continente e fra i primi dieci a livello mondiale, il cui polo industriale si sviluppa tra il Cairo, Alessandria e 6th October City, in cui si concentra una rilevante produzione automobilistica. Tra le risorse minerarie si segnalano: petrolio (giacimenti nel Mar Rosso, nel Deserto Occidentale e impianti offshore nel golfo di Suez), gas naturale, fosfati e salmarino. Di notevole importanza la scoperta del giacimento Zohr nel 2015, che gestito da Eni, soddisfa il 40% del fabbisogno energetico del paese. Di recente costruzione sono anche le centrali termiche al Cairo, Alessandria, Nag’Hammadi e Damanhûr, e si sta sviluppando l’energia solare. I principali partner commerciali sono Stati Uniti, Germania, Arabia Saudita e Italia. Per quanto attiene al settore dei servizi, la recente crisi politica e sociale ha considerevolmente affossato il turismo, risorsa inestimabile per il Paese. Oltre ad aver influito allontanando investitori stranieri e riducendo la produttività. La tendenza è continuata fino all’anno fiscale 2019/20, che a dicembre ha registrato un’ulteriore forte contrazione rispetto all’anno precedente, sia in termini di investimenti, che di esportazioni. Il dato è stato in parte attutito dall’aumento dei consumi interni, che però sono velocemente tornati ai livelli precedenti, inchiodando il paese alla contrazione economica. La gestione della pandemia è stata invece migliore delle aspettative, come testimoniato dal FMI, che ha elargito una tranche d’aiuti pari a $1,6 miliardi. Il Covid non ha penalizzato il settore trasporti, stoccaggio, agricoltura, sanità e istruzione, che hanno al contrario registrato una crescita positiva, mentre appaiono in recessione soprattutto il turismo, che nell’ultimo trimestre del 2020 ha segnato una diminuzione del 90% dei ricavi, rispetto all’anno precedente, l’industria manufatturiera e le attività connesse al canale di Suez. Il tasso di disoccupazione è in calo e si assesta al 7,2%, grazie alle progressive riaperture delle attività economiche, nel secondo trimestre del 2021. Lo scambio commerciale con l’Italia è in forte crescita, ma la bilancia commerciale è in netto favore dello stivale. Di fatti, l’export italiano ha chiuso il 2020 con un 27,4% in più rispetto all’anno precedente, soprattutto per mezzi di trasporto ed elettronica. L’interscambio del 2020 tra i due paesi è stato pari a 4,68 miliardi, nonostante le esportazioni egiziane siano state in diminuzione.
L’ondata di disordini legata alla primavera araba che ha travolto l’Egitto è iniziata il 17 gennaio 2011 da piazza Tahrir al Cairo, teatro stabile della protesta. Le manifestazioni contro il carovita e la disoccupazione, che hanno coinvolto in breve tempo Alessandria, Mansoura, al Fayoum e le altre principali città, hanno portato, l’11 febbraio 2011, alla caduta del regime trentennale di Hosni Mubarak sostituito dal candidato dei Fratelli Musulmani, Mohamed Morsi. Dopo la destituzione per manu militari del Presidente Morsi, avvenuta nel luglio del 2013, si è infuocato il confronto-scontro tra liberali e islamisti. Ma da quando si è stabilizzata la situazione politica, con l’elezione nel 2014 del presidente Al-Sisi, la conflittualità interna non ha registrato episodi significativi. Tutto questo soprattutto a causa dell’intensa repressione introdotta dal presidente, che ha bandito la fratellanza musulmana, etichettata come terroristica, e ha di fatto eliminato qualsiasi forma di opposizione. Come testimoniato dai casi di Regeni e Zaki, che hanno mostrato al mondo il volto autoritario del nuovo governo. L’esercito invece, guardiano e garante del paese, ha un ruolo privilegiato ed è un vero e proprio attore economico a tutti gli effetti. Il suo ruolo nell’economia, che sancisce l’intrusione sistematica dello stato nelle questioni produttive, rende complicato mantenere la concorrenza a livelli accettabili, non incoraggiando certamente investimenti diretti dall’estero. Difficoltà ad operare in Egitto anche a causa di un contesto giuridico quanto mai incerto. Nella penisola del Sinai, già nei mesi di settembre e ottobre del 2011 si è osservato il riaccendersi delle proteste di beduini nelle strade che collegano Ras Sudr, Abu Rudeis e Wadi Feran. L'escalation terroristica, seguita alla deposizione del presidente islamista e al concentramento nell'area di cellule jihadiste (le più attive sono Ansar Beyt al-Maqdis e Ajnad Misr), è cresciuta esponenzialmente, incidendo negativamente anche sul turismo locale. Particolarmente colpiti risultano di recente obiettivi militari egiziani e università, ma non sono stati risparmiati gruppi turistici (come nel caso del bus di pellegrini coreani colpito a febbraio 2014 al confine con Israele). Proprio le frizioni diplomatiche con Israele incidono ulteriormente sull’aspetto sicurezza e si trasformano spesso in manifestazioni davanti all’ambasciata israeliana al Cairo (che è stata oggetto di un attentato dinamitardo a marzo 2014). Piuttosto pericolose sono la zona di confine tra l’Egitto e la Striscia di Gaza (nota per la presenza di numerosi tunnel per il contrabbando armi e beni) e la circostante area del nord del Sinai. Permane in Egitto il rischio di attacchi di matrice terroristica, che possono interessare i luoghi pubblici frequentati da stranieri, come alberghi e ristoranti.