Israele
Medio Oriente
Con la Dichiarazione Balfour del 1917, documento ufficiale del Foreign Office britannico, per la prima volta si fa riferimento al diritto del popolo ebraico a rivendicare un focolare nazionale in Palestina. Trent’anni dopo, nel 1947, la Gran Bretagna rimette il suo mandato sulla Palestina all’ONU che, con la Risoluzione 181, sancisce la divisione territoriale e la nascita di due Stati separati, uno arabo e uno ebraico. La decisione non viene però accettata dai nazionalisti arabi, che incitano la popolazione alla ribellione. I palestinesi, stretti tra il nazionalismo arabo e i gruppi sionisti che reclamano immediatamente la terra, fuggono. Nel maggio del 1948, dopo la proclamazione del futuro primo ministro David Ben Gurion, i territori diventano lo Stato d’Israele. Ed è l'avvio di una fase di ripetuti conflitti (1948, 1956, 1967 e 1973) che in pochi anni ridisegna i confini della regione e ne sconvolge gli equilibri politici. In base alla Legge Fondamentale del 1980, Gerusalemme è la capitale dello Stato d’Israele - rivendicata come propria anche dalla Palestina - ma quasi tutti i paesi che hanno relazioni diplomatiche con Israele mantengono le proprie ambasciate a Tel Aviv o nelle vicinanze. Altra questione irrisolta è relativa alla demarcazione dei confini con i paesi limitrofi. Israele ha raggiunto accordi ufficiali solo con Egitto (1979) e Giordania (1994), mentre continuano a non essere reciprocamente riconosciuti quelli con Siria e Libano. È ancora in fase di decisione, inoltre, lo status della Cisgiordania (sotto occupazione militare da parte di Israele) e della Striscia di Gaza (dalla quale Israele si è ritirata completamente nell’estate del 2005). Dal marzo 2009 il Primo Ministro israeliano è Benjamin Netanyahu, esponente del partito nazionalista liberale Likud mentre il presidente è dal 2007 Shimon Peres. Il 9 maggio 2012 il parlamento israeliano ha votato a favore di un nuovo governo di unità nazionale che sancisce l’ingresso del partito centrista di opposizione Kadima nella maggioranza del premier Netanyahu, dando vita al governo di coalizione più vasto della storia della Knesset, con 94 seggi contro i 26 dell'opposizione. Nelle elezioni del gennaio 2013, il Likud mantiene la maggioranza (grazie alla coalizione con il partito Yisrael Beiteinu di Lieberman) ma conquista solo 31 seggi, che arrivano a 60 (su un totale di 120) per tutta la coalizione conservatrice. Il partito di centro Yesh Atid è invece la sorpresa di queste votazioni e conquista 19 seggi. Alle politiche del 17 marzo 2015, il partito di Benjamin Netanyahu ottiene una nuova vittoria e può formare un governo di destra.
Tra i Paesi più avanzati del Medio Oriente e di tutta l’Asia sul piano sia economico che industriale, Israele è uno Stato in cui è notoriamente semplice fare affari e creare nuove imprese, nonostante una cronica situazione di crisi politico-militare (dove l'inflazione si attesta attorno al 2%). Pur disponendo di un ambiente poco favorevole a un grande sviluppo agricolo, i metodi e le tecnologie per le irrigazioni fanno di Israele un modello d’eccellenza in tutto il mondo. Il settore primario continua a poggiarsi in parte su antiche realtà di genere cooperativistico quali kibbuzim e moshavim, che ancora oggi rappresentano una significativa componente economica e sociale del Paese. Per il settore secondario sono fondamentali la produzione e la ricerca info-telematica, che fanno di Israele la “Silicon Valley del Medio Oriente”, con centri di ricerca e sviluppo Intel, Microsoft, IBM, Cisco Systems e Motorola.Altri settori sviluppati sono quello militare (armi nucleari, missili, aerei da combattimento e armi leggere), dell’aeronautica, della robotica e il chimico-farmaceutico. Considerata l’assenza di risorse minerarie ed energetiche, Israele importa materia per il proprio fabbisogno soprattutto dall’Egitto, mentre un oleodotto lungo 260 chilometri collega Eilat con Ashkelon. Molto utilizzata anche l’energia solare. Altra risorsa importante è infine il turismo, specie quello religioso, attestato sempre su altissimi livelli nonostante i ripetuti scontri con i Paesi limitrofi.
La costruzione del muro divisorio e i numerosi checkpoint lungo il confine con la Cisgiordania e la Striscia di Gaza hanno ridotto il numero di atti terroristici compiuti nello Stato di Israele da parte di attentatori provenienti dai territori occupati. I recenti fatti di cronaca dimostrano, però, che la situazione rimane estremamente tesa in tutta l’area. A sud, le città più soggette ad attacchi sono Netivot, Ashkelon e Sderot (quest’ultima a circa dieci chilometri da Gaza). Altri grandi insediamenti (come Be’er Sheva, nel deserto del Negev, o Ashdod sul mar Mediterraneo) potrebbero essere raggiunti dal lancio di missili, sebbene siano stati installati sistemi di allarme e difesa anti-razzo. In queste zone sono inoltre in vigore speciali leggi militari che limitano la libertà di movimento per i non residenti. Tel Aviv e Gerusalemme (entrambe a circa sessanta chilometri dalla Striscia di Gaza) non sono immuni da tali attacchi, e a dimostrarlo è servita l'ultima guerra di Gaza (2014). A nord, possibili minacce potrebbero provenire da attacchi organizzati dai gruppi Hezbollah, lungo il confine settentrionale con il Libano. Anche le Alture del Golan (territorio siriano occupato da Israele nel 1967) sono tornate a essere teatro di scontri, con lo scoppio della rivolta in Siria.In Israele, inoltre, permangono divisioni di tipo etnico tra israeliani, arabi (circa un quinto della popolazione totale), drusi e beduini; e, all’interno del gruppo israeliano, a seconda dell’origine dei diversi gruppi familiari (askenaziti di origine europea, sefarditi di origine mediorientale e nordafricana e falasha di origine etiope). Scontri possono sorgere tra gruppi estremisti di confessioni diverse, in particolare a Gerusalemme. Qui le aree più a rischio sono la città vecchia, le zone di Sheikh-Jarrah e Silwan, la Porta del Leone, la Porta di Damasco e il Monte degli Ulivi. A Tel Aviv, invece, le zone maggiormente pericolose sono considerate il quartiere arabo di Ajami a Jaffa. È necessario, in generale, adottare maggiore accortezza nelle zone abitate prevalentemente da cittadini ebrei ortodossi o islamici fondamentalisti: si tratta dei quartieri di Bnei Barak a Tel Aviv e di Mea Shearim a Gerusalemme.
Capitale: Gerusalemme
Ordinamento: Repubblica parlamentare
Superficie: 20.770 km²
Popolazione: 7.590.758
Religioni: ebraica (76%), islamica (17%)
Lingue: ebraico, arabo
Moneta: new Israeli Shekel (NIS)
PIL: 32.200 USD
Livello di criticità: Alto
Con la Dichiarazione Balfour del 1917, documento ufficiale del Foreign Office britannico, per la prima volta si fa riferimento al diritto del popolo ebraico a rivendicare un focolare nazionale in Palestina. Trent’anni dopo, nel 1947, la Gran Bretagna rimette il suo mandato sulla Palestina all’ONU che, con la Risoluzione 181, sancisce la divisione territoriale e la nascita di due Stati separati, uno arabo e uno ebraico. La decisione non viene però accettata dai nazionalisti arabi, che incitano la popolazione alla ribellione. I palestinesi, stretti tra il nazionalismo arabo e i gruppi sionisti che reclamano immediatamente la terra, fuggono. Nel maggio del 1948, dopo la proclamazione del futuro primo ministro David Ben Gurion, i territori diventano lo Stato d’Israele. Ed è l'avvio di una fase di ripetuti conflitti (1948, 1956, 1967 e 1973) che in pochi anni ridisegna i confini della regione e ne sconvolge gli equilibri politici. In base alla Legge Fondamentale del 1980, Gerusalemme è la capitale dello Stato d’Israele - rivendicata come propria anche dalla Palestina - ma quasi tutti i paesi che hanno relazioni diplomatiche con Israele mantengono le proprie ambasciate a Tel Aviv o nelle vicinanze. Altra questione irrisolta è relativa alla demarcazione dei confini con i paesi limitrofi. Israele ha raggiunto accordi ufficiali solo con Egitto (1979) e Giordania (1994), mentre continuano a non essere reciprocamente riconosciuti quelli con Siria e Libano. È ancora in fase di decisione, inoltre, lo status della Cisgiordania (sotto occupazione militare da parte di Israele) e della Striscia di Gaza (dalla quale Israele si è ritirata completamente nell’estate del 2005). Dal marzo 2009 il Primo Ministro israeliano è Benjamin Netanyahu, esponente del partito nazionalista liberale Likud mentre il presidente è dal 2007 Shimon Peres. Il 9 maggio 2012 il parlamento israeliano ha votato a favore di un nuovo governo di unità nazionale che sancisce l’ingresso del partito centrista di opposizione Kadima nella maggioranza del premier Netanyahu, dando vita al governo di coalizione più vasto della storia della Knesset, con 94 seggi contro i 26 dell'opposizione. Nelle elezioni del gennaio 2013, il Likud mantiene la maggioranza (grazie alla coalizione con il partito Yisrael Beiteinu di Lieberman) ma conquista solo 31 seggi, che arrivano a 60 (su un totale di 120) per tutta la coalizione conservatrice. Il partito di centro Yesh Atid è invece la sorpresa di queste votazioni e conquista 19 seggi. Alle politiche del 17 marzo 2015, il partito di Benjamin Netanyahu ottiene una nuova vittoria e può formare un governo di destra.
Tra i Paesi più avanzati del Medio Oriente e di tutta l’Asia sul piano sia economico che industriale, Israele è uno Stato in cui è notoriamente semplice fare affari e creare nuove imprese, nonostante una cronica situazione di crisi politico-militare (dove l'inflazione si attesta attorno al 2%). Pur disponendo di un ambiente poco favorevole a un grande sviluppo agricolo, i metodi e le tecnologie per le irrigazioni fanno di Israele un modello d’eccellenza in tutto il mondo. Il settore primario continua a poggiarsi in parte su antiche realtà di genere cooperativistico quali kibbuzim e moshavim, che ancora oggi rappresentano una significativa componente economica e sociale del Paese. Per il settore secondario sono fondamentali la produzione e la ricerca info-telematica, che fanno di Israele la “Silicon Valley del Medio Oriente”, con centri di ricerca e sviluppo Intel, Microsoft, IBM, Cisco Systems e Motorola.Altri settori sviluppati sono quello militare (armi nucleari, missili, aerei da combattimento e armi leggere), dell’aeronautica, della robotica e il chimico-farmaceutico. Considerata l’assenza di risorse minerarie ed energetiche, Israele importa materia per il proprio fabbisogno soprattutto dall’Egitto, mentre un oleodotto lungo 260 chilometri collega Eilat con Ashkelon. Molto utilizzata anche l’energia solare. Altra risorsa importante è infine il turismo, specie quello religioso, attestato sempre su altissimi livelli nonostante i ripetuti scontri con i Paesi limitrofi.
La costruzione del muro divisorio e i numerosi checkpoint lungo il confine con la Cisgiordania e la Striscia di Gaza hanno ridotto il numero di atti terroristici compiuti nello Stato di Israele da parte di attentatori provenienti dai territori occupati. I recenti fatti di cronaca dimostrano, però, che la situazione rimane estremamente tesa in tutta l’area. A sud, le città più soggette ad attacchi sono Netivot, Ashkelon e Sderot (quest’ultima a circa dieci chilometri da Gaza). Altri grandi insediamenti (come Be’er Sheva, nel deserto del Negev, o Ashdod sul mar Mediterraneo) potrebbero essere raggiunti dal lancio di missili, sebbene siano stati installati sistemi di allarme e difesa anti-razzo. In queste zone sono inoltre in vigore speciali leggi militari che limitano la libertà di movimento per i non residenti. Tel Aviv e Gerusalemme (entrambe a circa sessanta chilometri dalla Striscia di Gaza) non sono immuni da tali attacchi, e a dimostrarlo è servita l'ultima guerra di Gaza (2014). A nord, possibili minacce potrebbero provenire da attacchi organizzati dai gruppi Hezbollah, lungo il confine settentrionale con il Libano. Anche le Alture del Golan (territorio siriano occupato da Israele nel 1967) sono tornate a essere teatro di scontri, con lo scoppio della rivolta in Siria.In Israele, inoltre, permangono divisioni di tipo etnico tra israeliani, arabi (circa un quinto della popolazione totale), drusi e beduini; e, all’interno del gruppo israeliano, a seconda dell’origine dei diversi gruppi familiari (askenaziti di origine europea, sefarditi di origine mediorientale e nordafricana e falasha di origine etiope). Scontri possono sorgere tra gruppi estremisti di confessioni diverse, in particolare a Gerusalemme. Qui le aree più a rischio sono la città vecchia, le zone di Sheikh-Jarrah e Silwan, la Porta del Leone, la Porta di Damasco e il Monte degli Ulivi. A Tel Aviv, invece, le zone maggiormente pericolose sono considerate il quartiere arabo di Ajami a Jaffa. È necessario, in generale, adottare maggiore accortezza nelle zone abitate prevalentemente da cittadini ebrei ortodossi o islamici fondamentalisti: si tratta dei quartieri di Bnei Barak a Tel Aviv e di Mea Shearim a Gerusalemme.