Kosovo
Europa
La storia del Kosovo è costellata di rivendicazioni autonomistiche e tentativi di sottrarsi al dominio serbo-jugoslavo che in varie occasione ha messo in atto misure di pulizia etnica, favorendo l’immigrazione di cittadini serbi e discriminando la maggioranza della popolazione di etnia albanese. Il conflitto contro la Serbia si accese all’indomani degli Accordi di Dayton (1995), dai quali gli albanesi kosovari speravano di ottenere l’indipendenza. La mancata definizione dello status del Kosovo portò alla creazione del KLA, il Kosovo Liberation Army, che cominciò ad attaccare le forze di sicurezza serbe. Il conflitto si acuì nel 1998 a seguito della violenta repressione della Serbia, che a sua volta comportò l’intervento armato della comunità internazionale nel 1999. Nel 2007 dopo vari incontri con le parti, l’inviato speciale dell’ONU, il finlandese Martti Ahtisaari, presentò la proposta di rendere il Kosovo indipendente come unica possibile soluzione al conflitto. Il netto rifiuto serbo ha spinto il Kosovo a dichiarare unilateralmente la propria indipendenza il 17 febbraio 2008. La Repubblica parlamentare che ne è scaturita ha prodotto un parlamento unicamerale di 120 membri, dei quali 100 vengono eletti direttamente mentre altri 20 sono riservati alle minoranze etniche (di cui 10 seggi ai serbi). Al momento, solo 93 Paesi lo hanno ufficialmente riconosciuto, tra i quali l’Italia e altri 22 Paesi dell’UE, gli Stati Uniti e il Giappone. Oltre alla Serbia il Kosovo non è riconosciuto né dalla Russia né della Cina.
Negli ultimi anni il Kosovo ha compiuto notevoli progressi nella transizione a un’economia di mercato, ma dipende ancora per lo più dagli aiuti internazionali e dalle rimesse. L’economia, anche se ha registrato percentuali di crescita significativi, rimane basata sull’agricoltura di sussistenza e sul consumo. Una forte limitazione allo sviluppo è data dalle infrastrutture esigue e dai frequenti blackout di energia. Inoltre. l’elevato livello di corruzione costituisce un deterrente per gli investimenti stranieri. Un tasso di disoccupazione del 45% (con grosse differenze fra città e aree rurali) e l’estrema povertà che affligge il 17% dei kosovari rappresentano le emergenze cui deve fare fronte il governo. La guerra e il sistema centralizzato della ex-Jugoslavia hanno impedito lo sviluppo del processo produttivo che deve adattarsi ai cambiamenti dell’economia di mercato. L’industria mineraria assume un ruolo importante in quanto il Kosovo dispone di giacimenti di: lignite, piombo, zinco, ferro, nickel, manganese. Il loro sfruttamento necessita tuttavia di ingenti investimenti. Nel Paese è forte la presenza di un’economia sommersa che costituisce, in una stima approssimativa, una percentuale compresa tra il 26 e il 35% del Pil.
Oltre a una dilagante corruzione, una delle maggiori criticità del Kosovo è il contrabbando nella zona settentrionale al confine con la Serbia. Fiorito grazie all’assenza di confini ufficiali (per il rifiuto serbo di riconoscere l’indipendenza del Kosovo), il contrabbando a sua volta alimenta la criminalità legata alla ricettazione. Rimangono alte le tensioni interetniche, soprattutto nella zona settentrionale al confine con la Serbia. Inoltre, le quattro province del nord presentano un significativo disordine amministrativo: scuole e ospedali, così come impiegati e funzionari di polizia di etnia serba, ricevono finanziamenti e compensi dalla Serbia. Vi è anche il pericolo di ordigni non esplosi disseminati sul territorio durante il conflitto degli anni Novanta.
Capitale: Pristina
Ordinamento: Repubblica parlamentare
Superficie: 10.887 km²
Popolazione: 1.847.708
Religioni: islamica, cristiana ortodossa, altre
Lingue: albanese, serbo, bosniaco, turco
Moneta: euro (EUR) e dinaro serbo (RSD)
PIL: 7.400 USD
Livello di criticità: Alto
La storia del Kosovo è costellata di rivendicazioni autonomistiche e tentativi di sottrarsi al dominio serbo-jugoslavo che in varie occasione ha messo in atto misure di pulizia etnica, favorendo l’immigrazione di cittadini serbi e discriminando la maggioranza della popolazione di etnia albanese. Il conflitto contro la Serbia si accese all’indomani degli Accordi di Dayton (1995), dai quali gli albanesi kosovari speravano di ottenere l’indipendenza. La mancata definizione dello status del Kosovo portò alla creazione del KLA, il Kosovo Liberation Army, che cominciò ad attaccare le forze di sicurezza serbe. Il conflitto si acuì nel 1998 a seguito della violenta repressione della Serbia, che a sua volta comportò l’intervento armato della comunità internazionale nel 1999. Nel 2007 dopo vari incontri con le parti, l’inviato speciale dell’ONU, il finlandese Martti Ahtisaari, presentò la proposta di rendere il Kosovo indipendente come unica possibile soluzione al conflitto. Il netto rifiuto serbo ha spinto il Kosovo a dichiarare unilateralmente la propria indipendenza il 17 febbraio 2008. La Repubblica parlamentare che ne è scaturita ha prodotto un parlamento unicamerale di 120 membri, dei quali 100 vengono eletti direttamente mentre altri 20 sono riservati alle minoranze etniche (di cui 10 seggi ai serbi). Al momento, solo 93 Paesi lo hanno ufficialmente riconosciuto, tra i quali l’Italia e altri 22 Paesi dell’UE, gli Stati Uniti e il Giappone. Oltre alla Serbia il Kosovo non è riconosciuto né dalla Russia né della Cina.
Negli ultimi anni il Kosovo ha compiuto notevoli progressi nella transizione a un’economia di mercato, ma dipende ancora per lo più dagli aiuti internazionali e dalle rimesse. L’economia, anche se ha registrato percentuali di crescita significativi, rimane basata sull’agricoltura di sussistenza e sul consumo. Una forte limitazione allo sviluppo è data dalle infrastrutture esigue e dai frequenti blackout di energia. Inoltre. l’elevato livello di corruzione costituisce un deterrente per gli investimenti stranieri. Un tasso di disoccupazione del 45% (con grosse differenze fra città e aree rurali) e l’estrema povertà che affligge il 17% dei kosovari rappresentano le emergenze cui deve fare fronte il governo. La guerra e il sistema centralizzato della ex-Jugoslavia hanno impedito lo sviluppo del processo produttivo che deve adattarsi ai cambiamenti dell’economia di mercato. L’industria mineraria assume un ruolo importante in quanto il Kosovo dispone di giacimenti di: lignite, piombo, zinco, ferro, nickel, manganese. Il loro sfruttamento necessita tuttavia di ingenti investimenti. Nel Paese è forte la presenza di un’economia sommersa che costituisce, in una stima approssimativa, una percentuale compresa tra il 26 e il 35% del Pil.
Oltre a una dilagante corruzione, una delle maggiori criticità del Kosovo è il contrabbando nella zona settentrionale al confine con la Serbia. Fiorito grazie all’assenza di confini ufficiali (per il rifiuto serbo di riconoscere l’indipendenza del Kosovo), il contrabbando a sua volta alimenta la criminalità legata alla ricettazione. Rimangono alte le tensioni interetniche, soprattutto nella zona settentrionale al confine con la Serbia. Inoltre, le quattro province del nord presentano un significativo disordine amministrativo: scuole e ospedali, così come impiegati e funzionari di polizia di etnia serba, ricevono finanziamenti e compensi dalla Serbia. Vi è anche il pericolo di ordigni non esplosi disseminati sul territorio durante il conflitto degli anni Novanta.