Libano
Medio Oriente
Indipendente dalla Francia dal 1943, fin dalle origini il Libano è stato teatro di numerosi scontri tra le diverse fazioni etniche, religiose e politiche che compongono la complessa struttura del Paese; in particolare, tra i cristiano-maroniti al potere e le componenti musulmane sciite, sunnite e druse. Dopo la prima guerra civile del 1958, il Libano è coinvolto (dal 1975 al 1990) in un sanguinoso confronto tra Siria - che istituisce nel Paese un protettorato politico e militare durato fino alla Rivoluzione dei Cedri nel 2005 - e Israele, che invade stabilmente il sud del Paese tra il 1982 e il 2000. Contro i profughi palestinesi, con Israele si schierano i miliziani cristiano-libanesi. I Palestinesi, appoggiati da Siria e Iran, rispondono a loro volta con la guerriglia dei gruppi appartenenti a Hezbollah. Alle elezioni del 2000 viene nominato primo ministro Rafiq al-Hariri, che porta avanti una linea politica filo-siriana. Il diffuso malcontento sulla presenza siriana in Libano ne provoca tuttavia l'uccisione nel 2005. Nonostante il ritiro della Siria nello stesso anno, il Libano raggiunge un equilibrio soltanto nel 2008, con gli Accordi di Doha e l’elezione del presidente Michel Suleiman, tuttora in carica. Nel giugno 2009 le elezioni politiche hanno visto la vittoria della coalizione libanese anti-siriana 14 Marzo, guidata da Saad Hariri, primo ministro fino al gennaio 2011. Con la caduta del governo, Suleiman affida infatti l’incarico di formare un nuovo esecutivo a Najib Mikati, afferente alla coalizione 8 Marzo e vicino a Hezbollah. Questi, dimessosi a fine marzo 2013, viene sostituito da Tamman Salam, sunnita, appartenente all’opposizione di Saad Hariri, che guiderà il Paese fino a nuove elezioni.
Grazie alla favorevole posizione geografica e a una politica economica che ha sempre puntato a privilegiare la libera iniziativa e i capitali esteri, il Libano indipendente si è subito imposto come la principale piazza finanziaria e assicurativa del Medio Oriente. Dopo la guerra civile, che ha devastato il Paese per quindici anni, nel 1990 si è avuta una lenta ripresa, grazie al sostegno della comunità internazionale e alle rimesse provenienti dai libanesi residenti all’estero. Nel settore primario, si annoverano principalmente colture d’esportazione: agrumi (soprattutto arance), mele, cocomeri, banane e uva. Purtroppo, le foreste e lo sviluppo dell’allevamento continuano a pagare i danni provocati dalla guerra civile e la stessa cosa può dirsi per il settore industriale. Solo i finanziamenti di Francia e Italia hanno consentito al Paese di poter ripristinare gli impianti compromessi durante la guerra. Per ciò che concerne il petrolio, il Libano non è tra i grandi Paesi produttori ma le ricerche lungo le coste potrebbero invertire questo dato. Ad ogni modo, esistono vari impianti per la raffinazione: i principali si trovano a Jbeil (siderurgia), Tripoli (dove sbocca l’oleodotto dall’Iraq) e Saida (cui fa capo l’oleodotto proveniente dall’Arabia Saudita). Per l’import-export, il principale partner è l’Italia. Seguono Francia, Germania, Stati Uniti, Svizzera, Siria, Turchia e i Paesi del Golfo Persico.
Una situazione politica instabile, unitamente alle forti tensioni con Israele e ai delicati equilibri con la Siria, rendono il Libano un Paese ad alto rischio. Sebbene il livello di criminalità comune non sia elevato, sono probabili scontri armati tra i diversi gruppi etnico-religiosi, nonché attentati terroristici di origine interna o internazionale di matrice fondamentalista. Lo scoppio della guerra civile in Siria ha reso il Paese a rischio, specie lungo il confine e nella regione dell’Akkar. Nel mese di giugno, inoltre, nei quartieri di Bab al Tebbanwh e Jabal Mohsen, a Tripoli, si sono registrati numerosi scontri tra le comunità sunnita e alauita che hanno causato decine di morti e feriti, mentre nel distretto del Beqàm, nel nord del Libano, le città di Taalabaya e Saadnayel sono spesso teatro di proteste contro il regime siriano. Nei campi profughi al confine con la Siria la situazione peggiora di giorno in giorno. Altre aree a rischio sono quelle in cui sono situati i campi profughi palestinesi: Ain al-Hilweh, Beddawi e Nahr al-Bared e la valle della Beqà, roccaforte di Hezbollah, mentre nell’area a sud della città di Jezzine e nella zona a sud del fiume Litani potrebbero essere presenti ordigni inesplosi, residui dei conflitti passati. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha ammesso la possibilità di una guerra in Medio Oriente nell’eventualità in cui Iran e Siria vengano attaccati.
Capitale: Beirut
Ordinamento: Rep. semipresidenziale
Superficie: 10.400 km²
Popolazione: 4.131.583
Religioni: islamica (60%), cristiana (39%)
Lingue: arabo, francese, inglese, armeno
Moneta: lira libanese (LPB)
PIL: 15.900 USD
Livello di criticità: Alto
Indipendente dalla Francia dal 1943, fin dalle origini il Libano è stato teatro di numerosi scontri tra le diverse fazioni etniche, religiose e politiche che compongono la complessa struttura del Paese; in particolare, tra i cristiano-maroniti al potere e le componenti musulmane sciite, sunnite e druse. Dopo la prima guerra civile del 1958, il Libano è coinvolto (dal 1975 al 1990) in un sanguinoso confronto tra Siria - che istituisce nel Paese un protettorato politico e militare durato fino alla Rivoluzione dei Cedri nel 2005 - e Israele, che invade stabilmente il sud del Paese tra il 1982 e il 2000. Contro i profughi palestinesi, con Israele si schierano i miliziani cristiano-libanesi. I Palestinesi, appoggiati da Siria e Iran, rispondono a loro volta con la guerriglia dei gruppi appartenenti a Hezbollah. Alle elezioni del 2000 viene nominato primo ministro Rafiq al-Hariri, che porta avanti una linea politica filo-siriana. Il diffuso malcontento sulla presenza siriana in Libano ne provoca tuttavia l'uccisione nel 2005. Nonostante il ritiro della Siria nello stesso anno, il Libano raggiunge un equilibrio soltanto nel 2008, con gli Accordi di Doha e l’elezione del presidente Michel Suleiman, tuttora in carica. Nel giugno 2009 le elezioni politiche hanno visto la vittoria della coalizione libanese anti-siriana 14 Marzo, guidata da Saad Hariri, primo ministro fino al gennaio 2011. Con la caduta del governo, Suleiman affida infatti l’incarico di formare un nuovo esecutivo a Najib Mikati, afferente alla coalizione 8 Marzo e vicino a Hezbollah. Questi, dimessosi a fine marzo 2013, viene sostituito da Tamman Salam, sunnita, appartenente all’opposizione di Saad Hariri, che guiderà il Paese fino a nuove elezioni.
Grazie alla favorevole posizione geografica e a una politica economica che ha sempre puntato a privilegiare la libera iniziativa e i capitali esteri, il Libano indipendente si è subito imposto come la principale piazza finanziaria e assicurativa del Medio Oriente. Dopo la guerra civile, che ha devastato il Paese per quindici anni, nel 1990 si è avuta una lenta ripresa, grazie al sostegno della comunità internazionale e alle rimesse provenienti dai libanesi residenti all’estero. Nel settore primario, si annoverano principalmente colture d’esportazione: agrumi (soprattutto arance), mele, cocomeri, banane e uva. Purtroppo, le foreste e lo sviluppo dell’allevamento continuano a pagare i danni provocati dalla guerra civile e la stessa cosa può dirsi per il settore industriale. Solo i finanziamenti di Francia e Italia hanno consentito al Paese di poter ripristinare gli impianti compromessi durante la guerra. Per ciò che concerne il petrolio, il Libano non è tra i grandi Paesi produttori ma le ricerche lungo le coste potrebbero invertire questo dato. Ad ogni modo, esistono vari impianti per la raffinazione: i principali si trovano a Jbeil (siderurgia), Tripoli (dove sbocca l’oleodotto dall’Iraq) e Saida (cui fa capo l’oleodotto proveniente dall’Arabia Saudita). Per l’import-export, il principale partner è l’Italia. Seguono Francia, Germania, Stati Uniti, Svizzera, Siria, Turchia e i Paesi del Golfo Persico.
Una situazione politica instabile, unitamente alle forti tensioni con Israele e ai delicati equilibri con la Siria, rendono il Libano un Paese ad alto rischio. Sebbene il livello di criminalità comune non sia elevato, sono probabili scontri armati tra i diversi gruppi etnico-religiosi, nonché attentati terroristici di origine interna o internazionale di matrice fondamentalista. Lo scoppio della guerra civile in Siria ha reso il Paese a rischio, specie lungo il confine e nella regione dell’Akkar. Nel mese di giugno, inoltre, nei quartieri di Bab al Tebbanwh e Jabal Mohsen, a Tripoli, si sono registrati numerosi scontri tra le comunità sunnita e alauita che hanno causato decine di morti e feriti, mentre nel distretto del Beqàm, nel nord del Libano, le città di Taalabaya e Saadnayel sono spesso teatro di proteste contro il regime siriano. Nei campi profughi al confine con la Siria la situazione peggiora di giorno in giorno. Altre aree a rischio sono quelle in cui sono situati i campi profughi palestinesi: Ain al-Hilweh, Beddawi e Nahr al-Bared e la valle della Beqà, roccaforte di Hezbollah, mentre nell’area a sud della città di Jezzine e nella zona a sud del fiume Litani potrebbero essere presenti ordigni inesplosi, residui dei conflitti passati. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha ammesso la possibilità di una guerra in Medio Oriente nell’eventualità in cui Iran e Siria vengano attaccati.