Regno Unito
Europa
Paese caratterizzato dal sistema di Common Law e da una secolare storia di politica di potenza mondiale e di evoluzione della democrazia, ad oggi il Regno Unito di Gran Bretagna è riuscito a conservare un ruolo molto influente e importante all’interno delle maggiori istituzioni internazionali (ONU, OSCE, NATO) e in Europa, anche se in quest’ultimo caso ha sempre cercato di promuovere un’unione di Stati più che una effettiva politica di integrazione. Sul piano interno, negli ultimi anni il governo ha provveduto a delegare ampi poteri a Scozia e Galles. Nell’Irlanda del Nord, l’Accordo di Belfast del 1998 ha spianato la strada per una risoluzione pacifica della guerra civile tra unionisti e indipendentisti (quest’ultimi legati al partito cattolico Sinn Fein e al suo braccio armato, l’IRA), arrivando a creare un Parlamento autonomo per l’Ulster. La cultura politica del Regno Unito ha visto sostanzialmente tre partiti competere per il governo del Paese: il Partito Liberale e il Partito Conservatore (eredi degli storici movimenti dei Whigs e dei Tories), e il Partito Laburista. A partire dagli anni Venti, la scena politica è stata dominata dai conservatori e dai laburisti, che si sono alternati al governo, anche grazie al sistema elettorale maggioritario “first past the post” che ostacola il proliferare di partiti più piccoli e alimenta il sistema bipartitico. Dopo il referendum del 23 giugno 2016 attraverso il quale il popolo britannico ha scelto l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, il premier e leader dei conservatori David Cameron, che presiedeva un governo di coalizione con i liberal democratici, ha rassegnato le dimissioni. A sostituirlo è stata Theresa May, già ministro dell’interno e nuovo premier inglese. Sua Maestà Elisabetta II Windsor è la sovrana del Regno e degli altri reami del Commonwealth (53 nazioni che hanno fatto parte dell’impero britannico).
La Gran Bretagna è la patria della prima rivoluzione industriale e ancora oggi rimane una delle maggiori economie industrializzate (la sesta a livello mondiale e la terza a livello europeo) anche se la manifattura non occupa più il primo posto, sostituito dai servizi e dalla finanza, che contribuisce in larga parte al Pil. Nell’ultimo ventennio è aumentata la privatizzazione mentre sono stati significativamente ridotti i programmi assistenziali. Inoltre, nonostante la presenza di giacimenti di carbone, gas e idrocarburi, il Regno Unito ha cominciato a importare risorse energetiche dal 2005. Ha, inoltre, mantenuto l’indipendenza della propria politica monetaria, non avendo aderito all’Unione Monetaria Europea. Data l’importanza del settore nell’economia interna, la crisi della finanza globale ha avuto un impatto negativo molto forte spingendo il Paese verso la recessione e obbligando il governo ad adottare misure di austerity per contenere l’elevato deficit di bilancio. Il governo del premier Cameron ha approvato un piano quinquennale di riduzione del debito che comporta tagli alla spesa e un incremento della pressione fiscale, con l’obiettivo ambizioso di azzerare il deficit entro il 2014; la crisi dell’eurozona ha però costretto a posticipare il raggiungimento degli obiettivi di due anni. Nonostante gli sforzi, dunque, il quadro economico rimane preoccupante, con un livello alto di disoccupazione, ridotte previsioni di crescita e contrazione dei consumi. A pesare ancora di più potrebbe essere l’uscita dall’Unione Europea: con la Brexit, infatti, molte società finanziarie e multinazionali minacciano di abbandonare il Regno Unito e spostare le proprie sedi in un paese membro dell’UE.
La presenza sul territorio di una minoranza consistente di cittadini di religione musulmana, in parte retaggio del vecchio impero, ha causato nel tempo l’emergere di problemi riguardanti il multiculturalismo, l’immigrazione e l’identità nazionale. La partecipazione attiva della Gran Bretagna alle missioni internazionali in Paesi come l’Iraq e l’Afghanistan, ha determinato la sua inclusione nella lista delle organizzazioni terroristiche islamiste come obiettivo da colpire. L’islamismo radicale ha inoltre messo in piedi una sofisticata rete di militanti islamici sul territorio. A seguito dell’attentato del 7 luglio 2005 alla metropolitana di Londra (56 vittime) e di altri tentativi non riusciti di colpire obiettivi sensibili nel Paese, le autorità hanno alzato il livello di guardia e intensificato i controlli. Il rischio terrorismo rimane pertanto a livelli medio-alti, secondo le stime dell’MI5 britannico. Per quanto riguarda il rischio terrorismo interno, il livello della violenza in Irlanda del Nord si è notevolmente ridotto grazie agli Accordi di Belfast e il rischio è stato declassato a “moderato”. Anche se l’Irish Republican Army ha da tempo deposto le armi (1998), rimangono attivi alcuni gruppi radicali che continuano a rappresentare potenziali minacce.
Capitale: Londra
Ordinamento: Monarchia parlamentare
Superficie: 243.610 km²
Popolazione: 63.047.162
Religioni: cristianesimo, islam, induismo
Lingue: inglese, scozzese, gaelico, altre
Moneta: sterlina inglese (GBP)
PIL: 36.500 USD
Livello di criticità: Basso
Paese caratterizzato dal sistema di Common Law e da una secolare storia di politica di potenza mondiale e di evoluzione della democrazia, ad oggi il Regno Unito di Gran Bretagna è riuscito a conservare un ruolo molto influente e importante all’interno delle maggiori istituzioni internazionali (ONU, OSCE, NATO) e in Europa, anche se in quest’ultimo caso ha sempre cercato di promuovere un’unione di Stati più che una effettiva politica di integrazione. Sul piano interno, negli ultimi anni il governo ha provveduto a delegare ampi poteri a Scozia e Galles. Nell’Irlanda del Nord, l’Accordo di Belfast del 1998 ha spianato la strada per una risoluzione pacifica della guerra civile tra unionisti e indipendentisti (quest’ultimi legati al partito cattolico Sinn Fein e al suo braccio armato, l’IRA), arrivando a creare un Parlamento autonomo per l’Ulster. La cultura politica del Regno Unito ha visto sostanzialmente tre partiti competere per il governo del Paese: il Partito Liberale e il Partito Conservatore (eredi degli storici movimenti dei Whigs e dei Tories), e il Partito Laburista. A partire dagli anni Venti, la scena politica è stata dominata dai conservatori e dai laburisti, che si sono alternati al governo, anche grazie al sistema elettorale maggioritario “first past the post” che ostacola il proliferare di partiti più piccoli e alimenta il sistema bipartitico. Dopo il referendum del 23 giugno 2016 attraverso il quale il popolo britannico ha scelto l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, il premier e leader dei conservatori David Cameron, che presiedeva un governo di coalizione con i liberal democratici, ha rassegnato le dimissioni. A sostituirlo è stata Theresa May, già ministro dell’interno e nuovo premier inglese. Sua Maestà Elisabetta II Windsor è la sovrana del Regno e degli altri reami del Commonwealth (53 nazioni che hanno fatto parte dell’impero britannico).
La Gran Bretagna è la patria della prima rivoluzione industriale e ancora oggi rimane una delle maggiori economie industrializzate (la sesta a livello mondiale e la terza a livello europeo) anche se la manifattura non occupa più il primo posto, sostituito dai servizi e dalla finanza, che contribuisce in larga parte al Pil. Nell’ultimo ventennio è aumentata la privatizzazione mentre sono stati significativamente ridotti i programmi assistenziali. Inoltre, nonostante la presenza di giacimenti di carbone, gas e idrocarburi, il Regno Unito ha cominciato a importare risorse energetiche dal 2005. Ha, inoltre, mantenuto l’indipendenza della propria politica monetaria, non avendo aderito all’Unione Monetaria Europea. Data l’importanza del settore nell’economia interna, la crisi della finanza globale ha avuto un impatto negativo molto forte spingendo il Paese verso la recessione e obbligando il governo ad adottare misure di austerity per contenere l’elevato deficit di bilancio. Il governo del premier Cameron ha approvato un piano quinquennale di riduzione del debito che comporta tagli alla spesa e un incremento della pressione fiscale, con l’obiettivo ambizioso di azzerare il deficit entro il 2014; la crisi dell’eurozona ha però costretto a posticipare il raggiungimento degli obiettivi di due anni. Nonostante gli sforzi, dunque, il quadro economico rimane preoccupante, con un livello alto di disoccupazione, ridotte previsioni di crescita e contrazione dei consumi. A pesare ancora di più potrebbe essere l’uscita dall’Unione Europea: con la Brexit, infatti, molte società finanziarie e multinazionali minacciano di abbandonare il Regno Unito e spostare le proprie sedi in un paese membro dell’UE.
La presenza sul territorio di una minoranza consistente di cittadini di religione musulmana, in parte retaggio del vecchio impero, ha causato nel tempo l’emergere di problemi riguardanti il multiculturalismo, l’immigrazione e l’identità nazionale. La partecipazione attiva della Gran Bretagna alle missioni internazionali in Paesi come l’Iraq e l’Afghanistan, ha determinato la sua inclusione nella lista delle organizzazioni terroristiche islamiste come obiettivo da colpire. L’islamismo radicale ha inoltre messo in piedi una sofisticata rete di militanti islamici sul territorio. A seguito dell’attentato del 7 luglio 2005 alla metropolitana di Londra (56 vittime) e di altri tentativi non riusciti di colpire obiettivi sensibili nel Paese, le autorità hanno alzato il livello di guardia e intensificato i controlli. Il rischio terrorismo rimane pertanto a livelli medio-alti, secondo le stime dell’MI5 britannico. Per quanto riguarda il rischio terrorismo interno, il livello della violenza in Irlanda del Nord si è notevolmente ridotto grazie agli Accordi di Belfast e il rischio è stato declassato a “moderato”. Anche se l’Irish Republican Army ha da tempo deposto le armi (1998), rimangono attivi alcuni gruppi radicali che continuano a rappresentare potenziali minacce.