Russia (fed.)
Asia Centrale
Aggiornata ad aprile 2021- Con la rivoluzione del 1917, lo Zar Nicola II fu destituito e il partito bolscevico – capeggiato da Vladimir Il'ič Ul'janov, meglio noto come Lenin – salì al potere, abolendo lo zarismo e instaurando la dittatura del partito comunista. Nei successivi cinque anni, si verificarono numerosi scontri tra i filo-zaristi e il neo esercito sovietico, l’Armata Rossa, che assunsero i connotati di una guerra civile. Solo nel 1922 nacque l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS), che ricomprendeva i territori del precedente impero zarista. Alla morte di Lenin, nel 1924, la guida del Paese passò a Joseph Stalin, che instaurò un feroce totalitarismo. Uscita vittoriosa dalla seconda guerra mondiale, l’Unione Sovietica divenne una delle due potenze leader dell’intero sistema mondiale, in antitesi agli Stati Uniti. Fu il periodo della cosiddetta Guerra Fredda. Questa contrapposizione concorse alla proliferazione di armi nucleari da ambo le parti. In tal senso, l’anno più critico fu il 1962, quando l’URSS posizionò basi missilistiche a Cuba, all’indomani della rivoluzione castrista. Un altro conflitto facente parte a tutti gli effetti della guerra fredda è quello russo-afghano (1979-1989) che vide l’Armata Rossa al fianco delle forze armate della Repubblica Democratica dell’Afghanistan (RDA) contro i guerriglieri afghani antigovernativi (noti come mujaheddin), sostenuti da un gran numero di nazioni estere. Solo alla fine degli anni Ottanta, il segretario del partito comunista, Michail Gorbačëv, inaugurò una politica di ricostruzione, nota come “Perestroika” e caratterizzata da una serie di riforme finalizzate alla ristrutturazione dell’economia nazionale. Fu l’inizio di un dialogo geopolitico con gli USA e di una politica di maggior trasparenza (Glasnost). Tuttavia, ciò non produsse i benefici attesi e nel 1991 l’Unione Sovietica collassò, dopo il fallimento di un golpe militare. Quello stesso anno, il Soviet Supremo stabilì lo scioglimento dell’URSS e il 26 dicembre 1991 nacque la Federazione russa. Altre nove repubbliche satelliti, guidate da Boris Eltsin in qualità di presidente. Divennero, invece, repubbliche indipendenti la Georgia, l’Armenia e l’Azerbaijan. Altre sette entità federali - Cecenia, Dagestan, Inguscezia, Cabardino-Balcaria, Ossezia del Nord, Territorio di Stavropol' e Karačaj-Circassia - non hanno mai accettato il nuovo assetto istituzionale russo. Questo ha portato ad esempio alle due guerre di Cecenia (1994-1996 e 1999-2009). Dal 1999 si alternano alla guida del Paese, Dimitri Medvedev e Vladimir Putin, il quale ha rivestito il ruolo di presidente e attualmente è in carica al suo terzo mandato. La Duma ha inoltre esteso la durata del mandato presidenziale da 4 a 6 anni cosicché Putin, ad oggi uno dei leader in carica più longevi della storia europea, potrebbe teoricamente rimanere al potere fino al 2024. Il terzo mandato presidenziale di Putin è stato caratterizzato da una politica estera marcatamente espansiva. In Ucraina le proteste dell’Euromaidan hanno portato alla destituzione del premier Janucovyc, dopo giorni di sanguinose proteste tra manifestanti pro-europeisti e forze dell’ordine nella capitale. Gli scontri di Kiev hanno portato alla secessione della Crimea e alla sua conseguente adesione alla Federazione Russa. La situazione di caos esplosa nel paese con la destituzione di Janucovyc e l’istituzione di un governo provvisorio ha portato a una vera e propria guerra civile nella regione dell’Ucraina orientale del Donbass, maggiormente popolata da russi, i quali hanno richiesto l’annessione della regione alla Federazione Russa. Subitanea la risposta del governo di Kiev, che ha mandato i propri contingenti al confine con la regione del Donbass dando inizio a una vera e propria guerra civile con i filorussi che continua ancora oggi. La Russia ha ricoperto un ruolo primario anche nella crisi del Medio Oriente, contrapponendosi alle decisioni militari della NATO: Putin, già contrario all’intervento militare in Libia nel 2011, si è opposto a una soluzione militare alla guerra civile in Siria schierandosi a fianco del governo di Damasco. Il Cremlino ha inviato, infatti, nel 2015 un contingente speciale russo in Siria per sostenere il presidente siriano Bashar-al Assad contro i ribelli. Nonostante il presidente degli Stati Uniti Donald Trump abbia dimostrato una certa affinità di intenti e di politiche con il leader russo, il blitzkrieg aereo degli Stati Uniti nell’aprile 2017 contro Bashar-al Assad ha provocato un inasprimento dei rapporti tra i due stati. Mosca, inoltre è operante in Libia, dove intende stabilire un proprio protettorato.
Il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, e quello russo hanno annunciato a marzo 2020 un cessate il fuoco a Idlib. Il cessate il fuoco continua a resistere, nonostante alcune violazioni. Ma la situazione di Assad è sempre meno solida, anche a causa di una minore disposizione russa a sostenere il dittatore siriano. Assad spera di ottenere la vittoria alle elezioni presidenziali fissate tra aprile e maggio 2021. Tuttavia, Mosca, vero decision-maker del conflitto siriano, potrebbe non appoggiare in modo incondizionato la rielezione di Assad. Dal punto di vista russo, i vantaggi del supporto decennale ad Assad tardano ad arrivare. Putin spinge affinché il regime siriano scenda a compromessi su alcuni punti durante i negoziati di pace e che sia garantito un certo grado di trasparenza alle elezioni, trasparenza che potrebbe migliorare la posizione del regime sul piano internazionale e legittimare Assad, almeno in parte.
Per quanto riguarda il fronte interno, nel 2018 Putin ha vinto le elezioni ottenendo la rielezione a presidente. Il 5 aprile 2021 il presidente russo ha approvato l'emendamento alla Costituzione che gli consentirà di restare al potere, in teoria, fino al 2036, quando avrà 84 anni. L'emendamento era stato proposto dal Parlamento nel marzo del 2020 e consentirà a Putin di restare al potere, qualora fosse rieletto, per altri due mandati presidenziali. L'approvazione della legge segue il referendum che si era tenuto nell'estate del 2020, quando, a larga maggioranza, aveva prevalso il voto a favore dell'emendamento costituzionale. A quasi 20 anni dal Trattato di buon vicinato e cooperazione amichevole, mentre crescono le tensioni diplomatiche tra Cina, Unione Europea e Stati Uniti, nel 2021 l’alleanza bilaterale tra Russia e Cina appare rinvigorita, in una sfida all’occidentalcentrismo.
Aggiornato ad aprile 2021 - In seguito al collasso dell’URSS, il paese ha affrontato un’inversione economica radicale, passando da un’economia statalista basata su pianificazioni programmate, a un’economia di mercato più liberale basata anche sull’iniziativa privata. Dopo un progressivo impoverimento della popolazione, che ha contraddistinto tutti gli anni Novanta, oggi la Russia è uscita dalla soglia del sottosviluppo e sta registrando una forte ripresa nonostante due importanti shock che hanno quasi portato il paese in recessione nel 2014, dovuti al crollo del prezzo del petrolio e alle tensioni geopolitiche.
Il Nord Stream, uno dei più estesi gasdotti al mondo, attraversando il Mar Baltico, consente il trasporto del gas dalla Russia all’Europa. Il primo progetto venne realizzato nel 1997, quando il gigante russo Gazprom e Neste, compagnia petrolifera finlandese, che dal 2001 si sarebbe chiamata Fortum, crearono la North Transgas Oy. A causa della situazione geopolitica di allora, l'accordo non prevedeva che il gasdotto attraversasse nessuno Stato baltico, come la Polonia, la Bielorussia e l’Ucraina. Nel 2005 Gazprom diventò l’unico proprietario di North Transgas, dal momento che Fortum aveva ceduto le proprie quote. Il 4 maggio 2011 avvenne la posa della prima conduttura. Il 6 settembre successivo venne immesso il gas per la prima volta. Nord Stream venne inaugurato dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, dal Presidente russo Dmitry Medvedev e dal Primo Ministro francese François Fillon l’8 novembre 2011, dopo una serie ad accordi e gare di appalto.
Il progetto Nord Stream 2, avviato nell'ottobre del 2021 per realizzare un ampliamento della cubatura di gas da trasportare dalla Russia in Europa, divide gli alleati atlantici. Secondo la Germania, intenzionata a portare a compimento l'opera, si tratterebbe di un’iniziativa a scopo commerciale condotta da imprese private senza l'obiettivo di perseguire finalità politiche. Ma per la nuova Amministrazione Biden il progetto va interrotto. Il Segretario di Stato Antony Blinken Nord Stream 2 ha dichiarato che l'iniziativa è un progetto geopolitico russo rivolto a dividere l’Europa e indebolirne la sicurezza energetica.
Come tutte le economie del mondo, anche la Russia ha accusato il colpo dovuto alle conseguenze della pandemia. A inizio aprile 2021, l'economia russa appare in ripresa, dopo il crollo causato dal Covid-19 e dopo la recessione registrata nel quarto trimestre del 2020. Il Pil è sceso del 1,8% rispetto a un anno prima, secondo le statistiche del Federal Statistics Service visionate da Bloomberg. Un calo inferiore alla media delle previsioni degli economisti, che avevano indicato una contrazione del 2,2%. Il calo del Pil su base annuale è stato fissato al 3%. Nel quarto trimestre del 2019 il Pil russo era in crescita del 2,1%. L'inflazione, causata dall'aumento globale dei prezzi e dalla debolezza del rublo, a marzo 2021 e per la prima volta dal 2018, ha indotto la Bank of Russia ad alzare i tassi di interesse.
Il settore primario, in particolare l’agricoltura, è da sempre preminente per il mercato interno: le coltivazioni, la pesca e la disponibilità di foreste contribuiscono alle principali voci. Ma la Russia è, soprattutto, vocata all’export, essendo tra i più ricchi Paesi al mondo per disponibilità di materie prime: è il primo produttore mondiale di gas naturale, secondo solo all’Arabia Saudita per produzione di petrolio e al settimo posto per riserve petrolifere, e risulta tra i primi cinque Paesi al mondo per produzione di uranio e carbone. Più in generale, è tutta l’attività estrattiva ad essere molto sviluppata: il sottosuolo dispone, infatti, di numerosi altri minerali, tra cui metalli (ferro, oro, platino) e diamanti. La Russia, inoltre, vanta una grande tradizione nell’industria pesante. Rimane poco sviluppato il settore terziario.
Ieri come oggi i principali problemi del paese sono rappresentati dalla questione dell’indipendenza delle repubbliche caucasiche, prime tra le quali la Cecenia. Tali disequilibri politici portarono a ripetute azioni di gruppi armati e conflitti con le forze dell’ordine, sfociati spesso in scontri a fuoco, attentati terroristici come la crisi del teatro Dubrovka nel 2002 e la strage di Beslan nel 2004 e in sequestri di stranieri. Negli ultimi anni il terrorismo è ritornato a livelli preoccupanti: l’attentato kamikaze alla metropolitana di San Pietroburgo, rivendicato da Al-Qaeda, nell’aprile 2017 dimostra come anche la Russia sia vulnerabile al terrorismo internazionale. La questione caucasica, che comporta la ferrea volontà d’indipendenza dal regime di Mosca e a cui, in parte, si salda la matrice religiosa islamista, è fortemente sentita e la frequenza degli atti terroristici è in fase crescente. Nelle Repubbliche del Caucaso sono frequenti gli scontri tra forze dell’ordine e gruppi eversivi: per questo motivo, sono fortemente a rischio gli spostamenti verso le repubbliche di Cecenia, Inguscezia, Daghestan, Kabardino-Balcaria e nei Distretti del Territorio di Stavropol, dove si sono concentrati i principali episodi di violenza.
Il futuro politico di Vladimir Putin e del suo sistema di potere interno sembra a un passo dall'inizo della fine, dopo i fatti di Mosca legati alla condanna ad Alexej Navalny. Storico dissidente russo e principale oppositore delle politiche autoritarie del governo del presidente, Navalny è stato arrestato e picchiato più volte, prima di subire un fallito tentativo di assassinio. Questa sensazione si fa sempre più largo tra le pieghe dei recenti fallimenti del Cremlino in politica interna, oggi avvalorata dalla pessima gestione relativa alla «scheggia impazzita» che Mosca voleva ridurre al silenzio. E che, al contrario, ne ha involontariamente nobilitato il ruolo di «concreta minaccia al potere centrale».
A inizio aprile 2021, dunque a distanza di sette anni dall’annessione della Crimea, accerchiata dall’Occidente e approfittando dell'attenzione globale rivolta all'uscita dal tunnel della pandemia, la Russia appare disposta a un nuovo attacco militare all’Ucraina. L'esito di questa azione potrebbe aprire due possibili scenari: l’annessione della regione del Donbas o la ripetizione di quanto avvenuto nella regione contesa del Nagorno-Karabakh, ovvero lo schieramento di peacekeepers. Le avvisaglie e i segnali di questa escalation, conseguente a un massiccio movimento di truppe russe verso il confine ucraino, erano evidenti da alcuni mesi. La Russia aveva incrementato le forze militari attive sul campo. Continue, invece, le violazioni del cessate il fuoco del 27 luglio 2020, confermate dagli osservatori Osce.
Capitale: Mosca
Ordinamento: Rep. presidenziale federale
Superficie: 17.098.242 km²
Popolazione: 144,4 milioni (2019)
Religioni: ortodossa (20%), islamica (15%)
Lingue: russo
Moneta: rublo (RUB)
PIL: 1,584.22 dollari Usa (2021)
Livello di criticità: Medio
Aggiornata ad aprile 2021- Con la rivoluzione del 1917, lo Zar Nicola II fu destituito e il partito bolscevico – capeggiato da Vladimir Il'ič Ul'janov, meglio noto come Lenin – salì al potere, abolendo lo zarismo e instaurando la dittatura del partito comunista. Nei successivi cinque anni, si verificarono numerosi scontri tra i filo-zaristi e il neo esercito sovietico, l’Armata Rossa, che assunsero i connotati di una guerra civile. Solo nel 1922 nacque l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS), che ricomprendeva i territori del precedente impero zarista. Alla morte di Lenin, nel 1924, la guida del Paese passò a Joseph Stalin, che instaurò un feroce totalitarismo. Uscita vittoriosa dalla seconda guerra mondiale, l’Unione Sovietica divenne una delle due potenze leader dell’intero sistema mondiale, in antitesi agli Stati Uniti. Fu il periodo della cosiddetta Guerra Fredda. Questa contrapposizione concorse alla proliferazione di armi nucleari da ambo le parti. In tal senso, l’anno più critico fu il 1962, quando l’URSS posizionò basi missilistiche a Cuba, all’indomani della rivoluzione castrista. Un altro conflitto facente parte a tutti gli effetti della guerra fredda è quello russo-afghano (1979-1989) che vide l’Armata Rossa al fianco delle forze armate della Repubblica Democratica dell’Afghanistan (RDA) contro i guerriglieri afghani antigovernativi (noti come mujaheddin), sostenuti da un gran numero di nazioni estere. Solo alla fine degli anni Ottanta, il segretario del partito comunista, Michail Gorbačëv, inaugurò una politica di ricostruzione, nota come “Perestroika” e caratterizzata da una serie di riforme finalizzate alla ristrutturazione dell’economia nazionale. Fu l’inizio di un dialogo geopolitico con gli USA e di una politica di maggior trasparenza (Glasnost). Tuttavia, ciò non produsse i benefici attesi e nel 1991 l’Unione Sovietica collassò, dopo il fallimento di un golpe militare. Quello stesso anno, il Soviet Supremo stabilì lo scioglimento dell’URSS e il 26 dicembre 1991 nacque la Federazione russa. Altre nove repubbliche satelliti, guidate da Boris Eltsin in qualità di presidente. Divennero, invece, repubbliche indipendenti la Georgia, l’Armenia e l’Azerbaijan. Altre sette entità federali - Cecenia, Dagestan, Inguscezia, Cabardino-Balcaria, Ossezia del Nord, Territorio di Stavropol' e Karačaj-Circassia - non hanno mai accettato il nuovo assetto istituzionale russo. Questo ha portato ad esempio alle due guerre di Cecenia (1994-1996 e 1999-2009). Dal 1999 si alternano alla guida del Paese, Dimitri Medvedev e Vladimir Putin, il quale ha rivestito il ruolo di presidente e attualmente è in carica al suo terzo mandato. La Duma ha inoltre esteso la durata del mandato presidenziale da 4 a 6 anni cosicché Putin, ad oggi uno dei leader in carica più longevi della storia europea, potrebbe teoricamente rimanere al potere fino al 2024. Il terzo mandato presidenziale di Putin è stato caratterizzato da una politica estera marcatamente espansiva. In Ucraina le proteste dell’Euromaidan hanno portato alla destituzione del premier Janucovyc, dopo giorni di sanguinose proteste tra manifestanti pro-europeisti e forze dell’ordine nella capitale. Gli scontri di Kiev hanno portato alla secessione della Crimea e alla sua conseguente adesione alla Federazione Russa. La situazione di caos esplosa nel paese con la destituzione di Janucovyc e l’istituzione di un governo provvisorio ha portato a una vera e propria guerra civile nella regione dell’Ucraina orientale del Donbass, maggiormente popolata da russi, i quali hanno richiesto l’annessione della regione alla Federazione Russa. Subitanea la risposta del governo di Kiev, che ha mandato i propri contingenti al confine con la regione del Donbass dando inizio a una vera e propria guerra civile con i filorussi che continua ancora oggi. La Russia ha ricoperto un ruolo primario anche nella crisi del Medio Oriente, contrapponendosi alle decisioni militari della NATO: Putin, già contrario all’intervento militare in Libia nel 2011, si è opposto a una soluzione militare alla guerra civile in Siria schierandosi a fianco del governo di Damasco. Il Cremlino ha inviato, infatti, nel 2015 un contingente speciale russo in Siria per sostenere il presidente siriano Bashar-al Assad contro i ribelli. Nonostante il presidente degli Stati Uniti Donald Trump abbia dimostrato una certa affinità di intenti e di politiche con il leader russo, il blitzkrieg aereo degli Stati Uniti nell’aprile 2017 contro Bashar-al Assad ha provocato un inasprimento dei rapporti tra i due stati. Mosca, inoltre è operante in Libia, dove intende stabilire un proprio protettorato.
Il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, e quello russo hanno annunciato a marzo 2020 un cessate il fuoco a Idlib. Il cessate il fuoco continua a resistere, nonostante alcune violazioni. Ma la situazione di Assad è sempre meno solida, anche a causa di una minore disposizione russa a sostenere il dittatore siriano. Assad spera di ottenere la vittoria alle elezioni presidenziali fissate tra aprile e maggio 2021. Tuttavia, Mosca, vero decision-maker del conflitto siriano, potrebbe non appoggiare in modo incondizionato la rielezione di Assad. Dal punto di vista russo, i vantaggi del supporto decennale ad Assad tardano ad arrivare. Putin spinge affinché il regime siriano scenda a compromessi su alcuni punti durante i negoziati di pace e che sia garantito un certo grado di trasparenza alle elezioni, trasparenza che potrebbe migliorare la posizione del regime sul piano internazionale e legittimare Assad, almeno in parte.
Per quanto riguarda il fronte interno, nel 2018 Putin ha vinto le elezioni ottenendo la rielezione a presidente. Il 5 aprile 2021 il presidente russo ha approvato l'emendamento alla Costituzione che gli consentirà di restare al potere, in teoria, fino al 2036, quando avrà 84 anni. L'emendamento era stato proposto dal Parlamento nel marzo del 2020 e consentirà a Putin di restare al potere, qualora fosse rieletto, per altri due mandati presidenziali. L'approvazione della legge segue il referendum che si era tenuto nell'estate del 2020, quando, a larga maggioranza, aveva prevalso il voto a favore dell'emendamento costituzionale. A quasi 20 anni dal Trattato di buon vicinato e cooperazione amichevole, mentre crescono le tensioni diplomatiche tra Cina, Unione Europea e Stati Uniti, nel 2021 l’alleanza bilaterale tra Russia e Cina appare rinvigorita, in una sfida all’occidentalcentrismo.
Aggiornato ad aprile 2021 - In seguito al collasso dell’URSS, il paese ha affrontato un’inversione economica radicale, passando da un’economia statalista basata su pianificazioni programmate, a un’economia di mercato più liberale basata anche sull’iniziativa privata. Dopo un progressivo impoverimento della popolazione, che ha contraddistinto tutti gli anni Novanta, oggi la Russia è uscita dalla soglia del sottosviluppo e sta registrando una forte ripresa nonostante due importanti shock che hanno quasi portato il paese in recessione nel 2014, dovuti al crollo del prezzo del petrolio e alle tensioni geopolitiche.
Il Nord Stream, uno dei più estesi gasdotti al mondo, attraversando il Mar Baltico, consente il trasporto del gas dalla Russia all’Europa. Il primo progetto venne realizzato nel 1997, quando il gigante russo Gazprom e Neste, compagnia petrolifera finlandese, che dal 2001 si sarebbe chiamata Fortum, crearono la North Transgas Oy. A causa della situazione geopolitica di allora, l'accordo non prevedeva che il gasdotto attraversasse nessuno Stato baltico, come la Polonia, la Bielorussia e l’Ucraina. Nel 2005 Gazprom diventò l’unico proprietario di North Transgas, dal momento che Fortum aveva ceduto le proprie quote. Il 4 maggio 2011 avvenne la posa della prima conduttura. Il 6 settembre successivo venne immesso il gas per la prima volta. Nord Stream venne inaugurato dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, dal Presidente russo Dmitry Medvedev e dal Primo Ministro francese François Fillon l’8 novembre 2011, dopo una serie ad accordi e gare di appalto.
Il progetto Nord Stream 2, avviato nell'ottobre del 2021 per realizzare un ampliamento della cubatura di gas da trasportare dalla Russia in Europa, divide gli alleati atlantici. Secondo la Germania, intenzionata a portare a compimento l'opera, si tratterebbe di un’iniziativa a scopo commerciale condotta da imprese private senza l'obiettivo di perseguire finalità politiche. Ma per la nuova Amministrazione Biden il progetto va interrotto. Il Segretario di Stato Antony Blinken Nord Stream 2 ha dichiarato che l'iniziativa è un progetto geopolitico russo rivolto a dividere l’Europa e indebolirne la sicurezza energetica.
Come tutte le economie del mondo, anche la Russia ha accusato il colpo dovuto alle conseguenze della pandemia. A inizio aprile 2021, l'economia russa appare in ripresa, dopo il crollo causato dal Covid-19 e dopo la recessione registrata nel quarto trimestre del 2020. Il Pil è sceso del 1,8% rispetto a un anno prima, secondo le statistiche del Federal Statistics Service visionate da Bloomberg. Un calo inferiore alla media delle previsioni degli economisti, che avevano indicato una contrazione del 2,2%. Il calo del Pil su base annuale è stato fissato al 3%. Nel quarto trimestre del 2019 il Pil russo era in crescita del 2,1%. L'inflazione, causata dall'aumento globale dei prezzi e dalla debolezza del rublo, a marzo 2021 e per la prima volta dal 2018, ha indotto la Bank of Russia ad alzare i tassi di interesse.
Il settore primario, in particolare l’agricoltura, è da sempre preminente per il mercato interno: le coltivazioni, la pesca e la disponibilità di foreste contribuiscono alle principali voci. Ma la Russia è, soprattutto, vocata all’export, essendo tra i più ricchi Paesi al mondo per disponibilità di materie prime: è il primo produttore mondiale di gas naturale, secondo solo all’Arabia Saudita per produzione di petrolio e al settimo posto per riserve petrolifere, e risulta tra i primi cinque Paesi al mondo per produzione di uranio e carbone. Più in generale, è tutta l’attività estrattiva ad essere molto sviluppata: il sottosuolo dispone, infatti, di numerosi altri minerali, tra cui metalli (ferro, oro, platino) e diamanti. La Russia, inoltre, vanta una grande tradizione nell’industria pesante. Rimane poco sviluppato il settore terziario.
Ieri come oggi i principali problemi del paese sono rappresentati dalla questione dell’indipendenza delle repubbliche caucasiche, prime tra le quali la Cecenia. Tali disequilibri politici portarono a ripetute azioni di gruppi armati e conflitti con le forze dell’ordine, sfociati spesso in scontri a fuoco, attentati terroristici come la crisi del teatro Dubrovka nel 2002 e la strage di Beslan nel 2004 e in sequestri di stranieri. Negli ultimi anni il terrorismo è ritornato a livelli preoccupanti: l’attentato kamikaze alla metropolitana di San Pietroburgo, rivendicato da Al-Qaeda, nell’aprile 2017 dimostra come anche la Russia sia vulnerabile al terrorismo internazionale. La questione caucasica, che comporta la ferrea volontà d’indipendenza dal regime di Mosca e a cui, in parte, si salda la matrice religiosa islamista, è fortemente sentita e la frequenza degli atti terroristici è in fase crescente. Nelle Repubbliche del Caucaso sono frequenti gli scontri tra forze dell’ordine e gruppi eversivi: per questo motivo, sono fortemente a rischio gli spostamenti verso le repubbliche di Cecenia, Inguscezia, Daghestan, Kabardino-Balcaria e nei Distretti del Territorio di Stavropol, dove si sono concentrati i principali episodi di violenza.
Il futuro politico di Vladimir Putin e del suo sistema di potere interno sembra a un passo dall'inizo della fine, dopo i fatti di Mosca legati alla condanna ad Alexej Navalny. Storico dissidente russo e principale oppositore delle politiche autoritarie del governo del presidente, Navalny è stato arrestato e picchiato più volte, prima di subire un fallito tentativo di assassinio. Questa sensazione si fa sempre più largo tra le pieghe dei recenti fallimenti del Cremlino in politica interna, oggi avvalorata dalla pessima gestione relativa alla «scheggia impazzita» che Mosca voleva ridurre al silenzio. E che, al contrario, ne ha involontariamente nobilitato il ruolo di «concreta minaccia al potere centrale».
A inizio aprile 2021, dunque a distanza di sette anni dall’annessione della Crimea, accerchiata dall’Occidente e approfittando dell'attenzione globale rivolta all'uscita dal tunnel della pandemia, la Russia appare disposta a un nuovo attacco militare all’Ucraina. L'esito di questa azione potrebbe aprire due possibili scenari: l’annessione della regione del Donbas o la ripetizione di quanto avvenuto nella regione contesa del Nagorno-Karabakh, ovvero lo schieramento di peacekeepers. Le avvisaglie e i segnali di questa escalation, conseguente a un massiccio movimento di truppe russe verso il confine ucraino, erano evidenti da alcuni mesi. La Russia aveva incrementato le forze militari attive sul campo. Continue, invece, le violazioni del cessate il fuoco del 27 luglio 2020, confermate dagli osservatori Osce.