Siria
Medio Oriente
Indipendente dal 1946 dopo ventisei anni di mandato francese, la Siria è formalmente una Repubblica popolare, democratica e socialista (come stabilito dalla Costituzione del 1973), governata sin dal 1970 dalla famiglia Assad, appartenente alla corrente minoritaria dei musulmani sciiti, e in particolare alla setta degli Alawiti. Il clan è asceso al potere con un colpo di stato ad opera di Hafez al-Assad, già ministro della difesa nel 1966 e, successivamente, presidente della Siria dal 1971 al 2000. Con il colpo di stato si è concluso il processo di insediamento del partito arabo socialista Baath, salito al potere grazie a un precedente golpe nel 1963 e caratterizzato da uno spirito fortemente anti-occidentale. Dallo stesso anno è in vigore in Siria lo stato di emergenza e il Baath governa ininterrottamente come partito unico. Alla morte di Hafez nel 2000, la presidenza è stata ereditata dal figlio Bashar al-Assad, attuale presidente della Siria. Il 21 aprile 2011, dopo oltre un mese di violente proteste in tutto il Paese (nate sulla scia delle rivolte in Tunisia ed Egitto), il presidente Assad ha firmato il decreto di abolizione dello stato di emergenza. Tuttavia, nonostante le sanzioni applicate alla Siria da Stati Uniti e Unione Europea nel tentativo di porre fine al massacro di civili inermi, le manifestazioni sono degenerate in guerra civile che, al momento, continua in tutto il Paese.
L'economia siriana risente, oggi, fortemente del conflitto in corso: le sanzioni internazionali e i ridotti consumi interni hanno determinato una drastica contrazione e un'impennata inflazionistica. Prima della crisi, Damasco aveva appena inziato a mettere in atto politiche economiche più liberali nonostante l'economia rimanesse fortemente controllata dallo Stato. Se fino agli anni Ottanta gli investimenti e i finanziamenti legavano la Siria all’Unione Sovietica, i nuovi rapporti intessuti con USA e UE sono stati bruscamente interrotti all’insorgere del conflitto. Oltre ai proventi del petrolio (che comunque il Paese estrae in quantità inferiori rispetto ad altri Paesi del Medio Oriente), l’economia della Siria si basa tradizionalmente sull’agricoltura (che rappresenta il 18% del PIL e nonostante le difficoltà legate all’irrigazione), e ancor più sull'industria (che rappresenta il 25% del PIL con la produzione di lavorati della seta e del cotone e di tappeti). Se si tralascia l'attuale devastante conflitto, i fattori economici che a lungo termine potrebbero rappresentare una criticità per il Paese riguardano essenzialmente: l'elevata disoccupazione, il crescente deficit di bilancio, la diminuzione della produzione petrolifera e lo sfruttamento incontrollato delle risorse idriche.
Se da un lato il rischio criminalità è trascurabile, in seguito alle rivolte popolari scoppiate nel marzo 2011 contro gli Assad, il quadro politico è fortemente instabile: il Paese è ormai sprofondato in una guerra civile, lungi dal concludersi. Anche i rapporti tra Siria e Stati limitrofi (Giordania, Libano, Turchia ma soprattutto Iraq e Israele) sono estremamente tesi e contribuiscono a innalzare il rischio terrorismo, ancor più se si tiene conto della recente attività di Jabhat al-Nusra, fronte militante islamista formato dai ribelli nel gennaio 2012 e affiliato ad Al Qaeda. Il governo degli Assad, oltretutto, è in stretto rapporto con Hamas in Palestina ed Hezbollah in Libano, partiti politici in passato responsabili di atti terroristici contro Israele. La Siria, del resto, è stata inclusa fin dal 1979 dagli Stati Uniti nell’elenco degli stati sponsor del terrorismo, proprio in virtù del supporto offerto a simili organizzazioni anti-israeliane. Tra Siria e Israele, inoltre, formalmente esiste ancora lo stato di belligeranza.
Capitale: Damasco
Ordinamento: Repubblica presidenziale
Superficie: 185.180 km²
Popolazione: 22.457.336
Religioni: sunnita (75%), sciita (15%), altre
Lingue: arabo, curdo, armeno, francese
Moneta: lira siriana (SYP)
PIL: 5.100 USD
Livello di criticità: Alto
Indipendente dal 1946 dopo ventisei anni di mandato francese, la Siria è formalmente una Repubblica popolare, democratica e socialista (come stabilito dalla Costituzione del 1973), governata sin dal 1970 dalla famiglia Assad, appartenente alla corrente minoritaria dei musulmani sciiti, e in particolare alla setta degli Alawiti. Il clan è asceso al potere con un colpo di stato ad opera di Hafez al-Assad, già ministro della difesa nel 1966 e, successivamente, presidente della Siria dal 1971 al 2000. Con il colpo di stato si è concluso il processo di insediamento del partito arabo socialista Baath, salito al potere grazie a un precedente golpe nel 1963 e caratterizzato da uno spirito fortemente anti-occidentale. Dallo stesso anno è in vigore in Siria lo stato di emergenza e il Baath governa ininterrottamente come partito unico. Alla morte di Hafez nel 2000, la presidenza è stata ereditata dal figlio Bashar al-Assad, attuale presidente della Siria. Il 21 aprile 2011, dopo oltre un mese di violente proteste in tutto il Paese (nate sulla scia delle rivolte in Tunisia ed Egitto), il presidente Assad ha firmato il decreto di abolizione dello stato di emergenza. Tuttavia, nonostante le sanzioni applicate alla Siria da Stati Uniti e Unione Europea nel tentativo di porre fine al massacro di civili inermi, le manifestazioni sono degenerate in guerra civile che, al momento, continua in tutto il Paese.
L'economia siriana risente, oggi, fortemente del conflitto in corso: le sanzioni internazionali e i ridotti consumi interni hanno determinato una drastica contrazione e un'impennata inflazionistica. Prima della crisi, Damasco aveva appena inziato a mettere in atto politiche economiche più liberali nonostante l'economia rimanesse fortemente controllata dallo Stato. Se fino agli anni Ottanta gli investimenti e i finanziamenti legavano la Siria all’Unione Sovietica, i nuovi rapporti intessuti con USA e UE sono stati bruscamente interrotti all’insorgere del conflitto. Oltre ai proventi del petrolio (che comunque il Paese estrae in quantità inferiori rispetto ad altri Paesi del Medio Oriente), l’economia della Siria si basa tradizionalmente sull’agricoltura (che rappresenta il 18% del PIL e nonostante le difficoltà legate all’irrigazione), e ancor più sull'industria (che rappresenta il 25% del PIL con la produzione di lavorati della seta e del cotone e di tappeti). Se si tralascia l'attuale devastante conflitto, i fattori economici che a lungo termine potrebbero rappresentare una criticità per il Paese riguardano essenzialmente: l'elevata disoccupazione, il crescente deficit di bilancio, la diminuzione della produzione petrolifera e lo sfruttamento incontrollato delle risorse idriche.
Se da un lato il rischio criminalità è trascurabile, in seguito alle rivolte popolari scoppiate nel marzo 2011 contro gli Assad, il quadro politico è fortemente instabile: il Paese è ormai sprofondato in una guerra civile, lungi dal concludersi. Anche i rapporti tra Siria e Stati limitrofi (Giordania, Libano, Turchia ma soprattutto Iraq e Israele) sono estremamente tesi e contribuiscono a innalzare il rischio terrorismo, ancor più se si tiene conto della recente attività di Jabhat al-Nusra, fronte militante islamista formato dai ribelli nel gennaio 2012 e affiliato ad Al Qaeda. Il governo degli Assad, oltretutto, è in stretto rapporto con Hamas in Palestina ed Hezbollah in Libano, partiti politici in passato responsabili di atti terroristici contro Israele. La Siria, del resto, è stata inclusa fin dal 1979 dagli Stati Uniti nell’elenco degli stati sponsor del terrorismo, proprio in virtù del supporto offerto a simili organizzazioni anti-israeliane. Tra Siria e Israele, inoltre, formalmente esiste ancora lo stato di belligeranza.