Somalia
Africa
Nata nel 1960 dall’unione dei due territori amministrati da Italia e Gran Bretagna, la Repubblica somala è stata trasformata in una dittatura dal golpe del maggiore Mohammed Siad Barre, che ne assunse la presidenza fino al 1991. Dopo la caduta del regime, a seguito di una guerra civile scatenata da gruppi locali di guerriglieri, nessuna autorità o fazione è riuscita a controllare completamente il territorio, che è stato governato da una pluralità di entità statali con un livello più o meno ampio di indipendenza. Per questo motivo la Somalia viene definita come un “failed State”, uno Stato fallito. L’assenza di un governo centrale ha naturalmente avuto profonde ripercussioni sulla governabilità del Paese, e l’amministrazione, compresa quella della giustizia, esiste solo a livello locale e tribale, con il ricorso a istituti civili, religiosi (islamici) o consuetudinari. Il 10 settembre 2012 l’elezione di un nuovo Presidente ha messo fine al governo di transizione. Il nuovo Presidente, Sheick Mohamud, non appartiene ad alcun partito politico ma è legato al movimento Al Islah, braccio somalo dei Fratelli Musulmani. Da novembre 2012 il nuovo governo è guidato da Abdi FarehShirdon Saeid e include due donne, tra cui – per la prima volta nella storia della Somali – il ministro degli Esteri, Fowsiyo Yusuf Haji Adan.
La Somalia è uno dei paesi più poveri del mondo e dipende quasi totalmente dagli aiuti umanitari, il cui flusso costante però è compromesso dall’insicurezza generale e dai continui furti. Le prospettive di crescita dipendono dalla stabilizzazione del Paese, soprattutto nelle aree centrali e meridionali, sotto l’influenza delle corti islamiche. La maggior parte del territorio è desertico e semi-desertico e la siccità costituisce una minaccia costante. La savana, utilizzata per il pascolo e come combustibile, rappresenta circa il 60% della superficie totale. La coltivazione è possibile solo sul 13% del territorio e l’agricoltura è stabilmente impiantata solo su un ottavo di esso, principalmente sulle rive dei fiumi nel sud del Paese. Gli effetti del conflitto (siccità, una successione di raccolti poveri e un rapido aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e del carburante) hanno aggravato la condizione socio-economica somala causando varie crisi alimentari. La maggior parte delle attività sono ora concentrate sulla riabilitazione agricola, la cura del bestiame e l’educazione alla conservazione dell’acqua.
La Somalia è da anni un paese a rischio, dilaniato dalle lotte fra i vari “signori della guerra” e dalla presenza di reti terroristiche islamiche come gli Shabaab. La situazione sembra essere leggermente migliorata negli ultimi mesi, forse anche grazie alla promulgazione in giugno della nuova Costituzione e all’elezione del nuovo Presidente. Secondo i dati diffusi dalle Nazioni Unite, i casi di conflitti armati sono scesi del 70% e gli attacchi terroristici del 50%. Tuttavia, il clima di incertezza che ancora permane sul Paese, la presenza dei terroristi, le rivalità tribali, e - non ultimo - il problema della pirateria al largo delle coste somale, rimangono criticità che rendono instabile il Paese e ostacolano una crescita economica, oltre a rappresentare una minaccia per gli interessi geopolitici e geostrategici dell’Occidente.
Capitale: Mogadiscio
Ordinamento: Repubblica Federale
Superficie: 637,657 km²
Popolazione: 10.085.638
Religioni: islamica (sunnita)
Lingue: somalo, arabo, inglese, italiano
Moneta: scellino somalo (SOS)
PIL: 600 USD
Livello di criticità: Alto
Nata nel 1960 dall’unione dei due territori amministrati da Italia e Gran Bretagna, la Repubblica somala è stata trasformata in una dittatura dal golpe del maggiore Mohammed Siad Barre, che ne assunse la presidenza fino al 1991. Dopo la caduta del regime, a seguito di una guerra civile scatenata da gruppi locali di guerriglieri, nessuna autorità o fazione è riuscita a controllare completamente il territorio, che è stato governato da una pluralità di entità statali con un livello più o meno ampio di indipendenza. Per questo motivo la Somalia viene definita come un “failed State”, uno Stato fallito. L’assenza di un governo centrale ha naturalmente avuto profonde ripercussioni sulla governabilità del Paese, e l’amministrazione, compresa quella della giustizia, esiste solo a livello locale e tribale, con il ricorso a istituti civili, religiosi (islamici) o consuetudinari. Il 10 settembre 2012 l’elezione di un nuovo Presidente ha messo fine al governo di transizione. Il nuovo Presidente, Sheick Mohamud, non appartiene ad alcun partito politico ma è legato al movimento Al Islah, braccio somalo dei Fratelli Musulmani. Da novembre 2012 il nuovo governo è guidato da Abdi FarehShirdon Saeid e include due donne, tra cui – per la prima volta nella storia della Somali – il ministro degli Esteri, Fowsiyo Yusuf Haji Adan.
La Somalia è uno dei paesi più poveri del mondo e dipende quasi totalmente dagli aiuti umanitari, il cui flusso costante però è compromesso dall’insicurezza generale e dai continui furti. Le prospettive di crescita dipendono dalla stabilizzazione del Paese, soprattutto nelle aree centrali e meridionali, sotto l’influenza delle corti islamiche. La maggior parte del territorio è desertico e semi-desertico e la siccità costituisce una minaccia costante. La savana, utilizzata per il pascolo e come combustibile, rappresenta circa il 60% della superficie totale. La coltivazione è possibile solo sul 13% del territorio e l’agricoltura è stabilmente impiantata solo su un ottavo di esso, principalmente sulle rive dei fiumi nel sud del Paese. Gli effetti del conflitto (siccità, una successione di raccolti poveri e un rapido aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e del carburante) hanno aggravato la condizione socio-economica somala causando varie crisi alimentari. La maggior parte delle attività sono ora concentrate sulla riabilitazione agricola, la cura del bestiame e l’educazione alla conservazione dell’acqua.
La Somalia è da anni un paese a rischio, dilaniato dalle lotte fra i vari “signori della guerra” e dalla presenza di reti terroristiche islamiche come gli Shabaab. La situazione sembra essere leggermente migliorata negli ultimi mesi, forse anche grazie alla promulgazione in giugno della nuova Costituzione e all’elezione del nuovo Presidente. Secondo i dati diffusi dalle Nazioni Unite, i casi di conflitti armati sono scesi del 70% e gli attacchi terroristici del 50%. Tuttavia, il clima di incertezza che ancora permane sul Paese, la presenza dei terroristi, le rivalità tribali, e - non ultimo - il problema della pirateria al largo delle coste somale, rimangono criticità che rendono instabile il Paese e ostacolano una crescita economica, oltre a rappresentare una minaccia per gli interessi geopolitici e geostrategici dell’Occidente.