Stati Uniti d’America
Nord America
Con la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo nel 1492, inizia l’inarrestabile colonizzazione europea del continente americano, fatto che cambierà la storia moderna per sempre e porterà a numerose conseguenze, tra cui il lento sterminio di popolazioni e tribù native americane. La prima colonia ufficiale degli USA verrà fondata nel 1620 da un gruppo di puritani inglesi che, partiti da Plymouth in Inghilterra a bordo della Mayflower, sbarcheranno sulle coste nel Massachusetts. Nel 1776 gli Stati Uniti dichiarano la propria indipendenza dalla corona inglese e nel 1787 a Filadelfia viene approvata la Costituzione delle prime 13 colonie federate. Affrancatisi anche da Francia e Spagna, i coloni si spingono alla conquista del West, espandendo progressivamente i propri Stati fino a formare l’attuale numero di 50 (più il distretto federale di Washington). Il diverso grado di sviluppo economico e culturale sarà alla base della guerra civile che, dal 1861 al 1865, oppone gli Stati del Nord, più sviluppati e industrializzati, a quelli del Sud, centrati invece sull’agricoltura e il latifondo. Con la vittoria dei nordisti, si sancisce anche l’emancipazione dalla schiavitù e la popolazione nera ottiene per la prima volta il diritto al voto. Da allora in poi, il progresso economico, industriale e militare degli Stati Uniti conoscerà un incremento costante. Solo dopo la prima guerra mondiale, l’economia statunitense precipita rovinosamente e ci vorranno quasi venti anni (1929-1945) per emergere dalla depressione che aveva investito il Paese. Il secondo conflitto mondiale si rivela invece un’opportunità e vede il coinvolgimento delle flotte americane nel Pacifico, portando al combattimento diretto prima a Pearl Harbor e poi in Giappone, con il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki. Nel giugno del 1944, le truppe Usa sbarcano quindi in Europa, dalla Normandia e dalla Sicilia, sconfiggendo le truppe tedesche e puntando a Berlino, dove però giungeranno per prime le truppe sovietiche. In seguito alla vittoria militare, la Germania viene divisa in due blocchi, l’uno sotto influenza americana e l’altro sotto influenza sovietica; da qui avrà inizio la Guerra Fredda tra le due superpotenze. Il perenne scontro disarmato con l’URSS rappresenta per gli USA la difesa del sistema capitalista e la lotta al comunismo. Lo stesso intervento in Vietnam (1960-1975) è programmato per evitare che quel Paese, in balia di oppositori filo-marxisti, finisca sotto l’influenza di Mosca. L’azione si rivela però disastrosa e porta alla perdita di oltre mezzo milione di soldati, senza tuttavia riuscire nell’intento. La crisi dei missili di Cuba nel 1962 è il momento di maggior contrasto tra i due blocchi: solo lo smantellamento dei missili sovietici dall’isola, impedirà lo scoppio di un conflitto di proporzioni inimmaginabili. È un successo dell’amministrazione Kennedy, il presidente in carica assassinato l’anno seguente a Dallas. Con il passare degli anni, i rapporti con Mosca diventano via via più pacifici e nel 1991 - in seguito allo smembramento dell’URSS – gli USA restano l’unica superpotenza mondiale. Lo stesso anno iniziano le operazioni militari in Iraq, contro la dittatura di Saddam Hussein: questa esposizione internazionale, nel giro di poco tempo, provoca l’aumento del rischio di terrorismo islamico, in risposta agli interventi statunitensi. Dopo diversi attacchi, di poco rilievo, nel settembre 2001 quattro aerei di linea vengono dirottati su obiettivi sensibili statunitensi (World Trade Center e Pentagono), provocando la morte di circa tremila persone. L’attentato, rivendicato dalla rete terroristica di Al Qaeda, guidata da Osama Bin Laden, provoca la dura reazione del governo americano che, da allora, ha intrapreso la cosiddetta “guerra al terrorismo”globale, attaccando in primis il regime talebano in Afghanistan, ritenuto responsabile diretto degli attentati. Proprio in questo Paese, nel maggio del 2011, il numero uno di Al Qaeda muore in un conflitto a fuoco con le forze speciali della marina statunitense, sancendo la fine di un’era e aprendone, probabilmente, un’altra di cui però si disconosce ogni previsione. Il 6 novembre 2012 Barack Obama, primo presidente nero della storia americana, è rieletto alla Casa Bianca per un secondo mandato. La seconda parte della sua presidenza vede una lotta serrata con il Congresso, dove la maggioranza resta al partito repubblicano, che affossa uno dopo l'altro, le più importanti riforme varate dalla sua amministrazione, come quella sanitaria nota come "Obamacare". A succedergli, dopo una delle peggiori e più laceranti campagne presidenziali, è il noto imprenditore newyorchese Donald J.Trump. Il candidato repubblicano, dopo aver inflitto a Hillary Clinton una sonora sconfitta, è diventato ufficialmente il 45esimo presidente degli Stati Uniti d'America il 20 gennaio 2017.
Il primo provvedimento preso dal Trump appena eletto fu iniziare a demolire l’Obamacare, in vista della sua cancellazione, che sarebbe spettata al Congresso, all'epoca a maggioranza repubblicana. Una settimana dopo, Trump firmò “travel ban” o anche detto “Muslim ban” dai suoi contestatori. Il provvedimento vietava l’ingresso a persone provenienti da Paesi che non rientravano nei criteri stabiliti dalle leggi sull’immigrazione. Nella lista finirono l’Iran, l’Iraq, la Libia, la Somalia, il Sudan, la Siria e lo Yemen. La versione ora in vigore, prevede il divieto di entrata per le persone provenienti da Corea del Nord e Siria, per gli iraniani ad eccezione dei programmi di studenti o di visti di scambio visitatori, per libici e yemeniti con visti di immigrazione, turistici e di affari, per eritrei, birmani, nigeriani, somali e kirghisi con visti d’immigrazione, per sudanesi e tanzaniani vincitori della green card lottery e da venezuelani con visti turistici e d’affari, oltre che appartenenti al Governo.
Nel Medio Oriente la Casa Bianca di Trump si è avvicinata alle posizioni dell’Arabia Saudita e di Israele, entrambi nemici dell’Iran. Una politica culminata nella firma degli "Accordi di Abramo". Il 5 settembre del 2020, alla Casa Bianca, si è tenuta la cerimonia della firma degli accordi tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein per la normalizzazione delle relazioni diplomatiche. Per Donald Trump è stata: «Una svolta storica per la pace nella regione». La firma è avvenuta a South Lawn, stesso luogo della firma degli Accordi di Oslo del 1993 con i palestinesi. Gli accordi firmati dai due Stati del Golfo rendono questi due paesi il terzo e il quarto tra gli Stati arabi a normalizzare le relazioni con Israele, dopo Egitto e Giordania, che hanno siglato trattati di pace nel 1979 e nel 1994. L’intesa, inoltre, potrà preparare il terreno alla clamorosa svolta dell’Arabia Saudita. Ammar Hijazi, vice ministro degli Affari multilaterali dell’Autorità Palestinese ha tuttavia commentato: «Per noi è un triste giorno. L’unica via per la pace è la fine della brutale occupazione israeliana e la garanzia ai palestinesi del loro diritto inalienabile all’autodeterminazione».
Per quanto riguarda i rapporti con l’Unione Europea e la NATO, se Obama prima aveva tentato di stringere i rapporti con l’Unione, grazie anche all'accordo commerciale, il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), Trump ha invece imposto dazi sulle importazioni di prodotti europei, che hanno preso di mira tutti i Paesi membri dell’Unione, anche se con diversa intensità. Alle elezioni del 2020, tenutesi in piena pandemia da Covid-19, Trump, candidatosi con i repubblicani per un secondo mandato alla guida della Casa Bianca, è stato battuto dal candidato democratico Joe Biden. Il 6 gennaio 2021, a Washington centinaia di manifestanti sostenitori di Trump hanno compiuto un assalto al Campidoglio degli Stati Uniti denunciando brogli elettorali e rivendicando la vittoria del loro leader: 5 i morti e oltre 50 le persone arrestate. Le elezioni del novembre 2024 a cui i democratici si sono presentati con la candidata Kamala Harris, scelta dal partito a pochi mesi dal voto per sostituire il presidente Biden per le sue precarie condizioni di salute, sono state vinte nuovamente da Trump con una larga maggioranza. Trump è il secondo presidente nella storia degli Stati Uniti a essere rieletto per un secondo mandato non consecutivo dopo Grover Cleveland (eletto nel 1884 e nel 1892) e il più anziano eletto.
Da un secolo a questa parte, gli Stati Uniti d’America sono all’avanguardia in campo economico, tecnologico e militare, un fatto che li eleva al rango di superpotenza mondiale, un primato incontrastato fino a poco tempo fa ma oggi sempre più messo in discussione dall'ascesa cinese. Ciò non mette gli USA al riparo da problemi e criticità tipiche del capitalismo, modello economico su cui il Paese ha basato la propria esistenza, fino a divenirne ambasciatore nel mondo. La vastità e le ricchezze naturali del territorio americano hanno permesso agli Stati Uniti di sfruttarne appieno le risorse disponibili. A cominciare dall’agricoltura, che dispone di immense e fertili pianure dove il grado di meccanizzazione ha permesso di ottimizzare la resa delle colture. Esistono nel Paese le cosiddette “belt” ovvero “cinture” che corrispondono a mono-coltivazioni intensive: tra le più note e redditizie, vi sono la cintura del grano, del mais, della soia, del latte e del cotone, quest’ultima oggi in parte sostituita da altri tipi di colture come il tabacco e le arachidi. Gli allevamenti sono altrettanto numerosi e ben organizzati, anche se sorprendono le quote d’importazione di bovini dall’estero. L’industria americana, pur conoscendo oggi una flessione dovuta anche al costo della manodopera (il problema della delocalizzazione ha minato in parte la struttura originaria industriale americana), è sospinta dall’alta tecnologia: nella Sun Belt, ovvero la “cintura del sole” corrispondente alla California, è attiva l’industria tecnologica e aeronautica, che non conoscono eguali per livello di innovazione. Per il resto, imponenti sono l’industria siderurgica, metallurgica, tessile, chimica, meccanica e automobilistica, cui corrispondono altrettante “cinture”. Si aggiunga la grande risorsa del petrolio, concentrato soprattutto in Texas, che alimenta il settore petrolchimico. Quanto agli scambi commerciali, il livello di frequenza è pari solo alla quantità di consumi dell’americano medio: nonostante il petrolio, il gas naturale, l’energia nucleare e le risorse idriche di cui il Paese dispone, la produzione energetica richiede importazioni in continuo aumento. A una più che elevata produttività corrispondono, infatti, altrettanto elevati livelli di consumo. Le vie di comunicazione del Paese sono grandemente sviluppate e assumono proporzioni gigantesche per movimentazione: ne sono un esempio i voli interni al Paese, che favoriscono anche il turismo. Una menzione a parte va fatta per l’industria cinematografica, che ha permesso al modello culturale americano di essere esportato e attecchire in numerose aree del mondo, pur se con effetti non sempre positivi.
Durante i quattro anni di Amministrazione Trump l'economia è cresciuta, seguendo però un trend che era cominciato durante la presidenza Obama. Nei primi tre anni del mandato di Trump, la crescita economica ha raggiunto un tasso annuale medio pari al 2,5%, mentre negli ultimi tre anni di presidenza Obama la crescita era stata del 2.3%. Ma la pandemia da Covid-19 ha cambiato tutto, asstestando un duro colpo all'economia americana e causando la contrazione più grave mai registrata. Nel febbraio del 2020 il tasso di disoccupazione era pari al 3.5%, il più basso in 50 anni. Nei tre anni precedenti alla pandemia erano stati creati 6,4 milioni di posti di lavoro in più, ma negli ultimi tre anni di Amministrazione Obama i posti di lavoro in più creati erano stati 7 milioni. L'inflazione relativo al 2020 oscilla tra il 2.1 e il 2.3%. Nel 2019 il tasso di inflazione negli Stati Uniti è stato pari all'1.8%, nel 2020 al 1.2%.
Il rischio terrorismo negli USA è medio, leggermente più alto di quello presentato dalle più grandi capitali europee. Gli eventi dell’11 settembre 2011 hanno senza dubbio accresciuto il livello di allerta nel Paese: il rischio di nuovi attentati è potenziale ma, allo stesso tempo, sono state adottate numerose misure preventive, sia all’interno del Paese che alle frontiere. In particolare, sono perennemente sotto monitoraggio porti, aeroporti, stazioni e punti di interesse, per evitare ogni possibile forma di attacco, anche attraverso mezzi chimici e batteriologici; sotto perenne osservazione sono anche le centrali nucleari, le infrastrutture civili e militari. A tal proposito, il Governo ha creato un intricato sistema di controllo, attraverso numerosi enti e organismi, con normative ad hoc, nonché approvato il Patriot Act ovvero una legge che conferisce maggiori poteri alla forze dell’ordine e ai servizi segreti, per ridurre le minacce terroristiche, a scapito della privacy dei cittadini. In seguito alla morte di Osama Bin Laden, l’effetto diretto è stato percepito principalmente nei luoghi dove è tuttora in corso il conflitto bellico, dunque in Afghanistan e nelle zone confinanti. Resta comunque alto il livello di allerta all’interno del Paese. Ciò nonostante gli Stati Uniti, essendo una superpotenza mondiale, sono presenti in numerosi teatri di guerra e basi americane hanno sede in numerosi luoghi della terra; per tale ragione, i rapporti con numerosi altri Paesi sono in divenire. Come già per Barack Obama, che ebbe l’onore di poter annunciare l’uccisione di Osama Bin Laden al mondo, Donald Trump ha dichiarato di aver eliminato il nemico numero uno dell’Occidente e non soltanto: Abu Bakr Al Baghdadi, il Califfo dello Stato Islamico. Il temuto leader dell’ISIS è stato ucciso nell'ottobre del 2019 in un raid americano a Barisha, nel governatorato di Idlib (nord della Siria), facendosi esplodere un attimo prima di essere catturato. Particolarmente tesi i rapporti tra Washington e Teheran. Con Donald Trump alla Casa Bianca, nel 2018, gli Stati Uniti hanno deciso di ritirarsi dall'accordo siglato nel 2015, il cosiddetto JCPOA, più conosciuto come Nuclear Deal, ripristinando le sanzioni secondarie contro Teheran e aumentando le pressioni sul governo iraniano. Dopo una serie di schermaglie reciproche, nel 2020, gli Usa hanno annunciato ulteriori sanzioni come conseguenza dell'attacco compiuto contro due basi militari irachene, una ritorsione per la morte del generale Qassem Suleimani ucciso da un drone americano a inizio gennaio 2020.
I rapporti con la Russia sono stati i più spinosi della politica estera degli Stati Uniti di Donald Trump a causa dell’interferenza russa nelle elezioni presidenziali del 2016 e il presunto aiuto dato alla campagna repubblicana. La commissione d’inchiesta, guidata dall’ex Direttore del Federal Bureau of Investigation (FBI) Robert S. Mueller, dopo mesi d’indagini ha accertato i tentativi di interferenza di Mosca nel processo elettorale statunitense, ma non ha trovato prove del coinvolgimento diretto del comitato elettorale di Trump, nonostante i sospetti fossero molti.
Particolarmente tesi sono anche i rapporti con la Cina, in particolare sul fronte del commercio, rapporti arrivati durante i quattro anni di Trump alla Casa Bianca a un punto di non ritorno. Da tempo Pechino persegue l'obiettivo di strappare a Washington il primato di potenza tecnologica. Con Trump, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni contro i funzionari cinesi per le violazioni dei diritti umani a Hong Kong e nella regione semiautonoma dello Xinjiang, hanno aumentato la vicinanza a Taiwan, rischiando di esacerbare il confronto nelle caldissime acque del Mar Cinese Meridionale. I negoziati per un accordo che ponga fine alla guerra commerciale sono ancora fermi. L'intenzione manifestata dal presidente eletto Biden sarebbe riscrivere le regole dell’Omc, portando Pechino ad adeguarsi ad esse, cooperando con gli alleati degli Stati Uniti. Biden, inoltre, ha espresso l'intenzione di rientrare nel Tpp, il trattato commerciale dell'era Obama pensato per fronteggiare la Cina unendo le forze Usa a quelle dei partner asiatici, anche se ha detto di volerlo rivedere in alcuni punti.
Quanto alla politica interna, dai primi giorni dell’ottobre 2011, la manifestazione Occupy Wall Street mobilita migliaia di persone per protestare contro la percepita diseguaglianza sociale ed economica che vige negli Stati Uniti: revisione del patto sociale e maggior parità di diritti le istanze presentate in piazza. Oakland, eletta capitale del movimento, si è fermata per uno sciopero generale il 2 novembre successivo. Scontri violenti tra polizia e manifestanti hanno portato all’arresto di decine di persone. Il rischio criminalità non è elevatissimo, bensì simile a quello delle maggiori città europee.I crimini violenti, collegati al traffico di droga, sono tipici delle aree di confine con il Messico, ovvero di Stati quali California, Arizona, New Mexico e Texas.
I problemi sociali sono diventati evidenti poco prima delle elezioni presidenziali del 2020, quando le tensioni razziali, mai davvero risolte negli Stati Uniti, sono sfociate in una vasta protesta civile, causata dalla morte di George Floyd a maggio dello stesso anno. Il video in cui l'agente di polizia Derek Chauvin tiene per molti minuti il suo ginocchio sul collo, ha avuto un'ampia diffusione sui media internazionali e ha condotto alle manifestazioni di protesta contro l'abuso di potere da parte della polizia.
Infine, la vastità del territorio statunitense e la doppia esposizione agli oceani comportano l’insorgere di eventi naturali di grande rilievo come inondazioni, tornado, tempeste di neve e improvvisi cambiamenti climatici.
Capitale: Washington D.C.
Ordinamento: Repubblica presidenziale
Superficie: 9.826.675 km²
Popolazione: 313.755.104
Religioni: protestante (51%), cattolica (24%)
Lingue: inglese (ufficiale), spagnolo
Moneta: dollaro statunitense (USD)
PIL: 21427.70 miliardi di dollari (USD) nel 2019
Livello di criticità: Basso
Con la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo nel 1492, inizia l’inarrestabile colonizzazione europea del continente americano, fatto che cambierà la storia moderna per sempre e porterà a numerose conseguenze, tra cui il lento sterminio di popolazioni e tribù native americane. La prima colonia ufficiale degli USA verrà fondata nel 1620 da un gruppo di puritani inglesi che, partiti da Plymouth in Inghilterra a bordo della Mayflower, sbarcheranno sulle coste nel Massachusetts. Nel 1776 gli Stati Uniti dichiarano la propria indipendenza dalla corona inglese e nel 1787 a Filadelfia viene approvata la Costituzione delle prime 13 colonie federate. Affrancatisi anche da Francia e Spagna, i coloni si spingono alla conquista del West, espandendo progressivamente i propri Stati fino a formare l’attuale numero di 50 (più il distretto federale di Washington). Il diverso grado di sviluppo economico e culturale sarà alla base della guerra civile che, dal 1861 al 1865, oppone gli Stati del Nord, più sviluppati e industrializzati, a quelli del Sud, centrati invece sull’agricoltura e il latifondo. Con la vittoria dei nordisti, si sancisce anche l’emancipazione dalla schiavitù e la popolazione nera ottiene per la prima volta il diritto al voto. Da allora in poi, il progresso economico, industriale e militare degli Stati Uniti conoscerà un incremento costante. Solo dopo la prima guerra mondiale, l’economia statunitense precipita rovinosamente e ci vorranno quasi venti anni (1929-1945) per emergere dalla depressione che aveva investito il Paese. Il secondo conflitto mondiale si rivela invece un’opportunità e vede il coinvolgimento delle flotte americane nel Pacifico, portando al combattimento diretto prima a Pearl Harbor e poi in Giappone, con il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki. Nel giugno del 1944, le truppe Usa sbarcano quindi in Europa, dalla Normandia e dalla Sicilia, sconfiggendo le truppe tedesche e puntando a Berlino, dove però giungeranno per prime le truppe sovietiche. In seguito alla vittoria militare, la Germania viene divisa in due blocchi, l’uno sotto influenza americana e l’altro sotto influenza sovietica; da qui avrà inizio la Guerra Fredda tra le due superpotenze. Il perenne scontro disarmato con l’URSS rappresenta per gli USA la difesa del sistema capitalista e la lotta al comunismo. Lo stesso intervento in Vietnam (1960-1975) è programmato per evitare che quel Paese, in balia di oppositori filo-marxisti, finisca sotto l’influenza di Mosca. L’azione si rivela però disastrosa e porta alla perdita di oltre mezzo milione di soldati, senza tuttavia riuscire nell’intento. La crisi dei missili di Cuba nel 1962 è il momento di maggior contrasto tra i due blocchi: solo lo smantellamento dei missili sovietici dall’isola, impedirà lo scoppio di un conflitto di proporzioni inimmaginabili. È un successo dell’amministrazione Kennedy, il presidente in carica assassinato l’anno seguente a Dallas. Con il passare degli anni, i rapporti con Mosca diventano via via più pacifici e nel 1991 - in seguito allo smembramento dell’URSS – gli USA restano l’unica superpotenza mondiale. Lo stesso anno iniziano le operazioni militari in Iraq, contro la dittatura di Saddam Hussein: questa esposizione internazionale, nel giro di poco tempo, provoca l’aumento del rischio di terrorismo islamico, in risposta agli interventi statunitensi. Dopo diversi attacchi, di poco rilievo, nel settembre 2001 quattro aerei di linea vengono dirottati su obiettivi sensibili statunitensi (World Trade Center e Pentagono), provocando la morte di circa tremila persone. L’attentato, rivendicato dalla rete terroristica di Al Qaeda, guidata da Osama Bin Laden, provoca la dura reazione del governo americano che, da allora, ha intrapreso la cosiddetta “guerra al terrorismo”globale, attaccando in primis il regime talebano in Afghanistan, ritenuto responsabile diretto degli attentati. Proprio in questo Paese, nel maggio del 2011, il numero uno di Al Qaeda muore in un conflitto a fuoco con le forze speciali della marina statunitense, sancendo la fine di un’era e aprendone, probabilmente, un’altra di cui però si disconosce ogni previsione. Il 6 novembre 2012 Barack Obama, primo presidente nero della storia americana, è rieletto alla Casa Bianca per un secondo mandato. La seconda parte della sua presidenza vede una lotta serrata con il Congresso, dove la maggioranza resta al partito repubblicano, che affossa uno dopo l'altro, le più importanti riforme varate dalla sua amministrazione, come quella sanitaria nota come "Obamacare". A succedergli, dopo una delle peggiori e più laceranti campagne presidenziali, è il noto imprenditore newyorchese Donald J.Trump. Il candidato repubblicano, dopo aver inflitto a Hillary Clinton una sonora sconfitta, è diventato ufficialmente il 45esimo presidente degli Stati Uniti d'America il 20 gennaio 2017.
Il primo provvedimento preso dal Trump appena eletto fu iniziare a demolire l’Obamacare, in vista della sua cancellazione, che sarebbe spettata al Congresso, all'epoca a maggioranza repubblicana. Una settimana dopo, Trump firmò “travel ban” o anche detto “Muslim ban” dai suoi contestatori. Il provvedimento vietava l’ingresso a persone provenienti da Paesi che non rientravano nei criteri stabiliti dalle leggi sull’immigrazione. Nella lista finirono l’Iran, l’Iraq, la Libia, la Somalia, il Sudan, la Siria e lo Yemen. La versione ora in vigore, prevede il divieto di entrata per le persone provenienti da Corea del Nord e Siria, per gli iraniani ad eccezione dei programmi di studenti o di visti di scambio visitatori, per libici e yemeniti con visti di immigrazione, turistici e di affari, per eritrei, birmani, nigeriani, somali e kirghisi con visti d’immigrazione, per sudanesi e tanzaniani vincitori della green card lottery e da venezuelani con visti turistici e d’affari, oltre che appartenenti al Governo.
Nel Medio Oriente la Casa Bianca di Trump si è avvicinata alle posizioni dell’Arabia Saudita e di Israele, entrambi nemici dell’Iran. Una politica culminata nella firma degli "Accordi di Abramo". Il 5 settembre del 2020, alla Casa Bianca, si è tenuta la cerimonia della firma degli accordi tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein per la normalizzazione delle relazioni diplomatiche. Per Donald Trump è stata: «Una svolta storica per la pace nella regione». La firma è avvenuta a South Lawn, stesso luogo della firma degli Accordi di Oslo del 1993 con i palestinesi. Gli accordi firmati dai due Stati del Golfo rendono questi due paesi il terzo e il quarto tra gli Stati arabi a normalizzare le relazioni con Israele, dopo Egitto e Giordania, che hanno siglato trattati di pace nel 1979 e nel 1994. L’intesa, inoltre, potrà preparare il terreno alla clamorosa svolta dell’Arabia Saudita. Ammar Hijazi, vice ministro degli Affari multilaterali dell’Autorità Palestinese ha tuttavia commentato: «Per noi è un triste giorno. L’unica via per la pace è la fine della brutale occupazione israeliana e la garanzia ai palestinesi del loro diritto inalienabile all’autodeterminazione».
Per quanto riguarda i rapporti con l’Unione Europea e la NATO, se Obama prima aveva tentato di stringere i rapporti con l’Unione, grazie anche all'accordo commerciale, il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), Trump ha invece imposto dazi sulle importazioni di prodotti europei, che hanno preso di mira tutti i Paesi membri dell’Unione, anche se con diversa intensità. Alle elezioni del 2020, tenutesi in piena pandemia da Covid-19, Trump, candidatosi con i repubblicani per un secondo mandato alla guida della Casa Bianca, è stato battuto dal candidato democratico Joe Biden. Il 6 gennaio 2021, a Washington centinaia di manifestanti sostenitori di Trump hanno compiuto un assalto al Campidoglio degli Stati Uniti denunciando brogli elettorali e rivendicando la vittoria del loro leader: 5 i morti e oltre 50 le persone arrestate. Le elezioni del novembre 2024 a cui i democratici si sono presentati con la candidata Kamala Harris, scelta dal partito a pochi mesi dal voto per sostituire il presidente Biden per le sue precarie condizioni di salute, sono state vinte nuovamente da Trump con una larga maggioranza. Trump è il secondo presidente nella storia degli Stati Uniti a essere rieletto per un secondo mandato non consecutivo dopo Grover Cleveland (eletto nel 1884 e nel 1892) e il più anziano eletto.
Da un secolo a questa parte, gli Stati Uniti d’America sono all’avanguardia in campo economico, tecnologico e militare, un fatto che li eleva al rango di superpotenza mondiale, un primato incontrastato fino a poco tempo fa ma oggi sempre più messo in discussione dall'ascesa cinese. Ciò non mette gli USA al riparo da problemi e criticità tipiche del capitalismo, modello economico su cui il Paese ha basato la propria esistenza, fino a divenirne ambasciatore nel mondo. La vastità e le ricchezze naturali del territorio americano hanno permesso agli Stati Uniti di sfruttarne appieno le risorse disponibili. A cominciare dall’agricoltura, che dispone di immense e fertili pianure dove il grado di meccanizzazione ha permesso di ottimizzare la resa delle colture. Esistono nel Paese le cosiddette “belt” ovvero “cinture” che corrispondono a mono-coltivazioni intensive: tra le più note e redditizie, vi sono la cintura del grano, del mais, della soia, del latte e del cotone, quest’ultima oggi in parte sostituita da altri tipi di colture come il tabacco e le arachidi. Gli allevamenti sono altrettanto numerosi e ben organizzati, anche se sorprendono le quote d’importazione di bovini dall’estero. L’industria americana, pur conoscendo oggi una flessione dovuta anche al costo della manodopera (il problema della delocalizzazione ha minato in parte la struttura originaria industriale americana), è sospinta dall’alta tecnologia: nella Sun Belt, ovvero la “cintura del sole” corrispondente alla California, è attiva l’industria tecnologica e aeronautica, che non conoscono eguali per livello di innovazione. Per il resto, imponenti sono l’industria siderurgica, metallurgica, tessile, chimica, meccanica e automobilistica, cui corrispondono altrettante “cinture”. Si aggiunga la grande risorsa del petrolio, concentrato soprattutto in Texas, che alimenta il settore petrolchimico. Quanto agli scambi commerciali, il livello di frequenza è pari solo alla quantità di consumi dell’americano medio: nonostante il petrolio, il gas naturale, l’energia nucleare e le risorse idriche di cui il Paese dispone, la produzione energetica richiede importazioni in continuo aumento. A una più che elevata produttività corrispondono, infatti, altrettanto elevati livelli di consumo. Le vie di comunicazione del Paese sono grandemente sviluppate e assumono proporzioni gigantesche per movimentazione: ne sono un esempio i voli interni al Paese, che favoriscono anche il turismo. Una menzione a parte va fatta per l’industria cinematografica, che ha permesso al modello culturale americano di essere esportato e attecchire in numerose aree del mondo, pur se con effetti non sempre positivi.
Durante i quattro anni di Amministrazione Trump l'economia è cresciuta, seguendo però un trend che era cominciato durante la presidenza Obama. Nei primi tre anni del mandato di Trump, la crescita economica ha raggiunto un tasso annuale medio pari al 2,5%, mentre negli ultimi tre anni di presidenza Obama la crescita era stata del 2.3%. Ma la pandemia da Covid-19 ha cambiato tutto, asstestando un duro colpo all'economia americana e causando la contrazione più grave mai registrata. Nel febbraio del 2020 il tasso di disoccupazione era pari al 3.5%, il più basso in 50 anni. Nei tre anni precedenti alla pandemia erano stati creati 6,4 milioni di posti di lavoro in più, ma negli ultimi tre anni di Amministrazione Obama i posti di lavoro in più creati erano stati 7 milioni. L'inflazione relativo al 2020 oscilla tra il 2.1 e il 2.3%. Nel 2019 il tasso di inflazione negli Stati Uniti è stato pari all'1.8%, nel 2020 al 1.2%.
Il rischio terrorismo negli USA è medio, leggermente più alto di quello presentato dalle più grandi capitali europee. Gli eventi dell’11 settembre 2011 hanno senza dubbio accresciuto il livello di allerta nel Paese: il rischio di nuovi attentati è potenziale ma, allo stesso tempo, sono state adottate numerose misure preventive, sia all’interno del Paese che alle frontiere. In particolare, sono perennemente sotto monitoraggio porti, aeroporti, stazioni e punti di interesse, per evitare ogni possibile forma di attacco, anche attraverso mezzi chimici e batteriologici; sotto perenne osservazione sono anche le centrali nucleari, le infrastrutture civili e militari. A tal proposito, il Governo ha creato un intricato sistema di controllo, attraverso numerosi enti e organismi, con normative ad hoc, nonché approvato il Patriot Act ovvero una legge che conferisce maggiori poteri alla forze dell’ordine e ai servizi segreti, per ridurre le minacce terroristiche, a scapito della privacy dei cittadini. In seguito alla morte di Osama Bin Laden, l’effetto diretto è stato percepito principalmente nei luoghi dove è tuttora in corso il conflitto bellico, dunque in Afghanistan e nelle zone confinanti. Resta comunque alto il livello di allerta all’interno del Paese. Ciò nonostante gli Stati Uniti, essendo una superpotenza mondiale, sono presenti in numerosi teatri di guerra e basi americane hanno sede in numerosi luoghi della terra; per tale ragione, i rapporti con numerosi altri Paesi sono in divenire. Come già per Barack Obama, che ebbe l’onore di poter annunciare l’uccisione di Osama Bin Laden al mondo, Donald Trump ha dichiarato di aver eliminato il nemico numero uno dell’Occidente e non soltanto: Abu Bakr Al Baghdadi, il Califfo dello Stato Islamico. Il temuto leader dell’ISIS è stato ucciso nell'ottobre del 2019 in un raid americano a Barisha, nel governatorato di Idlib (nord della Siria), facendosi esplodere un attimo prima di essere catturato. Particolarmente tesi i rapporti tra Washington e Teheran. Con Donald Trump alla Casa Bianca, nel 2018, gli Stati Uniti hanno deciso di ritirarsi dall'accordo siglato nel 2015, il cosiddetto JCPOA, più conosciuto come Nuclear Deal, ripristinando le sanzioni secondarie contro Teheran e aumentando le pressioni sul governo iraniano. Dopo una serie di schermaglie reciproche, nel 2020, gli Usa hanno annunciato ulteriori sanzioni come conseguenza dell'attacco compiuto contro due basi militari irachene, una ritorsione per la morte del generale Qassem Suleimani ucciso da un drone americano a inizio gennaio 2020.
I rapporti con la Russia sono stati i più spinosi della politica estera degli Stati Uniti di Donald Trump a causa dell’interferenza russa nelle elezioni presidenziali del 2016 e il presunto aiuto dato alla campagna repubblicana. La commissione d’inchiesta, guidata dall’ex Direttore del Federal Bureau of Investigation (FBI) Robert S. Mueller, dopo mesi d’indagini ha accertato i tentativi di interferenza di Mosca nel processo elettorale statunitense, ma non ha trovato prove del coinvolgimento diretto del comitato elettorale di Trump, nonostante i sospetti fossero molti.
Particolarmente tesi sono anche i rapporti con la Cina, in particolare sul fronte del commercio, rapporti arrivati durante i quattro anni di Trump alla Casa Bianca a un punto di non ritorno. Da tempo Pechino persegue l'obiettivo di strappare a Washington il primato di potenza tecnologica. Con Trump, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni contro i funzionari cinesi per le violazioni dei diritti umani a Hong Kong e nella regione semiautonoma dello Xinjiang, hanno aumentato la vicinanza a Taiwan, rischiando di esacerbare il confronto nelle caldissime acque del Mar Cinese Meridionale. I negoziati per un accordo che ponga fine alla guerra commerciale sono ancora fermi. L'intenzione manifestata dal presidente eletto Biden sarebbe riscrivere le regole dell’Omc, portando Pechino ad adeguarsi ad esse, cooperando con gli alleati degli Stati Uniti. Biden, inoltre, ha espresso l'intenzione di rientrare nel Tpp, il trattato commerciale dell'era Obama pensato per fronteggiare la Cina unendo le forze Usa a quelle dei partner asiatici, anche se ha detto di volerlo rivedere in alcuni punti.
Quanto alla politica interna, dai primi giorni dell’ottobre 2011, la manifestazione Occupy Wall Street mobilita migliaia di persone per protestare contro la percepita diseguaglianza sociale ed economica che vige negli Stati Uniti: revisione del patto sociale e maggior parità di diritti le istanze presentate in piazza. Oakland, eletta capitale del movimento, si è fermata per uno sciopero generale il 2 novembre successivo. Scontri violenti tra polizia e manifestanti hanno portato all’arresto di decine di persone. Il rischio criminalità non è elevatissimo, bensì simile a quello delle maggiori città europee.I crimini violenti, collegati al traffico di droga, sono tipici delle aree di confine con il Messico, ovvero di Stati quali California, Arizona, New Mexico e Texas.
I problemi sociali sono diventati evidenti poco prima delle elezioni presidenziali del 2020, quando le tensioni razziali, mai davvero risolte negli Stati Uniti, sono sfociate in una vasta protesta civile, causata dalla morte di George Floyd a maggio dello stesso anno. Il video in cui l'agente di polizia Derek Chauvin tiene per molti minuti il suo ginocchio sul collo, ha avuto un'ampia diffusione sui media internazionali e ha condotto alle manifestazioni di protesta contro l'abuso di potere da parte della polizia.
Infine, la vastità del territorio statunitense e la doppia esposizione agli oceani comportano l’insorgere di eventi naturali di grande rilievo come inondazioni, tornado, tempeste di neve e improvvisi cambiamenti climatici.