Turchia
Medio Oriente
La storia politica del Paese vede la Turchia moderna indissolubilmente legata alla figura del suo padre fondatore, Mustafa Kemal Atatürk che, con le sue riforme politiche, ha introdotto il concetto di laicità dello Stato e la modernizzazione dopo la fine dell’Impero ottomano, nel 1924. Questi principi sono stati difesi nel corso del tempo dalle istituzioni militari e giudiziarie, ma a partire dal 2002 si è affacciato sullo scenario politico interno il partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), un partito islamico guidato da Recep Tayyip Erdoğan, ininterrottamente alla guida del paese come premier dal 2003 e oggi divenuto presidente della Repubblica, carica ricoperta a partire dal 28 agosto 2014. Erdogan sta cercando di dare un’immagine moderata dell’AKP a livello internazionale, per fugare timori di una possibile islamizzazione del Paese e per evitare l’emergere di altri ostacoli alla possibilità di entrare in Europa. Rimane però l’obiettivo di reintrodurre l’Islam come elemento caratterizzante lo Stato da parte dell’AKP e questo ha creato non poche tensioni interne con i sostenitori della laicità. Il 1 novembre 2015 il partito AKP di Erdogan ha ottenuto una nuova maggioranza assoluta e Ahmet Davutog è stato confermato premier. Il 5 maggio del 2016 Davutoglu, dopo una serie di duri scontri con Erdogan sulla conduzione della politica interna e sul ruolo della Turchia nelle crisi in Medio Oriente, si è dimesso. Il suo posto è stato preso il 22 maggio da Binali Yildirim, ex ministro dei Trasporti e fedele alleato del presidente.
L'ultimo decennio ha rappresentato per la Turchia un periodo di profonda trasformazione che le ha consentito il passaggio da un'economia agricola a una industrializzata. Il Paese ha avviato il programma di risanamento economico del FMI che gli ha permesso, nonostante la crisi internazionale, di godere di una crescita economica sostenuta già a partire dal 2002. Nel 2009 la crescita ha subito un rallentamento, ma è ripresa nel secondo semestre del 2012. L'agricoltura costituisce ancora oggi una componente fondamentale dell'economia e, infatti, la Turchia è uno dei pochi Paesi al mondo autosufficienti dal punto di vista alimentare. Le coltivazioni principali riguardano: nocciole, lenticchie, cotone, grano, tè, cereali, frutta, legumi, ortaggi e tuberi. Tuttavia, l'impulso economico attuale è fortemente diretto verso il settore industriale, che rappresenta circa l'80% del valore della produzione. Il settore industriale più importante è il tessile, che fa della Turchia il principale fornitore dell’UE e uno tra i maggiori produttori mondiali. Altri settori importanti sono: il metallurgico, la trasformazione dei prodotti agricoli, l’automobilistico, l’elettronica e il petrolchimico. Oggi la Turchia è il più grande investitore straniero del Kurdistan iracheno.
In Turchia rimane l’annosa questione delle popolazioni curde stanziate sul proprio territorio con le rivendicazioni autonomiste del principale movimento, il PKK. A ciò si aggiungono gli attriti con le autorità curde dell’Iraq settentrionale (con esclusione di quelle operanti nel Kurdistan iracheno), accusate di non impedire che membri del PKK che risiedono su quel territorio compiano azioni in Turchia. A livello internazionale, altre criticità sono rappresentate dalla presenza di rifugiati siriani, in particolare di membri dell’Esercito Libero Siriano che dalla Turchia si organizzano contro il regime di Assad. La politica di supporto alle forze di opposizione siriane ha inoltre deteriorato i rapporti con l’Iran. Sul piano interno, oltre alla questione curda, il governo di Ankara deve fare i conti con la presenza di movimenti terroristici islamici, in particolare il movimento dell’Hezbollah turco, e con l’opposizione dell’establishment militare che vede nell’AKP una minaccia alla laicità e un veicolo di islamizzazione della società. Il governo Erdogan ha già portato avanti delle epurazioni all’interno dell’istituzione e disinnescato tentativi golpisti, ma questo ha avviato in seno al Paese una lotta per il potere ancora in atto. Durante le ultime manifestazioni antigovernative di piazza, in particolar modo, si sono verificati gravi attentati che hanno fatto parlare di "strategia della tensione" in seno al paese. Gli attentati, rivolti contro civili curdi, sono seguiti ad altre parallele attività terroristiche, portate avanti dall'organizzazione marxista Dhkp-C. In seguito all'aggravarsi della guerra di Siria, inoltre, la Turchia ha avviato operazioni militari e approntato bombardamenti aerei in territorio siriano, rivolti principalmente contro i curdi del PKK.
Capitale: Ankara
Ordinamento: Repubblica parlamentare
Superficie: 783.562 km²
Popolazione: 80.694.485
Religioni: Islam (99%), altre
Lingue: turco, curdo
Moneta: lira turca (TRY)
PIL: 15.200 USD
Livello di criticità: Basso
La storia politica del Paese vede la Turchia moderna indissolubilmente legata alla figura del suo padre fondatore, Mustafa Kemal Atatürk che, con le sue riforme politiche, ha introdotto il concetto di laicità dello Stato e la modernizzazione dopo la fine dell’Impero ottomano, nel 1924. Questi principi sono stati difesi nel corso del tempo dalle istituzioni militari e giudiziarie, ma a partire dal 2002 si è affacciato sullo scenario politico interno il partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), un partito islamico guidato da Recep Tayyip Erdoğan, ininterrottamente alla guida del paese come premier dal 2003 e oggi divenuto presidente della Repubblica, carica ricoperta a partire dal 28 agosto 2014. Erdogan sta cercando di dare un’immagine moderata dell’AKP a livello internazionale, per fugare timori di una possibile islamizzazione del Paese e per evitare l’emergere di altri ostacoli alla possibilità di entrare in Europa. Rimane però l’obiettivo di reintrodurre l’Islam come elemento caratterizzante lo Stato da parte dell’AKP e questo ha creato non poche tensioni interne con i sostenitori della laicità. Il 1 novembre 2015 il partito AKP di Erdogan ha ottenuto una nuova maggioranza assoluta e Ahmet Davutog è stato confermato premier. Il 5 maggio del 2016 Davutoglu, dopo una serie di duri scontri con Erdogan sulla conduzione della politica interna e sul ruolo della Turchia nelle crisi in Medio Oriente, si è dimesso. Il suo posto è stato preso il 22 maggio da Binali Yildirim, ex ministro dei Trasporti e fedele alleato del presidente.
L'ultimo decennio ha rappresentato per la Turchia un periodo di profonda trasformazione che le ha consentito il passaggio da un'economia agricola a una industrializzata. Il Paese ha avviato il programma di risanamento economico del FMI che gli ha permesso, nonostante la crisi internazionale, di godere di una crescita economica sostenuta già a partire dal 2002. Nel 2009 la crescita ha subito un rallentamento, ma è ripresa nel secondo semestre del 2012. L'agricoltura costituisce ancora oggi una componente fondamentale dell'economia e, infatti, la Turchia è uno dei pochi Paesi al mondo autosufficienti dal punto di vista alimentare. Le coltivazioni principali riguardano: nocciole, lenticchie, cotone, grano, tè, cereali, frutta, legumi, ortaggi e tuberi. Tuttavia, l'impulso economico attuale è fortemente diretto verso il settore industriale, che rappresenta circa l'80% del valore della produzione. Il settore industriale più importante è il tessile, che fa della Turchia il principale fornitore dell’UE e uno tra i maggiori produttori mondiali. Altri settori importanti sono: il metallurgico, la trasformazione dei prodotti agricoli, l’automobilistico, l’elettronica e il petrolchimico. Oggi la Turchia è il più grande investitore straniero del Kurdistan iracheno.
In Turchia rimane l’annosa questione delle popolazioni curde stanziate sul proprio territorio con le rivendicazioni autonomiste del principale movimento, il PKK. A ciò si aggiungono gli attriti con le autorità curde dell’Iraq settentrionale (con esclusione di quelle operanti nel Kurdistan iracheno), accusate di non impedire che membri del PKK che risiedono su quel territorio compiano azioni in Turchia. A livello internazionale, altre criticità sono rappresentate dalla presenza di rifugiati siriani, in particolare di membri dell’Esercito Libero Siriano che dalla Turchia si organizzano contro il regime di Assad. La politica di supporto alle forze di opposizione siriane ha inoltre deteriorato i rapporti con l’Iran. Sul piano interno, oltre alla questione curda, il governo di Ankara deve fare i conti con la presenza di movimenti terroristici islamici, in particolare il movimento dell’Hezbollah turco, e con l’opposizione dell’establishment militare che vede nell’AKP una minaccia alla laicità e un veicolo di islamizzazione della società. Il governo Erdogan ha già portato avanti delle epurazioni all’interno dell’istituzione e disinnescato tentativi golpisti, ma questo ha avviato in seno al Paese una lotta per il potere ancora in atto. Durante le ultime manifestazioni antigovernative di piazza, in particolar modo, si sono verificati gravi attentati che hanno fatto parlare di "strategia della tensione" in seno al paese. Gli attentati, rivolti contro civili curdi, sono seguiti ad altre parallele attività terroristiche, portate avanti dall'organizzazione marxista Dhkp-C. In seguito all'aggravarsi della guerra di Siria, inoltre, la Turchia ha avviato operazioni militari e approntato bombardamenti aerei in territorio siriano, rivolti principalmente contro i curdi del PKK.