I numeri al Senato, per la maggioranza di Governo, sono sempre più risicati
Al momento, i giallorossi dispongono sulla carta di 174 voti favorevoli così distribuiti: i 5 Stelle (il più numeroso tra le forze di maggioranza) conta attualmente 92 membri, segue il PD a quota 35 senatori, Italia Viva – Psi con 18, il gruppo Per le Autonomie con 9 membri. Il raggruppamento su cui ad ogni votazione si puntano gli occhi è il Misto, che allo stato attuale è composto da 20 membri: oltre ai 5 esponenti di Liberi e Uguali, sono presenti diversi ex M5S che, solitamente, votano in linea con la maggioranza giallorossa. Ma il voto favorevole non è mai scontato, basti ricordare l’operazione che portò alla sfiducia del Governo Prodi II, per ragioni politiche e anche per assenze dovute al Covid. Infine, c’è da considerare la presenza o meno dei 6 senatori a vita e il loro eventuale orientamento sul voto (che, normalmente, è in linea con la maggioranza).
Proprio a causa dell’esiguità dei numeri, negli ultimi giorni si lavora per allargare il perimetro della maggioranza a Forza Italia – anche se in realtà ci si pensa da quest’estate: i primi contatti sono di luglio, quando Gianni Letta incontrò Di Maio e Giuseppe Conte. Lo stesso Berlusconi, in un’intervista a «La Repubblica», non escluse un eventuale appoggio al Governo «con una nuova maggioranza». E negli ultimi tempi c’è stata proprio un’accelerazione in questa direzione.
Nelle scorse settimane, la Commissione Affari Costituzionali del Senato ha infatti approvato il “Decreto Covid”, aggiungendo un emendamento riguardante il settore delle telecomunicazioni, in difficoltà a seguito della pandemia.
Presentato dalla relatrice Valente (PD) – ma condiviso anche dal Premier, dal Ministro dello Sviluppo Patuanelli e dal Ministro dell’Economia Gualtieri- è stato votato anche da Forza Italia (unica forza dell’opposizione a votare a favore). L’emendamento prevede l’obbligo da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di avviare un’istruttoria nel caso in cui un’azienda straniera volesse acquistare partecipazioni di un gruppo italiano operante nelle TLC, per evitare che l’eventuale acquisto non produca “effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo”.
La ratio legis dell’emendamento va ricercata nel vuoto normativo venutosi a creare a seguito della bocciatura da parte della Corte di Giustizia UE, di una rilevante parte della «Legge Gasparri» sulle telecomunicazioni. Ne nascerebbe quindi una sorta di “golden power” da parte dell’AgCom per proteggere le aziende italiane; soprattutto, però è sembrato un assist a Berlusconi, che è alle prese da anni con il gruppo francese “Vivendi” che vorrebbe acquistare una quota di Mediaset (e sono stati proprio i transalpini a rivolgersi alla Corte UE, da cui nasce il vuoto normativo) per divenirne praticamente il proprietario.
Dopo l’approvazione di questo emendamento, parte dell’opposizione è sembrata ben disposta al dialogo col Governo, anche per quanto riguarda l’approvazione della legge di Bilancio; un confronto maggioranza-opposizione che avrebbe importanti risvolti politici.
Infatti un eventuale allargamento della maggioranza agli esponenti “azzurri” aprirebbe la strada a un rimpasto governativo – che è una delle richieste di Matteo Renzi e di parte del PD – e come effetto avrebbe una messa in disucssione della centralità di Conte e di alcuni Ministri in quota M5S. Servirebbe inoltre a dividere la parte moderata del centrodestra da Salvini e Meloni (che, sul Decreto Covid contenente il discusso emendamento hanno, infatti, già presentato una pregiudiziale d’ incostituzionalità alla Camera), mettendo in crisi i rapporti all’interno dell’opposizione.
Se davvero i forzisti dovessero garantire l’appoggio esterno al Governo – se non addirittura entrare nell’esecutivo – questo garantirebbe a Berlusconi uno spazio di manovra importante per la scelta del successore di Matterella. Una sorta di riedizione del «Patto del Nazareno» che, però, potrebbe creare non pochi problemi in casa pentastellata, reduce dal congresso nelle scorse settimane, che ha diviso ancora di più il maggior partito dell’area governativa.
Non sarebbe infatti facile spiegare ai propri elettori la necessità del patto con l’eterno nemico Berlusconi, oltre a quello, già in atto, con Renzi e il PD e dopo un anno passato a governare con la Lega. Questo a causa della bussola del Movimento, che per anni è stata il “no alle alleanze. Inoltre, agli occhi dell’elettorato, un patto del genere non risulterebbe credibile visto che, nel 2014 e proprio sul “Patto del Nazareno” il deputato Coletti presentò un esposto alla procura di Roma. “Per accertare l’esistenza e il contenuto del patto del Nazareno – così Coletti nel 2014 – ho chiesto di verificare se il patto sia stato effettivamente preordinato a pilotare illegittimamente le riforme in atto nel Paese e a decidere chi nominare come futuro inquilino del Colle”.
In sintesi: forse la maggioranza si tingerà di azzurro, ma potrebbe perdere un po’ di tonalità gialla.
Michele Rosini
Nato a Livorno nel 1989, studia studia Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l'Università di Pisa. Appassionato di geopolitica e politica italiana. Europeista e atlantista, parla fluentemente inglese e spagnolo, un po' di tedesco e di olandese.
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