Le politiche repressive Iran

L’Unione Europea torni a porre al centro dell’attenzione politica la violazione dei diritti umani fondamentali con l’aggiornamento della lista UE dei soggetti a misure restrittive per gravi violazioni dei diritti umani in Iran. L’organizzazione Nessuno tocchi Caino chiede alle autorità europee di far prevalere la diplomazia dei diritti e il rispetto dei diritti umani come processo di azione della casa europea. Sotto accusa vi è la Repubblica islamica dell’Iran. Nessuno tocchi Caino chiede di inserire 23 esponenti del regime iraniano, responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, nell’elenco dell’Unione Europea delle persone destinatarie alle misure restrittive in vista della sua revisione prevista entro il 13 aprile 2020.

Alcuni dei protagonisti del dossier, che raccoglie i 23 esponenti del regime, hanno avuto un ruolo centrale nel massacro di oltre 30mila prigionieri politici. Tra gli esponenti della Repubblica islamica citati dall’organizzazione nel suo dossier figurano il capo della magistratura Ebrahim Raisi, il ministro delle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione Mohammad-Javad Azari Jahromi, il ministro dell’Intelligence Mahmoud Alavi, il ministro dell’Interno Rahmani Fazli, il capo dei Pasdaran, il generale Hossein Salami ed il nuovo comandante della Forza Quds, il generale Esmail Ghaani. Tra i vari personaggi, protagonisti di atroci sofferenze, ricordiamo Ebrahim Raisi, Capo della Magistratura, che nel corso della sua carriera ha accusato, detenuto, torturato e giustiziato moltissimi detenuti dopo aver fatto parte, insieme a chi oggi è suo consigliere, Mostafa Pourmohammadi, di quella “Commissione della morte” che ha messo in atto il massacro di almeno 30 mila prigionieri politici nel 1988. Tra le personalità del regime che meritano attenzione, ritroviamo il giovane Ministro delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, il trentenne Mohammad-Javad Azari Jahromi, che ha giocato un ruolo determinante nella campagna di repressione, controllo e censura che il Governo iraniano ha messo in atto durante la rivolta iniziata nel novembre 2019 nei confronti degli attivisti, bloccando l’accesso alla rete e ai social network, si pensi all’importanza di Twitter per gli attivisti iraniani, per diversi giorni.

VAI A: I VOLTI DEL REGIME IRANIANO

Una sistematica repressione dei diritti fondamentali in Iran che procede anche negli ultimi mesi, richiamando l’attenzione internazionale di molti media e organizzazioni non governative. I tribunali rivoluzionari iraniani hanno notevolmente inasprito la repressione degli atti pacifici di resistenza da parte dei difensori dei diritti delle donne che protestano contro l’obbligo di indossare l’hijab, aumentando tra l’altro la durata delle pene detentive che, secondo le Nazioni Unite, dal 2018 almeno 32 persone sono state arrestate e almeno 10 incarcerate per aver protestato contro l’uso obbligatorio dell’hijab. Inoltre, le attiviste iraniane Mojgan Keshavarz, Monireh Arabshahi e Yasaman Aryani sono state arbitrariamente incarcerate nell’aprile 2019 dopo la pubblicazione di un video online in cui appaiono a capo scoperto, in segno di protesta pacifica contro le leggi iraniane sul velo obbligatorio, mentre porgono fiori nella metropolitana di Teheran l’8 marzo 2019, giornata internazionale della donna.

Ricordiamo anche il caso di Sahar Khodayari, una donna iraniana arrestata per aver tentato di assistere a una partita di calcio in uno stadio e successivamente si è data fuoco per protesta dopo aver appreso di poter incorrere per le sue azioni in una pena detentiva di sei mesi. Anche i cittadini con doppia cittadinanza UE-iraniana continuano a subire arresti, accompagnati da lunghi periodi di isolamento e interrogatori, dalla mancata garanzia di un processo equo e giusto e da sentenze di condanna a lunghe pene detentive fondate su accuse vaghe o non precisate che adducono motivi di “sicurezza nazionale” e “spionaggio”, nonché da campagne denigratorie promosse dal regime nei confronti delle persone incarcerate.

L’Iran non riconosce la doppia nazionalità, il che limita l’accesso delle ambasciate straniere ai propri cittadini detenuti nel paese. Ricordiamo che almeno sei persone con doppia cittadinanza UE-iraniana, compresi Nazanin Zaghari-Ratcliffe, Ahmadreza Djalali, Kamal Ahmady, Kamran Ghaderi, Massud Mossaheb e Morad Tahbaz, sono attualmente detenute in Iran. Con l’inserimento nella lista dei 23 esponenti del regime, gli attivisti di Nessuno tocchi Caino, insieme a personalità di spessore quali l’ambasciatore e già ministro degli Esteri Giulio Terzi, augurano che l’UE possa avere l’occasione di esprimere solidarietà agli attivisti per i diritti umani nel paese e al popolo iraniano, oppresso da 40 anni, evitando complicità nei crimini commessi e preservando la credibilità del proprio impegno a tutela e promozione dei diritti umani e dello Stato di Diritto.

La campagna può essere importante anche per chiedere alle autorità iraniane di annullare tutte le sentenze politiche avviate e rilasciare Mojgan Keshavarz, Yasaman Aryani, Monireh Arabshahi, Saba Kord-Afshari e Atena Daemi, impegnate nella difesa dei diritti delle donne che protestano contro l’uso obbligatorio dell’hijab, senza dimenticare Nasrin Sotoudeh, Narges Mohammadi, Sepideh Gholian, Sanaz Allahyari, Asal Mohammadi, Marzieh Amiri e Atefeh Rangriz e tutti i difensori dei diritti umani detenuti e condannati semplicemente per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica.

Photo: Azari-Jahromi, credit: Mojtaba Mohammadloo