Il governatore di Porto Rico Ricardo Rosselló si è dimesso dopo la pubblicazione di centinaia di intercettazioni che contenevano commenti scandalosi, omofobi e illegali. Nell’isola ci sono state molte proteste, le più imponenti nella storia recente, i manifestanti hanno bloccato il traffico nella capitale San Juan e hanno occupato le strade formando code lunghe chilometri. Pochi giorni dopo lo scandalo, riferisce Agenzia Nova, il Centro di Giornalismo Investigativo di Porto Rico ha diffuso un reportage nel quale vengono riportate alcune conversazioni private scomode tra il governatore Rosselló e diversi persone del suo gabinetto. Nelle oltre 900 pagine di conversazioni e commenti scambiati attraverso la chat di Telegram, tra dicembre 2018 e il gennaio 2019, sono state trovate anche macchinazioni per danneggiare la reputazione di politici dell’opposizione o di funzionari federali. Scrive Maurizio Stefanini:
Ha annunciato le sue dimissioni a partire dal 2 agosto “alle 5 della sera” il governatore di Porto Rico Ricardo “Ricky” Rosselló, dopo 12 giorni di proteste che lunedì avevano mandato in piazza mezzo milione di persone. Una cifra record, per un’isola che ha 3,7 milioni di abitanti. A scatenare la rivolta finale è stato lo scandalo variamente definito Telegramgate, Chatgate o Rickyleaks. Quarant’anni, laurea al Mit, figlio di un altro governatore, esponente di quel Partito Nuovo Progressista che vuole fare di Porto Rico il 51esimo stato americano, in carica dal 2 gennaio del 2017, Rosselló si era reso subito impopolare per vari scandali e per la cattiva gestione delle conseguenze dell’Uragano María del settembre 2017, che aveva fatto 2.975 morti. Ma per oltre un anno il governo ne ha ammessi solo 64, fino a quando le proteste non lo hanno obbligato a nominare una commissione indipendente che ha fatto un altro conteggio. Nel maggio del 2017, inoltre, Porto Rico ha dichiarato un default da 70 miliardi di dollari.
Lo scorso 13 luglio sono il Centro di Giornalismo Investigativo di Porto Rico ha pubblicato 889 messaggi intercorsi via Telegram tra il governatore e 11 suoi collaboratori, pieni di contenuti che hanno fatto inferocire un po’ tutti. Rosselló ha prima provato a chiedere scusa, spiegando che un certo tipo di linguaggio veniva usato semplicemente per smaltire goliardicamente la tensione in giornate di forte stress lavorativo. Ha poi promesso che non si sarebbe ricandidato, si è dimesso dalla presidenza del partito, ma infine ha ceduto quando mercoledì la Camera dei Rappresentanti ha istituito una Commissione di tre giuristi per esaminare se nelle chat non vi fossero reati. Nel frattempo si erano dimessi altri 14 esponenti e funzionari della sua amministrazione, tra cui gli altri 11 apparsi nella chat.
La pubblicazione è venuta a opera di un Centro di Giornalismo Investigativo, tre giorni dopo che l’Fbi aveva arrestato due ex funzionari di Rosselló nell’ambito di una inchiesta federale su corruzione connessa a programmi di salute e educazione. Il Centro dice di aver ricevuto il materiale “da una fonte anonima”. A Porto Rico nel 1982 una sentenza del Tribunale Supremo dichiarò che l’accesso all’informazione pubblica è un diritto costituzionale, per cui nessuno ha fatto obiezioni sulla possibile legalità dell’intercettazione.
I media internazionali si sono soffermati in particolare sui contenuti sessisti e omofobi. Ma si faceva anche del pesante sarcasmo sulle vittime dell’uragano María, “ammucchiate” negli Istituti di Medicina Legale per mancanza di fondi e personale. Altri messaggi ammettevano intrallazzi, favoritismi e assegnazioni clientelari di appalti e contratti. E altri ancora insultavano funzionari e giornalisti.
Martedì un giudice ha emesso un ordine di registro dei telefoni cellulari dei funzionari di governo coinvolti nella chat, con la presunzione che avessero potuto utilizzare quel canale per trasmettere informazione ufficiale e confidenziale a cittadini privati, in violazione alle “leggi etiche”. Secondo la Commissione dei tre Giuristi nei leaks si configurerebbero ben cinque reati, di cui quattro gravi: malversazione di fondi pubblici, negligenza nel compimento dei propri doveri, sfruttamento illecito di lavori o servizi pubblici, violazione della “legge etica”. Il quinto, meno grave, sarebbe quello di “depravazione”.
Pubblicato su Il Foglio, leggi l’articolo nella versione integrale
Foto di copertina: i manifestanti si sono radunati fuori a San Juan, Porto Rico, a luglio 15. (Foto: YouTube)
Maurizio Stefanini
Romano, classe 1961, maturità classica, laurea in Scienze Politiche alla Luiss, giornalista dal 1988. Specialista in America Latina, Terzo Mondo, movimenti politici comparati, approfondimenti storici.
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