Il vecchio continente versa in uno stato di profonda angustia, frammista a risentimento e nostalgia per un passato che non potrà tornare, una volta disintegrata l’Unione Europea. Questi sentimenti si nutrono giorno dopo giorno di ignoranza, populismo, angoscia, demagogia, disinformazione, ed è prevedibile che si determini l’implosione dell’intero sistema perché in Europa, come ha sostenuto George Friedman: «historically conflict is due to emerge again».
Le istituzioni comuni europee, peraltro, sono state concepite per amministrare la prosperità nella libertà, più che per governare la complessità di spirali recessive. Dopo il crollo del muro di Berlino, stati dittatoriali, partiti estremisti, fazioni terroristiche, mafie, hanno acquisito una forza eccezionale e, sfruttando la crisi delle élites pubbliche, hanno minato il modello democratico.
Russia, Cina, Iran, non sono nazioni democratiche. In paesi europei come Italia, Francia, Ungheria, ma anche in Turchia, Filippine, Sudafrica, Bangladesh, Tanzania, si assiste al declino della legal civilisation, al diffondersi di una disposizione naturale delle persone all’accettazione di comportamenti illiberali, che possono soltanto spianare la strada a sistemi autocratici. Per tacere dello Jihādismo, la cui strategia, lontana dall’essersi esaurita, è atta a destabilizzare l’ordine politico di stati e modelli politici già fragili, in Asia e in Africa.
Per facilità di espressione, chiameremo queste entità col nome di forze dispotiche, soggetti in grado di armonizzare i propri interessi geostrategici in funzione anti-occidentale. Spiegava Giovanni Sartori: «In passato il dittatore rovesciava la democrazia, il passaggio all’autocrazia era manifesto, rivoluzionario. Oggi questo processo avviene senza alcuna rivoluzione, senza neppure bisogno di riforme. Il caso più potente è la Russia di Putin: formalmente resta un sistema semipresidenziale, ma di fatto un uomo solo si è impadronito del potere e di tutti i contropoteri previsti per contrastarlo».
Per dare vita alla propria egemonia, le forze dispotiche si scambiano informazioni e condividono know-how e infrastrutture, tecnologie militari e civili; non si limitano a reprimere le voci del dissenso interno, bensì utilizzano un ventaglio di strumenti per influenzare il quadro politico dei paesi democratici. Le élites pubbliche occidentali sottovalutano l’attacco sferrato dalle forze dispotiche per manipolare l’opinione pubblica europea e americana, sottovalutano il livello dello scontro tra la società aperta e i suoi nemici. I mezzi di penetrazione usati sono antichi e moderni: la televisione, la radio, la carta stampata, l’incremento di istituti di studio e di cultura, gli investimenti nel business sportivo, l’aiuto occulto fornito a partiti e movimenti politici in Occidente, tramite informazioni e denaro, la cosiddetta «disinformazione sistematica e intenzionale» che ha ben precisi mandanti e dilaga sul web.
La Cina investe ogni anno nella cosiddetta “informazione internazionale” un budget superiore a 8 miliardi di Euro. Un capitale ingente, che pure è lecito calcolare per difetto, usato per plasmare una realtà parallela ad uso e consumo del pubblico occidentale. Il governo russo, che in patria controlla le e-mail, le chiamate, il traffico in rete dei politici dell’opposizione e dissidenti, attraverso SORM e SORM-2, all’estero sostiene regimi autoritari come quelli siriano, venezuelano, coreano, condiziona la politica americana ed europea.
Cina e Russia comprendono meglio dei paesi europei come siano cruciali l’intelligence, il possesso e l’uso di informazioni e la diffusione delle idee, sicché investono in modo formidabile anche in quelle infrastrutture capaci di avere una proiezione internazionale, sviluppate per delegittimare i valori della società aperta. Gran parte della programmazione di holding della comunicazione come RT in Russia e CGTN in Cina, è diretta a criticare l’Occidente e pronosticarne il declino.
La stabilità tra le aree di influenza è perturbata, essa produce un’oscillazione perché siamo vicini ad un punto di rovesciamento che sposterebbe l’equilibrio a favore delle forze dispotiche. Se un simile cambiamento si verificasse, sarebbe la nostra libertà a cedere il passo a una definitiva prospettiva panottica. La minaccia che queste entità rivolgono al nostro modello di vita richiede una risposta ferrigna e, forse, preventiva. Qualsiasi infrastruttura digitale che aspiri a sostituire le élites con il web, dove la metà di ciò che si vede non esiste e l’altra metà non corrisponde a ciò che appare, facendo leva su una mera ipotesi di democrazia orizzontale, rappresenta una minaccia rivolta contro le nostre vite.
Storicamente, è nell’ordine naturale delle cose che il grande numero sia governato e il piccolo numero governi. Le procedure democratiche e le norme giuridiche si sono evolute congiuntamente, dalla Magna Charta Libertatum fino all’età contemporanea, grazie alla sollevazione contro i tiranni e alla guida di élites, stigmatizzando quella tirannia della maggioranza evocata da Madison, Tocqueville, Stuart Mill.
In presenza di un vero e proprio collasso del sistema liberale occidentale, la democrazia sta degenerando con un’accelerazione mai vista prima, benché sia riuscita a sconfiggere totalitarismi come il Nazismo e il Comunismo. A questo ritmo, assisteremo ad un fortissimo conflitto politico-sociale che spianerà la strada alle forze dispotiche, saldandosi con una nuova egemonia di formule e visioni nazionali di tipo sovranista, pauperista, neo-statalista. L’odore del sangue segue il fallimento sistemico del system of origin rules come la notte segue il giorno.
Marco Rota
Consulente strategico e analista delle Relazioni Internazionali
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