Il Canada ha classificato “Proud Boys” come gruppo terroristico, a causa della loro responsabilità nell’organizzare e condurre l’attacco al Congresso statunitense lo scorso 6 gennaio, portato a termine da un folla di manifestanti pro-Trump. Il governo canadese è il primo al mondo a definirli così ufficialmente.
Chi sono I Proud Boys? Lo spiega Federico Leoni nel libro appena uscito in libreria “Fascisti d’America”, di cui pubblichiamo un estratto:
I Proud Boys sono stati creati nel 2016 da Gavin McInnes, cofondatore di Vice Media. Siamo «sciovinisti occidentali che rifiutano di sentirsi in colpa per aver creato il mondo moderno», ha scritto McInnes «e rimpiangono i giorni in cui le donne erano donne e gli uomini uomini». Il nome deriva da Proud of Your Boy, un brano del musical Aladdin: «Supererò quest’epoca folle, confusa e incasinata», dice il pezzo. Certo i ragazzi di McInnes sembrano aggravare la confusione, piuttosto che contribuire a superarla.
I Proud Boys sono l’unico movimento che dichiara esplicitamente di appartenere all’alt-lite, respingendo con questo gli estremismi della destra più a destra. Nonostante ufficialmente respingano la violenza, però, sono finiti nei guai più di una volta, agitando mazze, spranghe e ogni tanto pistole. È successo a Manhattan, a Portland, nel Michigan e nel Rhode Island. E anche questo è un elenco incompleto.
«Non siamo un gruppo d’odio», ribadiscono i Proud Boys, che hanno fatto causa al Southern Poverty Law Center per averli inseriti nella lista degli hate groups. «Non siamo neppure razzisti», aggiungono. Il loro leader, d’altra parte, è l’afro-cubano Enrique Tarrio. La faccenda, però, è un po’ più complicata, come dimostra il fatto che l’atto di fondazione dei Proud Boys sia un editoriale comparso sulla testata suprematista Taki’s Magazine. Forse per capire come la pensa McInnes sulla questione razziale, conviene rifarsi a una sua frase nello stesso tempo sibillina ed eloquente:
«Se ti piace Trump sei come un nero che nel 1945 cerca di bere a una fontana pubblica». Come a dire, va bene gli afroamericani, ma la minoranza oppressa adesso siamo noi. A differenza di altre organizzazioni dalla struttura più lasca, i Proud Boys hanno le regole e i riti di una confraternita.
Ai raduni si va con una polo nera dai bordini gialli, e pazienza se la Fred Perry si è infuriata per l’utilizzo dei suoi capi.
Chi vuole aderire al gruppo deve superare una serie di prove d’iniziazione. Per diventare un membro di primo livello basta recitare il credo dei Proud Boys: «Sono un orgoglioso sciovinista occidentale, rifiuto di scusarmi» eccetera, eccetera.
Al secondo livello si accede citando cinque marche di cereali mentre si viene picchiati dai compagni. Per il terzo livello serve un tatuaggio: l’acronimo Poyb è il più gettonato (sta per Proud of Your Boy), ma va forte anche la parola Uhuru, che in Swahili significa «libertà».
Il quarto livello è un grado onorario, e spetta solo a chi «compie un sacrificio materiale al servizio di un fratello». C’entra la violenza. Subìta, però, non esercitata, almeno a detta di McInnes: «Il quarto livello è un premio di consolazione per essere finito in una situazione di merda ed essere riuscito a uscirne vivo».
Leggi anche: ASSALTO AL CONGRESSO, LA SOTTOVALUTAZIONE DELL’ADUNATA PRO-TRUMP
“Proud Boy Demonstrator, May Day 2017” by AdamCohn is licensed under CC BY-NC-ND 2.0
Redazione
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