La Banca centrale cinese (Banca del popolo cinese, Pboc) ha affermato che l’impatto del coronavirus sull’economia sarà limitato poiché l’epidemia non ha cambiato i fondamenti economici del paese. Lo scrive Agenzia Nova. In una dichiarazione del 19 febbraio, la Pboc ha affermato che avrebbe contribuito agli sforzi antivirus estendendo il credito, anche fornendo prestiti o tassi di interesse favorevoli alle società coinvolte nel controllo dell’epidemia. Nel suo rapporto sull’attuazione della politica monetaria del quarto trimestre, la banca ha aggiunto che avrebbe anche mantenuto stabile la valuta yuan (Renminbi, Rmb) e mantenuto la sua politica monetaria prudente per garantire la stabilità finanziaria. Nonostante i progressi nel processo di internazionalizzazione, il renminbi è ancora una moneta poco attraente ed evidentemente ancora in divenire e non una vera e propria valuta internazionale. Ne abbiamo scritto nell’ultimo numero di Babilon Magazine.
Il mese di dicembre 2015 rappresenta una tappa fondamentale per la Cina. Dopo consultazioni durate più di un anno, il Fondo Monetario Internazionale decide in quella data di includere la moneta cinese, il renminbi, nei suoi diritti speciali di prelievo, il cui valore è determinato da un “paniere ponderato” composto dalle più importanti monete internazionali: il dollaro, l’euro, lo yen e la sterlina sono le altre monete che fanno parte del paniere. L’inclusione del renminbi fa sì che i diritti speciali di prelievo siano convertibili anche nella moneta cinese. Per la leadership del Partito Comunista e la Banca Centrale è la prova che la strategia di internazionalizzazione del renminbi, entrata in vigore nel 2009, funziona.
A bank worker in full protective suit places the various stacks of Chinese renminbi bank notes in a bank vault in Beijing, 29 April 2003. Chinese banks have started putting incoming bank notes in 24-hour quarantine before returning them to circulation in an effort to contain Severe Acute Respiratory Syndrome. The measure has been triggered by fears, so far with no evidence, that SARS could spread via bank notes. AFP PHOTO/GOH CHAI HIN (Photo by STR / AFP) (Photo by STR/AFP via Getty Images)
UNA MONETA POCO INTERNAZIONALE
Ma si tratta di un successo più simbolico che di sostanza. La quota del dollaro nel paniere è approssimativamente quattro volte più grande di quella del renminbi, a dimostrazione del fatto che la moneta cinese non è ancora una vera e propria valuta internazionale. A differenza del dollaro, infatti, l’uso del renminbi come mezzo di scambio, unità di conto e riserva di valore, è alquanto limitata. La sua circolazione sui mercati internazionali, la sua liquidità e le sue possibilità di pagamento sono altresì circoscritti. Di conseguenza, la domanda internazionale di renminbi è modesta. Perché non riesce a essere una moneta internazionale a tutti gli effetti? Il problema rimane la ristretta convertibilità del renminbi e i controlli di capitale che le autorità monetarie cinesi hanno reintrodotto nel 2017, dopo averli allentati negli anni precedenti. Tali controlli restringono la circolazione della valuta nazionale al di fuori della Cina, limitando quindi la sua liquidità. Dunque, le autorità monetarie cinesi si trovano a dovere incoraggiare l’uso del renminbi all’estero attraverso una serie di misure, tra cui la creazione di centri offshore per la moneta. L’obiettivo è di incanalare il renminbi nei portafogli d’investitori internazionali e di coloro che lo usano per pagamenti internazionali. Inoltre, supponendo che la domanda per il renminbi aumenti, le autorità monetarie cinesi dovranno rispondere alle esigenze di tale domanda e incrementarla; tutto questo senza mettere a rischio la stabilità finanziaria del Paese.
PROGRESSI E LIMITI DELLA STRATEGIA D’INTERNAZIONALIZZAZIONE
Dal 2009 l’internazionalizzazione del renminbi è un obiettivo del governo di Pechino. L’impatto di questa strategia è misurato dalla forte crescita dell’uso della valuta cinese per i pagamenti degli scambi internazionali della Cina. Attualmente, circa il 25% di queste transazioni avvengono in renminbi (nel 2009, questa percentuale era meno dell’1%). Il renminbi è sesto nella classifica delle monete maggiormente utilizzate nei pagamenti internazionali, secondo i dati regolarmente pubblicati da SWIFT, con l’1,6% del totale dei pagamenti internazionali. Si tratta di una percentuale estremamente modesta, se paragonata a quella del dollaro (40,6%) e dell’euro (33,3%). Mercati per il renminbi abbastanza liquidi e diversificati esistono ora a Hong Kong, Londra, Singapore e nella maggior parte dei centri finanziari internazionali di tutto il mondo.
Nonostante tali progressi, il renminbi è evidentemente ancora una moneta in divenire e non una vera e propria valuta internazionale. Non è affatto una “grande moneta” come il dollaro, il cui utilizzo si estende oltre l’ambito delle transazioni internazionali. Se è vero, parafrasando il premio Nobel per l’economia Robert Mundell, che «le grandi nazioni possiedono grandi monete», la mancanza di una vera e propria moneta – e quindi la necessità di utilizzare il dollaro nella maggior parte delle transazioni internazionali – limita le possibilità della Cina nell’usare le sue notevoli risorse finanziarie per realizzare i suoi obiettivi economici e politici. Inoltre, la indebolisce sia nelle relazioni internazionali bilaterali sia in quelle multilaterali.
Tuttavia, nonostante l’intrinseca debolezza del renminbi e quindi della finanza cinese, gli Stati Uniti continuano a percepire la Cina come una minaccia e il renminbi come il potenziale concorrente del dollaro, anche se il dollaro continuerà a essere la moneta su cui si regge il sistema monetario internazionale per molti anni a venire.
By Paola Subacchi, E-ECONOMICS AND QUEEN MARY UNIVERSITY OF LONDON.
ARTICOLO PUBBLICATO SULL’ULTIMO NUMERO DI BABILON. ABBONATI ALLA RIVISTA
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