Molti governi, analisti e organi d’informazione, dopo la sconfitta dello Stato Islamico (IS) in Siraq, avevano annunciato la definitiva sconfitta del califfato. L’IS, invece, sarebbe sopravvissuto e stava già organizzando da tempo la propria espansione nel continente asiatico.
La strategia dello Stato Islamico, con la perdita dei territori in Medio Oriente, è notevolmente cambiata, spostando la propria operatività in altre aree. Nel continente asiatico l’IS ha trovato terreno fertile, in primis grazie alla presenza di una grande quantità di popolazione di fede musulmana e di conflitti locali mai del tutto conclusi. La propaganda del califfato sta penetrando con successo tra piccoli gruppi musulmani che finora lottavano su base locale, in cerca di autonomia, o per motivi etnico-religiosi. Questi gruppi unendosi allo Stato Islamico ricevono sostegno e competenze tecniche, ampliano le loro azioni e i loro obiettivi. Le organizzazioni terroristiche che operano in Asia, quindi, si confondono tra gruppi jihadisti e movimenti separatisti musulmani. Lo Stato Islamico è divenuto, quindi, meno territoriale e glocal, ma più decentralizzato, tentacolare e globale. In un recente audio pubblicato dai media del califfato, il leader al-Baghdadi ha elogiato l’operatività dei suoi uomini di tutte le Wilayat dello Stato Islamico, lodando in particolare la provincia del Khorasan (AF-PAK) e la provincia dell’Asia orientale (Filippine e Sudest Asiatico).
AF-PAK
In Afghanistan il califfato è operativo nelle province orientali, con la Wilayat Khorasan (ISK), composta da circa 4 mila militanti. Per l’IS, l’Afghanistan rappresenta una scelta strategica per l’espansione fra uzbeki, turkmeni e tagiki, oltre che per il controllo del traffico di droga. Dal febbraio 2018 le attività terroristiche degli uomini del califfato sono gestite in collaborazione con gli uomini del clan Haqqani. Il Pakistan è terreno fertile per l’IS nel reclutamento di foreign fighter, con oltre 650 combattenti pakistani che hanno deciso di legarsi al califfato in Siria, Iraq, Yemen e nell’ISK. Lo Stato Islamico ha ottenuto affiliazioni con i gruppi jihadisti di Jundallah, di Tehreek-e-Khilafat Pakistan (TKP), di Jamaatul Ahrar e i militanti fuoriusciti dal TTP dell’area tribale di Orakzai. I vertici del califfato hanno a maggio 2019, annunciato la nascita di una nuova provincia, attiva nell’area di Quetta, la Wilayat Pakistan.
SUBCONTINENTE INDIANO
L’IS ha tentato più volte l’espansione in India, cercando di approfittare dell’estrema povertà e disuguaglianza che subisce la componente musulmana. Lo Stato Islamico è riuscito a infiltrarsi nella complessità politica del Kashmir, creando la Wilayat al-Hind. Le Maldive, invece, sono già da alcuni anni area privilegiata di reclutamento da parte dell’IS, con circa 200 maldiviani che sono partiti per unirsi agli eserciti del Califfo in Siraq. La radicalizzazione nello Sri Lanka è connessa invece principalmente alle violenze e alle diseguaglianze subite dai musulmani. Tra i gruppi jihadisti attivi nel Paese vi è il legame che l’IS ha stabilito con il National Thowheeth Jama’ath (NTJ). In Bangladesh, infine, lo Stato Islamico sta reclutando all’interno di madrase, ospedali e centri di formazione, restando per ora molto decentralizzato e non gerarchico.
SUD-EST ASIATICO
Lo Stato Islamico ha come progetto quello di creare la Wilayat East Asia che comprenda Malesia, Indonesia, Singapore, Thailandia e Filippine. A giugno 2019, l’Islamic State East Asia ha pubblicato un breve video in cui i militanti filippini e indonesiani del califfato rinnovavano il loro giuramento di fedeltà ad Abu Bakr al-Baghdādī. Il forte sostegno di cui gode l’IS nella regione è evidenziato dalla presenza nelle fila di Daesh dell’unità militare, composta da militanti indonesiani e malesi, chiamata Katibah Nusantara. In Indonesia gruppi legati all’IS sono il Mujahideen Indonesia Timor, Jemaah Anshorut Tauhid e Jamaah Ansharut Daulah (JAD), composto dall’unione di dodici piccoli gruppi jihadisti. I gruppi affiliati allo Stato Islamico hanno condotto diversi attacchi terroristi in Indonesia, coinvolgendo anche intere famiglie nelle loro azioni. Per ciò che concerne le Filippine, il principale gruppo legato all’IS è Abu Sayyaf, protagonista di decine di attentati, decapitazioni e sequestri di persona. Abu Sayyaf, insieme al Gruppo Maute, conosciuto anche come Islamic State of Lanao, hanno occupato per mesi la città di Marawi, sull’isola di Mindanao, dove vive gran parte della minoranza musulmana del paese, liberata dopo cinque mesi di violenti combattimenti, più di mille morti, 400 mila sfollati e la completa distruzione della città. La battaglia di Marawi è stata un punto di svolta per lo Stato Islamico in Asia e una vittoria propagandistica, poiché ha dimostrato che un gruppo jihadista può tenere testa un potere statale, che aveva, inoltre, il sostegno attivo di USA, Singapore e Australia. Infine, piccole cellule terroristiche islamiste vicino all’IS sono riuscite a creare un corridoio tra i confini porosi di Malesia e Thailandia per consentire a grandi quantitativi di armi di giungere ai miliziani musulmani che conducono l’insurrezione antigovernativa nella Thailandia meridionale.
ASIA CENTRALE
La mancanza di opportunità economiche combinata all’autoritarismo politico interno, ha favorito la crescita dell’ideologia jihadista in Asia centrale. In Kirghizistan, si stima la presenza di circa 7mila simpatizzanti dello Stato Islamico (IS), di cui almeno 800 partiti per il Siraq. La maggior parte proviene dalle città di Oš e Žalalabad, ma ci sono anche kirghisi emigrati in Russia e radicalizzati dalle reti ribelli cecene. Dall’agosto 2015, il Movimento Islamico dell’Uzbekistan (MIU), ha ufficialmente giurato fedeltà all’IS, entrando operativamente a far parte della Wilayat Khorasan. L’Asia centrale è una delle aree principali di reclutamento di combattenti dello Stato Islamico in Medio Oriente: circa 2.500 dall’Uzbekistan, 1.500 dal Tagikistan, 600 dal Kazakistan e circa 500 dal Turkmenistan. Infine, un polo jihadista legato al califfato si è sviluppato anche in Azerbaijan, in particolare nell’area di Sumqayit.
RUSSIA – CINA
L’IS ha identificato la Cina come un paese nemico dei musulmani. Tra il 2013 e il 2018, lo Stato Islamico ha reclutato circa 5 mila uiguri. La principale preoccupazione di Pechino è legata al tentativo di espansione dell’IS nello Xinjiang. La Russia teme l’ascesa dello Stato Islamico nel proprio paese, in particolare lungo il confine afghano-tagiko-uzbeko. Anche nella regione settentrionale del Caucaso, nella repubblica del Daghestan, gruppi jihadisti hanno giurato fedeltà a Daesh. A giugno 2019, l’Islamic State Wilayat Qawqaz ha pubblicato un video in cui i militanti della provincia del Caucaso, parlando in russo e definendosi “mujaheddin dello Stato Islamico in Russia” rinnovavano il loro giuramento di fedeltà ad Abu Bakr al-Baghdādī.
Daniele Garofalo
Nato a Salerno, classe 1988, si è specializzato in Storia e dottrine Politiche all'Università di Napoli Federico II. Ricercatore ed analista in materia di Terrorismo Islamista e Geopolitica. Autore del libro “Medio Oriente Insanguinato” (Edizioni Enigma, 2020).
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