Giulio Monga
Tornano ad accendersi i riflettori sulla situazione della libertà di stampa in Russia. Mercoledì 15 novembre la Duma, la camera bassa del parlamento, ha approvato all’unanimità una legge che, nella sostanza, permette al Cremlino di classificare come foreign agents (“agenti stranieri”) i media stranieri che operano in Russia, o quelli che comunque ricevono finanziamenti dall’estero.
La classificazione di foreign agents, che rievoca l’epoca della Guerra Fredda, obbliga coloro che vengono riconosciuti come tali dal governo di Mosca a conformarsi a una legge del 2012 (emendata nel 2016), pensata per i gruppi indipendenti presenti sul suolo russo che ricevono finanziamenti stranieri e che sono impegnati, anche in senso lato, in attività politiche.
La mossa della Duma, per bocca dello stesso presidente del parlamento Vyacheslav Volodin, costituisce una risposta definita «simmetrica» alla richiesta fatta a settembre dal Dipartimento di Giustizia americano all’emittente Russia Today, cui era stato chiesto di conformarsi agli obblighi di registrazione del FARA (Foreign Agents Registration Act) statunitense. Una normativa del 1938 pensata all’epoca per arginare la propaganda nazista sul suolo americano e che, negli anni Sessanta, è stata modificata allo scopo di identificare i lobbysti di governi stranieri presenti negli Stati Uniti e regolamentarne le attività.
Si tratta dunque di un nuovo capitolo dello scontro USA-Russia noto come Russiagate, che da un anno ormai punta ad alimentare il sospetto che hacker russi siano riusciti a influenzare le presidenziali americane del 2016. Sospetti che hanno portato il Dipartimento di Giustizia a monitorare con particolare attenzione Russia Today e altri media russi presenti negli Stati Uniti.
Gli obblighi per i media «foreign agents»
Secondo la nuova legge, i media che saranno considerati come “agenti stranieri” dal Cremlino avranno l’obbligo di registrarsi presso il governo, di rendicontare minuziosamente i propri finanziamenti e la propria situazione fiscale, e di fornire dei report periodici dettagliando le proprie attività. La stessa legge obbliga, altresì, a etichettare con chiarezza qualsiasi pubblicazione proveniente da questi media come proveniente da un “agente straniero” (regime cui già sono sottoposte le pubblicazioni di diverse Ong internazionali invise al Cremlino). Inoltre, il voto della Duma conferisce importanti poteri al procuratore generale russo, che avrà la facoltà di oscurare i siti web ricollegabili alle «organizzazioni non desiderate» che non si conformeranno alla normativa.
Restano da chiarire alcuni aspetti della legge. Non sono, infatti, specificate le motivazioni sulla base delle quali il governo russo potrà imporre gli obblighi di registrazione suddetti e nemmeno la procedura da seguire. Fatto che ha sollevato lo sdegno di diversi osservatori internazionali, che hanno denunciato il rischio di una sostanziale arbitrarietà nelle decisioni del Cremlino. Dal testo della legge – sottolinea ad esempio Human Rights Watch – non è nemmeno chiaro a quali soggetti si applicherà la nuova normativa, dal momento che la stessa parla di organizzazioni che diffondono «messaggi o materiali stampati, audio, audiovisivi o di altro tipo» a un pubblico illimitato. Il che potrebbe tradursi in un’applicazione molto estensiva della disciplina che, oltre che alle tradizionali media company o ai blogger, potrebbe includere anche accademici, Ong e social media.
Le preoccupazioni delle organizzazioni per i diritti umani
«La decisione sbagliata del governo statunitense di chiedere a Russia Today di registrarsi ai sensi del FARA ha dato al Cremlino l’opportunità per una ritorsione e loro (i russi, ndr) lo hanno fatto con un veemente attacco alla libertà di espressione» ha dichiarato Hugh Williamson, direttore di Human Rights Watch per l’Europa e l’Asia Centrale. «Sfortunatamente la legge non colpirà semplicemente i media stranieri ma limiterà ingiustamente il diritto dei cittadini russi ad accedere alle informazioni e alle idee». Anche Amnesty International ha espresso la propria preoccupazione. «Questa legge assesta un duro colpo a quella che era già una situazione disperata per la libertà di stampa in Russia» ha affermato Denis Krivosheev, vice direttore dell’Ong per l’area, tracciando un quadro assai funesto per il futuro della libertà di espressione in Russia.
Di contro, da Mosca festeggiano per la ritrovata concordia tra tutti i partiti della Duma: «Era da tanto tempo che non ci trovavamo tutti d’accordo in questo modo» ha dichiarato Volodin. «Abbiamo sopportato cose che non avremmo dovuto tollerare per troppo tempo» gli ha fatto eco il vice, Pyotr Tolstoi. La prossima settimana il testo approvato dalla Duma dovrebbe approdare al Consiglio di Federazione per la votazione finale – poco più che una formalità – prima di essere firmato dal presidente Vladimir Putin. Da segnalare che, subito dopo il voto, il ministro della Giustizia russo ha inviato un avviso ad alcuni media operanti in Russia sotto il circuito di Radio Free Europe/Radio Liberty, informando gli stessi della possibilità di essere classificati come “agenti stranieri” dal Cremlino.
Redazione
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