La presenza russa in Siria dal 30 settembre 2015 in poi è la prima azione rilevante del- le forze di Mosca, dopo le avventure afghane e cecene Con i militari russi – ma di origi- ne caucasica e islamica – che sono la maggioranza
Naturalmente, il numero esatto delle forze russe
in Siria è sconosciuto Ma Vladimir Putin ha armato, nel dicembre 2017, che hanno nora partecipato alle operazioni siriane oltre 8mila elementi russi, mentre 4 571 sarebbero stati i voti espressi alle ultime elezioni russe dal personale di Mosca presente in Siria In quella cifra sono compresi anche tre battaglioni di polizia militare russa, che opera per tutelare i Centri di Riconciliazione (organi che rimarranno a lungo in Siria)
I mercenari agli ordini di Mosca dovrebbero essere almeno 3mila mentre le perdite, tra tutti i corpi russi impiegati, dovrebbero essere state nora di 84 unità. La base navale di Tartus ha anche avuto il rinnovo dell’atto (per altri 49 anni) nel 2017 e molta parte dei russi opera stabilmente qui, come Latakia e nella base aerea di Hmeimim, mentre altri lavorano come consiglieri delle forze alleate a Damasco. Ma perché sono lì?
Gli obiettivi della guerra russa in Siria sono almeno quattro: evitare che una buona parte dei jihadisti dello Stato Islamico possa entrare dentro i propri confini; diluire lo scontro con l’Occidente dopo le annessioni della Crimea e la guerra in Ucraina; evitare un intervento diretto americano in Medio Oriente; infine scongiurare il proliferare di Al Qaeda e dell’ISIS in caso della caduta di Bashar Al Assad.
Secondo gli strateghi del Cremlino, la pressione siriana avrebbe rallentato la pressione occidentale per le sanzioni sulla questione ucraina. Quindi, un’azione calibrata e limitata in Siria sarebbe stata, per l’inner circle di Putin, l’opzione migliore. Ma Mosca non ha mai controllato l’intera coalizione filo-Assad, mentre i russi hanno sempre mirato a cambiare l’equazione strategica di tutti i player regionali, dall’Arabia Saudita alla Turchia, limitandone l’in usso sui loro proxies, no a far cessare la tentazione degli USA di far cadere Assad per raggiungere una cooperazione nale con Washington.
All’inizio, la presenza russa si è caratterizzata con una serie di operazioni aeree, volte a depotenziare la “Armata della Conquista” jihadista messa in piedi dagli uomini di Riad e a rilegittimare il presidente siriano, che stava perdendo sia sul fronte jihadi- sta tradizionale che su quello aperto contro lo Stato Islamico.
La Siria è così stata il primo test della “dottrina Gerasimov”, quella che ritiene la guerra del futuro essibile, nascosta, che supera la differenza tra civile, militare e politico-economico In una parola, “ibrida”.
Secondo la linea del Comando Supremo di Mosca, un quinto dovrebbe essere lo sforzo convenzionale e cinetico, ma il resto rimane non-ortodosso. Quindi, le operazioni russe non sono del tipo boots on the ground come da dottrina americana.
Sono però moltissime le forze speciali che operano in Siria in gran segreto: il GRU (il servizio segreto delle forze armate); l’SVR (il Servizio estero di Mosca); i soldati dell’FSB e la 431° Brigata per il Riconoscimento Navale In mezzo a loro, c’è poi il vasto gruppo dei mercenari islamici che provengono dal Caucaso; il battaglione Turan, anch’esso islamico, che opera intorno a Hama; e ancora, la For- za Zaslon dell’SVR, che u cialmente non esiste In tutto, almeno 1 300 elementi.
Inoltre, c’è la Polizia Militare, che monitora la zona di de-escalation e ancora gli sminatori, con al- tri 1 500 uomini e ben17 gruppi operativi Vi sono poi i contractors del Gruppo Wagner e altri, che probabilmente erano in Siria da ben prima dell’inizio ufficiale delle operazioni Altri duemila uomini in tutto.
Le operazioni primarie si sono svolte intorno ad Aleppo, per riequilibrare gli iraniani nell’area e poi si sono estese alla protezione dei curdi siriani dalle azioni turche Oggi le principali aree di operazioni sono: Yarmuk, Rastan e Homs-Deir Ezzor Perché la volontà di Mosca è sempre quella di rimanere piccoli in Siria, ma molto ibridi.
Deir Ezzor è tra tutti il punto di svolta: da una parte, qui sono già arrivate le forze siro-russe, dall’altra molte sono ancora le sacche dell’ISIS che operano nel deserto, dall’altra parte dell’Eufrate Con gli americani che stanno a guardare Lì sarà lo scontro decisivo.
articolo pubblicato sul numero 2 di Babilon
Marco Giaconi
Laurea in Filosofia moderna e contemporanea presso l’Università di Pisa. Dal 1992 in è prima direttore e poi direttore di ricerca presso il Ce.Mi.S.S. (Centro Militare di Studi Strategici). Nel 2000 è Consigliere del Ministro della Difesa Antonio Martino. Dal 2003 in poi è Consulente della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Autore di numerosi saggi.
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