È nel segno della formula “Fare Sistema” che lo scorso 20 maggio si è riunita presso l’ufficio del Parlamento europeo in Italia la trilaterale geopolitica composta da AIAIG (Associazione italiana analisti di intelligence e geopolitica), Mondo Internazionale e il Centro Studi AMIstades. L’incontro è stato voluto, come sottolineato nell’introduzione da Alessandro Vivaldi, presidente di AIAIG, per offrire una visione d’insieme, sinergica, tra i vari attori che si trovano a operare nella security in generale e in contesti emergenziali, sia in ambito nazionale che internazionale.
I differenti contesti lavorativi dei relatori intervenuti al convegno, dal comparto militare a quello privato fino al Terzo settore, sono stati funzionali proprio per sottolineare la necessità di cooperare all’estero. Un monito lanciato da Luca Izzotti, country manager di Leonardo: «Ci sono 84 milioni di rifugiati nel mondo. Dal 90 al 2010 il trend era stabile a 40 milioni. Si può continuare ad agire in modo astrategico alle emergenze? Così facendo i numeri continueranno a crescere. Nella strategia da implementare bisogna tenere conto dei vincoli culturali della popolazione locale entro la quale si va ad operare. Siccome il problema sta crescendo, usare la tecnologia può dare quel plus che ci può permettere di gestire il problema. Ci sono stati molti investimenti nelle tecnologie a uso emergenziale. Bisogna virare dall’approccio emergenziale a quello di Sistema Paese ed essere protagonisti della ricostruzione di Paesi in difficoltà. L’Occidente si deve dotare di una strategia di soft power».
«Io paragono la sicurezza alla materia oscura che rappresenta il 95% del contenuto dell’universo anche se è invisibile», ha commentato Francesco Giuliano, security advisor di Webuild. «La sicurezza è uguale, tutti ne parlano ma nessuno sembra sapere cos’è. La sicurezza è conoscenza e cultura, che per noi italiani nel mondo è come un’arma atomica. L’emergenza è la negazione della sicurezza perché quando si verifica vuol dire che la sicurezza non ha funzionato. Siamo sempre in emergenza perché inseguiamo i problemi. Essere sempre in emergenza vuol dire avere un corpo malato. La tecnologia si aggiunge al problema perché ci può impoverire la mente. I problemi si risolvono parlando alle persone, andando sul posto. Se lo Stato appalta tutto ai privati non riesce ad imporre la sua etica».
Tra gli altri interventi da segnalare quello di Marco Piredda, vice presidente affari istituzionali di ENI: «Fare Sistema Paese vuol dire creare in pochi giorni catene di forniture inesistenti, in piena sinergia con altri attori. In molti comparti economici stiamo registrando un altro modo di intervento dello Stato. L’Italia è riuscita nell’arco di pochi giorni a creare un portafoglio di sostituzione nel medio termine per gli approvvigionamenti di gas. Il problema è che siamo ancora divisi nell’interpretare la nostra forza e debolezza».
Emilio Pietro De Feo
Laureato in Scienze politiche e relazioni internazionali presso l’Università degli Studi di Salerno, sta conseguendo una seconda laurea in Investigazione, criminalità e sicurezza internazionale presso l’Università Internazionale degli Studi di Roma, UNINT. Pubblicista, collabora con Oltre la linea e il Centro Studi Machiavelli.
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