Come si è trasformata la competizione spaziale dopo la fine della Guerra fredda e quali saranno le prossime sfide che la Nato affronterà in questo campo anche alla luce dell’invasione russa dell’Ucraina? Ne parliamo con Niccolò Petrelli, professore di Studi strategici presso l’Università Roma Tre che lo scorso 10 marzo, nel corso della conferenza Game Changers 2022 organizzata dalla Nato Defense College Foundation, ha curato un panel sul ruolo dello spazio e le tecnologie emergenti.
Com’è mutata la strategia spaziale delle grandi potenze con la fine della Guerra fredda?
Già nella prima decade della Guerra fredda il dominio spaziale era considerato da parte di Usa, Urss e non solo essenziale per la competizione, non solo ai fini di rafforzare la base tecnologico-industriale nazionale, ma anche al generare vantaggi informativo-operativi, così come per ragioni più generali di prestigio. Oggi il dominio spaziale è meno ideologizzato ma molto più affollato potremmo dire: ci sono circa 72 Paesi che hanno programmi spaziali, tra cui oltre a Ue, Usa, Cina e Russia, anche India, Brasile, Giappone, Canada, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e diversi attori non statali, come ad esempio Space X di Musk. In generale, tuttavia, anche le dinamiche competitive che caratterizzano il dominio spaziale sono simili a quelle che hanno luogo sulla terra e dunque le grandi potenze hanno un ruolo di primo piano. Quanto sta avendo luogo potrebbe essere definito come una sorta di biforcazione. Da una parte ci sono le grandi potenze democratiche, inclini a seguire una strategia guidata almeno in una certa misura da cooperazione, definizione di standard e norme (in particolare Ue), mantenendo un occhio vigile al potenziale per intelligence, deterrenza e sostegno a operazioni militari networked. Dall’altra le potenze autoritarie Russia e Cina, più inclini a un approccio “tecno-nazionalista” finalizzato a destabilizzare il primato Usa e occidentale in questo dominio. Quanto detto vale soprattutto per la Cina. L’Office of the Director of National Intelligence Usa ha descritto la Cina come un neer peer competitor in questo ambito, al lavoro per eguagliare o superare le capacità statunitensi, al fine di produrre vantaggi militari, economici e di prestigio. Un esempio potrebbe essere considerata la stazione spaziale di Tiangong che dovrebbe essere completata l’anno prossimo, e che verrà con ogni probabilità utilizzata come strumento di prestigio, soft power e alleanze, attraverso proposte di cooperazione rivolte a Paesi stranieri, che saranno invitati a prendere parte alle missioni. La cooperazione tra Cina e Russia è aumentata considerevolmente negli ultimi anni, con Beijing prevalentemente nel ruolo di finanziatore e Mosca in quello di fornitore di conoscenza ed esperienza.
Qual è l’approccio Nato rispetto al dominio spaziale?
La Nato a gennaio 2022 ha pubblicato la Overarching Space Policy. Il documento è di tipo strategico-militare, concentrato sull’uso militare dello spazio. Non tenta, perché sarebbe stato troppo complesso e probabilmente destinato al fallimento, di armonizzare le diverse visioni dei Paesi membri circa il dominio dello spazio, ma pone le basi per sviluppare un framework condiviso attraverso cui poi poter sviluppare una strategia coerente in termini di capacità. Delinea 4 funzioni per l’alleanza tra le quali la più importante è sicuramente quella di assicurare interoperabilità tra servizi prodotti e capacità spaziali degli alleati. Ritengo che sia fondamentale dal momento che, come in tutti gli altri ambiti Nato, l’interoperabilità tecnica, a sua volta basata su una visione condivisa, è la precondizione perché le strategie e le operazioni nello spazio a supporto dello sforzo militare e di deterrenza dell’alleanza possano avere luogo.
Nell’attuale conflitto in Ucraina come entra in gioco il quarto dominio?
Per quanto riguarda il dominio spazio e il conflitto in Ucraina ci sono moltissimi aspetti che potrebbero discutersi. Direi che fondamentali sono l’impatto delle sanzioni sulla politica spaziale russa e, più in generale, gli effetti della guerra sul «regime» dello spazio. Il pacchetto di sanzioni è amplissimo ed esattamente il modo in cui potrebbero incidere sul programma spaziale russo rimane poco chiaro. Almeno una parte del regime delle sanzioni si concentra sul negare alla Russia l’accesso ai semiconduttori, che svolgono un ruolo cruciale nei satelliti e in altre tecnologie spaziali. È improbabile tuttavia che esse incidano in misura significativa sul programma spaziale russo nel breve termine. I loro possibili effetti a lungo termine poi dipendono da diverse questioni tra cui le più importanti sono la durata della guerra e la capacità di Mosca di trovare partner internazionali – con grande probabilità la Cina – per aumentare le fonti di approvvigionamento alternative per materiali rilevanti per le tecnologie spaziali.
Emilio Pietro De Feo
Laureato in Scienze politiche e relazioni internazionali presso l’Università degli Studi di Salerno, sta conseguendo una seconda laurea in Investigazione, criminalità e sicurezza internazionale presso l’Università Internazionale degli Studi di Roma, UNINT. Pubblicista, collabora con Oltre la linea e il Centro Studi Machiavelli.
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