Abbocchiamo sempre a una nuova guerra: l’esca questa volta è l’Iran. L’obiettivo degli Usa, incoraggiati da Israele e Arabia Saudita, è mettere con le sanzioni il cappio al collo a Teheran, strangolare la sua economia, spingere i moderati come il presidente Hassan Rohani all’angolo e provocare una escalation dalle conseguenze neppure troppo imprevedibili: un altro disastro in Medio Oriente e alle porte dell’Europa. Se la Russia, la Cina e l’Unione europea – già colpevolmente cedevole – non si opporranno strenuamente, e non lo faranno insieme, non ci sarà uno scenario alternativo.
L’unica considerazione che forse può frenare Trump da un conflitto aperto è che tra qualche mese entreremo nell’anno elettorale e i soldati americani sono esposti in Iraq e in Siria, dove Teheran è attrezzata sia militarmente che politicamente.
Quanto all’Italia ha già scelto di accodarsi agli Usa non acquistando il petrolio iraniano pur godendo di un’esenzione di sei mesi. Senza nessuna giustificazione. E per ora non ha deciso di partecipare ufficialmente neppure al tentativo europeo di aggirare le sanzioni americane. Anzi il suo ineffabile ministro degli Esteri è stato l’unico dei Paesi fondatori dell’Ue ad andare a febbraio alla riunione di Varsavia anti-Iran. In cambio di questi inchini ci hanno pure sbeffeggiato sulla Libia.
Siamo dei sovranisti da strapazzo e pure i nostri media sono volonterosi carnefici di ogni verità titolando che «l’Iran sfida gli Stati uniti».
Ma ci sono almeno una dozzina di rapporti dell’Aiea di Vienna, dal 2015 a oggi, secondo i quali l’Iran ha rispettato l’accordo firmato nel 2015 sul nucleare, negoziato con gli Usa di Obama e il Cinque più uno, ratificato poi come un trattato internazionale delle Nazioni Unite. La decisione di Teheran di sospendere alcuni capitoli sull’arricchimento dell’uranio, se tra 60 giorni non sarà trovata una maniera di aggirare le sanzioni americane, è in realtà una mossa prevedibile: è stato Trump un anno fa a decidere di ritirarsi unilateralmente da un accordo frutto di lunghi negoziati. Imponendo nuove sanzioni e l’embargo sull’export petrolifero di Teheran in pratica strangola l’Iran.
Come scrive il Financial Times: «Non solo Trump ha destabilizzato l’ordine internazionale, rinnegando i patti sottoscritti, ma sta spingendo l’Iran verso una china pericolosa». Diciamolo con franchezza: se l’Iran avesse avuto l’atomica non saremmo arrivati a questo punto. Basta vedere come Trump è andato a negoziare con il leader nordcoreano Kim Jong un che la bomba ce l’ha davvero. La politica Usa rafforza la convinzione delle medie potenze che avere l’atomica è necessario per non farsi attaccare e negoziare. La corsa al nucleare, invece di rallentare, subirà un’accelerazione.
Ma Trump preferisce Israele e l’Arabia Saudita, i due maggiori avversari di Teheran, alla legalità e alla pace. Entrambi vìolano regolarmente tutte le risoluzioni dell’Onu ma a nessuno viene mai in mente di sanzionarli. Lo stato ebraico gode di una sorta di immunità e gli Stati Uniti si sono spinti al riconoscimento di Gerusalemme capitale e dell’annessione del Golan. Flebili voci si sono levate contro queste decisioni, così deboli che hanno confermato ai popoli del Medio Oriente che il «doppio Standard» è la regola: Israele è legibus solutus, gli altri devono essere sanzionati e nel caso bombardati.
Per non parlare dell’ipocrisia che circonda l’Arabia Saudita, che massacra la popolazione civile dello Yemen: la riempiamo di armi occidentali e di bombe italo-tedesche senza il minimo rimorso. Abbiamo già perdonato al principe Mohammed bin Salman anche di essere il mandante dell’assassinio brutale del giornalista Jamal Khashoggi. In poche parole tolleriamo uno stato mafioso, una Gomorra del Medio Oriente, perché ci compra quello che vogliamo.
Israele, grazie agli Usa e a noi, ha così visto sbriciolarsi tutte le potenze arabe, dall’Iraq alla Siria, e i sauditi, finanziatori della versione più retrograda dell’Islam e del terrorismo, sono riusciti a tenere lontano da casa loro le primavere arabe: ora insieme a Usa, Egitto, Francia, Russia ed Emirati, ci propongono di fare fuori i Fratelli Musulmani di Tripoli e l’islam politico che li contesta. E c’è persino qualcuno che ci crede.
La lungimiranza americana e occidentale è quella di una talpa. Quando andai per la prima volta in Iran nel 1980 il Paese era già sotto sanzioni per la presa degli ostaggi nell’ambasciata americana. In quella calda estate Saddam Hussein attaccava l’Iran con l’incoraggiamento dell’Occidente e i soldi delle monarchie del Golfo. Pensavano di fare un boccone della repubblica islamica sciita. Da quel momento – compreso quanto accadeva in Afghanistan con il jihad contro l’occupazione sovietica – stava cominciando una guerra infinita e di cui, state sicuri, non si vedrà la fine. Il cappio al collo ce lo mettiamo da soli.
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