Anche in Svezia dove per decenni il governo ha sposato le teorie multiculturaliste, si prova non senza ostacoli, a contrastare l’estremismo islamico. L’intelligence ha mappato 300 persone andate a combattere in Siria e in Iraq, 40 di loro sono morte in battaglia e altre 100 sono tornate in Svezia. Probabilmente, alcuni di questi combattenti hanno ricevuto istruzioni per condurre attentati. La Säpo ammette il rischio: «I jihadisti possono infiltrarsi nel Paese mescolandosi anche con i rifugiati, considerato che il 90% dei richiedenti asilo politico ottiene la residenza permanente in Svezia». Per cercare di limitare i danni qualche giorno fa sono state decise le espusioni per l’imam Abo Raad e di suo figlio 34enne, arrestati lo scorso mese di aprile a Gävle, dell’imam Fekri Hamad, arrestato a maggio a Västerås, e dell’imam Hussein Al Jibury fermato a Umeå. Stessa sorte toccherà al 38enne predicatore ceceno Viktor Gaziev, arrestato sempre a Gävle nelle scorse settimane. Per il 54enne Abdel-Nasser el Nadi arrestato nel maggio scorso, presidente della scuola musulmana di Göteborg e figura centrale nell’ambiente islamista a Göteborg e nella Svezia occidentale, si attende ancora una decisione.
Il governo svedese è stato molto criticato, in patria come nel resto d’Europa, per l’atteggiamento remissivo che usa nei confronti dell’estremismo islamico. Haras Rafuiq, presidente della Quilliam Foundation, importante think tank con base a Londra che si occupa di lotta al terrorismo, si è espresso in maniera durissima sull’argomento: «La Svezia, più di ogni altro Stato, consente ai predicatori dell’odio di entrare nel Paese e tenere conferenze per diffondere messaggi. La Svezia dovrebbe occuparsi di questo problema». Nonostante le critiche, però, il governo tira dritto e va avanti con il modello adottato, evitando ad esempio di diffondere statistiche sull’etnia o sulla religione di chi commette delitti nel Paese. Chi si occupa di sicurezza e di ordine pubblico nel paese, deve invece confrontarsi ogni giorno con il progressivo aumento del rischio estremismo islamico e con il costante proselitismo nelle strade e sul web da parte dei salafiti svedesi. La Säpo (Sakerhets Polisen), ovvero il controspionaggio svedese, nell’ultimo rapporto sulla sicurezza del paese, afferma che «il reclutamento di giovani svedesi da parte di gruppi jihadisti sta procedendo a un ritmo tale da poter saturare la capacità di reazione delle forze dell’ordine».
Da ricordare i generosi finanziamenti pubblici concessi ad associazioni musulmane come la Muslim Association of Sweden, che conta ben 70mila iscritti. Mahmoud Aldebe, ex leader della Muslim Association of Sweden, aveva scritto una lettera al governo nel 2006 per chiedere l’adozione del calendario islamico e dare la possibilità agli imam di sciogliere i matrimoni in Svezia. C’è di più: l’associazione si era dotata di un sito internet, “Muslim.se”, che avrebbe dovuto «costruire ponti tra musulmani e svedesi». Le cose poi sono andate molto diversamente, come il quotidiano “Gefle Dagblad” ha raccontato in un’inchiesta del 2015. Secondo il quotidiano, l’imam salafita della città di Gävle, Abo Raad, era la mente di questo sito web – ora chiuso – che, tra i tanti proclami, sosteneva come l’omosessualità andasse punita con la morte. Raad è una figura di rilievo della Muslim Association of Sweden, che ha ricevuto ogni anno oltre 400mila corone (l’equivalente di 45mila euro) dal governo svedese per fare questo genere di propaganda anziché «combattere l’islamofobia e il razzismo nella società», come del resto dichiarava di voler fare il sito. Per Muslimm era stato chiesto anche un finanziamento supplementare in modo da creare una piattaforma fatta di «informazioni oggettive e pertinenti sull’Islam in modo da costruire ponti tra i musulmani e i non musulmani». Dopo pochi mesi, nel gennaio del 2016, il sito è stato messo offline senza che venissero resi noti i motivi, anche se nel poco tempo che è stato consultabile ha pubblicato una lista di precetti per i musulmani svedesi molto esplicita.
Chi è l’imam Abo Raad
Abo Raad o Riyadh Al Duhan è l’alias di Riyadh Abdulkarim Jassim. Nato in Iraq nel 1965 , ha studiato in Arabia Saudita nelle università dove predicavano imam estremisti come Shaykh Ibn Baz (+1999) e lo Shaykh Ibn Uthaymin (+ 2001). L’imam iracheno e la sua famiglia, hanno lasciato l’Iraq nel 1991 per l’Arabia Saudita, dove sono rimasti per quasi cinque anni. Nel 1996 la nuova fuga, stavolta in Svezia, dove nel 1998 ha ricevuto un permesso di soggiorno permanente. Abo Raad ha tentato per due volte di diventare cittadino svedese, nel 2002 e nel 2008 ma in entrambe le occasioni le autorità hanno respinto la richiesta a causa delle sue attività di predicazione estremista. Nel 2007, Abo Raad divenne l’imam della moschea di Gävle chiamata “Al-Rashideen”, un tempo chiesa metodista di Södra Rådmansgatan. Una volta messa in vendita, la chiesa venne acquistata da una fondazione del Qatar che è ancora oggi è responsabile della nomina del consiglio della moschea.
Tra i finanziatori della fondazione c’èra Abd al-Rahman bin Umayr al-Nuaymi (1954), ex professore di Studi islamici all’Università del Qatar e presidente della Federazione calcistica del Qatar, che a Ginevra ha insediato la sua ONG “Alkarama”. Abd al-Rahman bin Umayr al-Nuaymi dal 2013 è stato inserito nella lista dei terroristi degli Stati Uniti, dell’UE e dell’ONU per il suo finanziamento a gruppi jihadisti in Iraq, Siria, Yemen e Somalia e per questo motivo ha visto, (ove possibile), i suoi conti bancari sequestrati.
Photo: Pamela Geller, via Twitter
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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