La chiamano la “droga del combattente”, altri la “droga del coraggio” o la “droga del Jihad”. È il tramadolo, una sostanza oppiacea sintetica che in Italia viene commercializzata come Contramal e venduta solo con prescrizione medica non ripetibile. All’estero invece, soprattutto in Medio Oriente e Nord Africa, viene assunto da guerriglieri e jihadisti come eccitante in quanto aumenta le capacità di resistenza allo sforzo fisico, ma anche da operai che ne fanno uso per sopravvivere a lavori sfiancanti. Questa notte nel porto di Gioia Tauro un blitz degli agenti della Guardia di Finanza e dell’Ufficio antifrode della Dogana ha portato al sequestro di 24 milioni di compresse di questa sostanza.
L’operazione è stata coordinata dalla Sezione antiterrorismo della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, che si è avvalsa della collaborazione della Dea americana e della Direzione centrale dei Servizi antidroga presso il ministero dell’Interno e del supporto del Comando generale della Guardia di finanza. A dare l’input investigativo è stato il II Gruppo della Guardia di Finanza di Genova che lo scorso maggio aveva effettuato un sequestro simile nel porto del capoluogo ligure.
Il carico di tramadolo sequestrato a Gioia Tauro proveniva dall’India ed era diretto in Libia. A controllare la “tratta” sarebbero stati uomini dello Stato Islamico, che puntavano a investire i proventi derivati dal traffico della sostanza (circa 50 milioni di euro considerato che ogni pasticca viene venduta in media a 2 euro) per finanziare le sacche di resistenza del Califfato ancora annidate in Libia, più a sud verso i confini con Niger e Ciad fino alla Nigeria o verso la penisola egiziana del Sinai.
Come noto, il traffico di stupefacenti (eroina, cannabis, hashish, captagon e lo stesso tramadolo) non è una fonte di reddito esclusiva dello Stato Islamico.
Nel nostro speciale Narcoterrorismo i legami tra terroristi e narcotrafficanti nel mondo
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