Il segretario di Stato americano Rex Tillerson era appena tornato da un lungo viaggio in Africa quando ha saputo del suo licenziamento attraverso un tweet del presidente Donald Trump. La sua sostituzione con l’ex capo della CIA Mike Pompeo è arrivata a distanza di pochi giorni dall’annuncio della disponibilità del presidente USA a incontrare il leader nordcoreano Kim Jong Un. Tillerson non la pensava allo stesso modo di Trump su molte questioni scottanti che compongono l’agenda della politica estera statunitense. L’ex capo della diplomazia aveva difeso l’accordo sul nucleare iraniano, i trattati sul clima e sul libero commercio, guadagnandosi le critiche dell’ex stratega di Trump Stephen Bannon, il quale gli aveva affibbiato il soprannome di “globalista”.
Il dossier nordcoreano
Le divergenze toccavano in particolar modo il dossier nordcoreano. Tillerson aveva allontanato l’ipotesi di un faccia a faccia diretto tra Kim e Trump appena pochi giorni prima che il presidente USA accettasse l’invito degli ufficiali del governo di Seoul. Inoltre, l’ex segretario era uno dei pochi a Washington ad aver avvertito Trump dei rischi di un intervento militare in Corea del Nord. Tillerson, come Victor Cha, l’esperto che avrebbe dovuto ricoprire l’incarico di ambasciatore USA a Seoul e che invece è stato allontanato, si era opposto con fermezza al progetto di un attacco preventivo contro i siti missilistici nordcoreani (la cosiddetta opzione “bloody nose”), avvisando del pericolo di pesanti rappresaglie da parte di Kim.
Cosa cambierà con Mike Pompeo
Per tutto il tempo in cui è stato in carica, l’ex dirigente della Exxon Mobil, aveva cercato di porre un freno alle impetuose affermazioni di Trump, al suo stile impulsivo, dichiarandosi a favore del dialogo. «Con Pompeo siamo sulla stessa lunghezza d’onda», ha dichiarato invece Trump. L’ex capo dei servizi di intelligence americani ha sempre condiviso le posizioni del presidente, negando qualsiasi concessione a Kim Jong Un e supportando il clima di massima pressione verso Pyongyang. Le due opposte visioni di Tillerson e Pompeo sulla Corea del Nord riguardano anche la possibilità di un cambiamento di regime. Mentre il vecchio segretario aveva negato l’intenzione di un rovesciamento del potere, quello appena eletto non ha escluso l’eventualità che i nordcoreani possano avere un nuovo leader.
Secondo Eliot Cohen, consigliere del Dipartimento di Stato durante la presidenza di George W. Bush, Tillerson è stato il peggior segretario nella storia recente, ma – si legge sul Washington Post – la sua destituzione preoccupa perché abbassa il livello del confronto all’interno dell’Amministrazione. In più di un’occasione Tillerson era stato deriso e smentito pubblicamente da Trump. L’incoerenza tra la linea morbida del segretario e quella più dura del presidente aveva lasciato frastornati gli alleati di Washington. La confusione è stata tale da far sbottare l’alto rappresentante per la politica estera comune dell’UE Federica Mogherini, come ricorda Foreign Policy. A dicembre 2017 Mogherini avrebbe ripreso la vecchia questione sollevata da Kissinger che lamentava di non sapere chi chiamare per parlare con l’Europa. Oggi, avrebbe detto Mogherini, è l’Europa a non avere un numero di telefono per parlare con Washington.
Anche alla luce di queste frizioni, la nomina di Pompeo potrebbe avere risvolti positivi per Gary Samore del Belfer Center for Science and International Affairs dell’Università di Harvard. Samore, riferisce il Wall Street Journal, crede sia importante per Trump contare sull’appoggio di un segretario di Stato di cui avere fiducia, soprattutto in vista dell’apertura del dialogo con Kim Jong Un. L’opinione condivisa da molti analisti è che la vicinanza fra Trump e Pompeo eviterebbe contraccolpi della diplomazia, permetterebbe agli Stati Uniti di parlare a una sola voce e di apparire più autorevoli, sebbene l’approccio di Pompeo sembra far riemergere il rischio di una nuova escalation di tensioni con la Corea del Nord.
Rex Tillerson nel suo discorso di addio non ha ringraziato il presidente congedandosi con una replica piccata: «Spero che Trump sappia via Twitter di essere sotto impeachment. Mi dispiace solo non essere lì per vederlo». Parole forti testimoni di un rapporto che si era incrinato già da parecchio tempo.
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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