Nonostante gran parte della stampa americana schierata contro di lui e i guai giudiziari che nei giorni scorsi hanno travolto il capo della sua campagna elettorale Paul Manafort e il suo ex legale Michael Cohen, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump supererà indenne anche questa calda estate. I titoli dei giornali non devono ingannare. La possibilità che venga avviata una procedura di impeachment contro di lui per il Russiagate – l’inchiesta sulle presunte interferenze russe nelle elezioni USA del 2016 – rimane infatti una strada molto complicata da percorrere per i suoi oppositori, a meno che alle elezioni di mid-term del prossimo 6 novembre non cambino in modo significativo gli equilibri al Congresso, dove attualmente i repubblicani hanno la maggioranza sia alla Camera dei Rappresentanti che al Senato. Abbiamo fatto un punto sul momento attraversato dall’inquilino della Casa Bianca con Massimo Teodori, storico americanista e saggista politico.
La stampa di tutto il mondo è tornata a parlare di rischio impeachment per Donald Trump con troppa superficialità, o c’è qualcosa di più concreto rispetto alle precedenti occasioni?
In questa vicenda bisogna anzitutto distinguere il piano giudiziario da quello istituzionale. Gli atti mossi contro i due ex collaboratori di Trump, il suo avvocato Cohen e il capo della sua campagna elettorale Manafort, sono iniziative di carattere giudiziario: entrambi hanno confessato le loro responsabilità e colpe e, per questo, sono stati condannati. Tutto questo però non ha nulla a che fare direttamente con il presidente. Può avere un’influenza sull’inchiesta sul Russiagate solo se Cohen e Manafort dovessero rivelare qualcosa sulla possibilità che Trump sia stato a conoscenza di incontri tra gli uomini della sua campagna elettorale e l’avvocatessa russa Natalia Veselnitskaya. Detto ciò, va ricordato che la procedura di impeachement non riguarda l’autorità giudiziaria ma il sistema istituzionale americano. Pertanto, se il presidente viene imputato di aver commesso dei gravi reati, in questo caso l’essere stato a conoscenza dell’influenza esercitata sull’ultima campagna elettorale da parte della Russia, sarà il Congresso a decidere se porlo in stato d’accusa.
È un’ipotesi concreta?
A mio parere il processo di impeachment potrebbe essere avviato solo dopo le elezioni di mid-term perché attualmente sia la Camera dei Rappresentanti che il Senato sono a maggioranza repubblicana. Ma se i repubblicani dovessero perdere queste elezioni e una delle due Camere dovesse passare in mano ai democratici, allora le cose potrebbero cambiare. Potrebbe esserci una reazione dei repubblicani. Il partito, o anche solo una parte di esso, potrebbe decidere di accelerare e convergere su un’eventuale azione dei democratici di richiesta di impeachment contro il presidente.
I democratici hanno i numeri per vincere queste elezioni?
Ci sono alcuni segnali che vanno in questa direzione, come le elezioni suppletive che si sono tenute in questi ultimi sei mesi e in cui i democratici sono andati bene. Attualmente i sondaggi dicono ancora che l’opinione pubblica americana è nettamente divisa in due parti. Ma così come accade nelle elezioni di ogni singolo collegio elettorale, uno spostamento anche piccolo potrebbe dare la vittoria a un partito o all’altro. È possibile che vi sia una maggioranza democratica per esempio in Senato dove attualmente i repubblicani hanno un margine di soli due senatori. Tra i democratici c’è un grande movimento di donne che sta partecipando alle primarie per i collegi elettorali della Camera dei Rappresentanti. Si tratta di figure che alle ultime presidenziali non hanno appoggiato Hillary Clinton. Una sorpresa potrebbe arrivare da questo movimento.
A freddo lei che idea si è fatto dell’inchiesta sul Russiagate. C’è qualcosa di vero nelle accuse mosse contro Trump?
Ritengo che Trump abbia rapporti con Putin e con la Russia da lunghissimo tempo, basta vedere tutti gli affari che ha condotto con oligarchi russi prima che entrasse in politica. Questo è un fatto abbastanza accertato. Bisogna vedere se viene sciolto il punto nodale dell’inchiesta che lo riguarda, vale a dire se lui sapeva e se ha approvato che i russi influenzassero a suo favore l’andamento delle ultime elezioni americane.
Come valuta la campagna del Boston Globe in risposta alle frecciate lanciate da Trump contro la stampa americana?
La stampa negli Stati Uniti si ispira al rispetto del primo emendamento della Costituzione americana che riguarda i diritti dell’individuo. La libertà di stampa, al pari della libertà individuale e di quella religiosa, è sacra e inviolabile. Per cui se Trump attacca violentemente la stampa è chiaro che la stampa reagisce come sta facendo adesso con l’iniziativa lanciata dal Boston Globe per difendere la libertà di stampa e a cui hanno aderito altre 350 testate. In America funziona così.
Rocco Bellantone
Caporedattore di Babilon, giornalista professionista, classe 1983. Collabora con le riviste Nigrizia e La Nuova Ecologia di Legambiente. Si occupa di Africa, immigrazione e ambiente.
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