L’arrivo a Pechino di Donald Trump dal punto di vista politico è lontano anni luce dalla trionfale visita che nel 1998 fece in Cina l’ex presidente americano Bill Clinton. All’epoca la Cina stava per entrare nel WTO (World Trade Organization) e prometteva di diventare come l’America entro tempi ragionevoli per poi sorpassarla.
Oggi la Cina ha di fronte a sé un ultimo scoglio per compiere quel sorpasso, che potrebbe comunque concretizzarsi tra cinque o dieci anni. Nel frattempo, la Cina non è diventata come gli Stati Uniti, né è crollata come alcuni falchi scettici avevano pronosticato. La Cina è un “animale” diverso, non classificabile secondo gli schemi tradizionali, ed è considerata sempre più pericolosa e arrogante in Asia. È per questo motivo che Trump ha ridotto il suo soggiorno a Pechino a un paio di giorni, mettendolo questa visita sullo stesso piano delle altre che ha in programma fino al 14 novembre. Una mossa che ha un significato preciso: per gli Stati Uniti la Cina è importante al pari di Giappone, Corea del Sud, Vietnam e Filippine.
Rispetto alla visita di Clinton, le condizioni dell’incontro tra Trump e Xi Jinping sono molto differenti. All’epoca Clinton, in cambio dell’ingresso di Pechino nel WTO, garantì rispetto e protezione politica e militare nella regione alla Cina. Oggi Pechino pensa di non aver più bisogno della “protezione” statunitense né in Asia né nel mondo, ma al contempo sa di avere ancora bisogno di un lungo periodo di pace e di assenza di tensioni per portare avanti il proprio sviluppo e arrivare a compiere quel famoso sorpasso. Non è chiaro però se gli Stati Uniti, o le grandi e medie potenze regionali come Giappone e India, sono interessati a non smuovere le acque attorno a Pechino. E qualora lo fossero, non è chiaro come reagirebbe la Cina.
Rispetto a vent’anni fa Pechino non necessita più della “protezione” americana, ma al contempo sa di avere ancora bisogno di un lungo periodo di pace e di assenza di tensioni per sorpassare gli Stati Uniti
Siamo ancora in una zona grigia. Nessuna decisione è ancora stata presa e il problema della Corea del Nord potrebbe esplodere se l’impegno della Cina a contenere Pyongyang non dovesse essere garantito. Alcuni falchi dicono che Pyongyang è minacciosa nei confronti degli USA perché è la Cina a manovrare il regime nordcoreano da dietro le quinte. Ciò renderebbe la Cina parte del problema e non parte della soluzione. Il Libro Bianco sulla Difesa pubblicato dal governo giapponese dedica 34 pagine alla Cina. I giapponesi sono preoccupati per le ultime mosse in politica estera di Pechino e per i suoi problemi interni, come l’instabilità sociale e le violente interetniche.
Se la Cina non riesce a dare risposte dirette e significative a queste preoccupazioni generali, qualsiasi sua concessione o azione aggressiva sarà interpretata in modo fuorviante. La prima reazione della Cina a questa sfida potrebbe essere quella di chiudersi in sé stessa, ma così facendo ci sarebbe il rischio di un isolamento.
La sfida per Xi Jinping è titanica. In quasi due secoli la Cina non è mai stata così importante e, forse, non è mai stata esposta a pericoli così grandi. Rispetto al passato non ci sono guerre civili all’orizzonte e i cinesi sono più ricchi di quanto non lo siano mai stati nella loro storia. Allo stesso tempo, però, le disparità sociali sono cresciute rispetto ai tempi del regime comunista. Cresce la libertà sociale, ma non la libertà politica. E per la prima volta nella storia, il mondo intero guarda alla Cina. Ma la Cina è senza alleati, mentre sono altre le alleanze che si stanno formando per accerchiarla.
Il vertice di Pechino tra Trump e Xi, cruciale per la pace e lo sviluppo della regione, è molto sbilanciato a favore della Cina e quindi molte cose potrebbero andare diversamente da come molti hanno previsto. Xi Jinping è uscito molto rafforzato dal 19° Congresso del Partito Comunista Cinese. Xi ha in mano il potere come non mai, motivo per cui può dire a Trump ciò che vuole.
Lo stesso non vale per Trump. Il presidente americano è sotto assedio da più fronti. La maggior parte dell’opinione pubblica americana crede che non abbia fatto nulla nel primo anno del suo mandato. L’FBI sostiene di avere prove concrete di collegamenti tra il suo staff e il Cremlino. Molti repubblicani vogliono le sue dimissioni. Trump è debole come un’anatra zoppa. In queste condizioni cosa può garantire alla Cina? E anche se promettesse qualcosa, sarebbe in grado di mantenere queste promesse senza il supporto del suo partito?
Il vertice di Pechino tra Trump e Xi Jinping è molto sbilanciato a favore del secondo. Il presidente cinese è uscito molto rafforzato dal 19° Congresso del Partito Comunista Cinese. Il capo della Casa Bianca, invece, è assediato da più fronti
Il confronto appare dunque sbilanciato anche se, oltre ai presidenti, occorre tenere conto delle performance dei due Paesi. Gli Stati Uniti hanno ancora l’economia e l’esercito più forti del mondo. Sul piano politico, sono al centro di una rete di alleati pronta a sostenerli. È pur vero che gli USA vengono da sedici anni di errori commessi in Medio Oriente: prima le guerre in Iraq e Afghanistan, poi l’appoggio alle rivoluzioni in Libia e Siria. Nonostante ciò, gli USA continuano a mostrare di essere capaci di resistere.
D’altra parte, la Cina è in rapida crescita economica. Punta a concretizzare una massiccia innovazione tecnologica al pari della rivoluzione delle telecomunicazioni che si registrò negli anni Novanta. Militarmente, spende più soldi e ha grandi ambizioni, ma il suo esercito è stato addestrato per decenni a difendere i confini nazionali da possibili invasioni. Motivo per cui, forse per decenni, non sarà in grado di proiettare la propria forza militare all’estero nel modo in cui sono abituati a farlo gli Stati Uniti.
La situazione sul piano politico è ancor più delicata. Pechino non ha alleati. Sta stringendo una rete di accordi di cooperazione bilaterali. La sua capacità di stringere accordi soprattutto con i Paesi meno sviluppati, dove la Cina garantisce non solo investimenti ma anche sostegno incondizionato alle forze politiche al potere, non può essere eguagliata da nessuno, Stati Uniti compresi. L’altro suo vantaggio è il progetto della “Nuova Via della Seta”: un piano di investimenti per implementare i commerci e le vie di comunicazione terrestri (ferrovie, strade e ponti) rappresenta un’enorme opportunità per tutti i Paesi del continente eurasiatico. È difficile fermare questa trazione anteriore, anche se il governo cinese in questo percorso sta commettendo degli errori tattici.
Alla luce di tutto ciò, che equilibrio emergerà tra i punti deboli e quelli di forza di Cina e Stati Uniti, di Xi Jinping e Trump? La Cina può permettersi di pensare solo a sé stessa e a come “sedurre” Trump. Gli Stati Uniti dovranno pensare oltre che a sé stessi, alla Cina e a tutti gli alleati regionali che cercheranno di portare dalla loro parte.
Mentre la Cina può permettersi di pensare solo a sé stessa e a come “sedurre” Trump, gli Stati Uniti dovranno pensare oltre che a loro stessi, alla Cina e a tutti quegli attori regionali che proveranno a portare dalla loro parte
Alcuni di questi alleati regionali mal sopportano l’atteggiamento aggressivo della Cina. Non è un mistero che mentre Trump è volato in Cina, il segretario di Stato Rex Tillerson è andato in India per mettere nero su bianco un accordo militare di 1,3 miliardi di dollari. Pechino è a conoscenza di questo e di altri problemi. Recentemente ha provato a smussare lo scontro con New Delhi così come le posizioni divergenti rispetto alla Corea del Sud per la presenza nel suo territorio del sistema anti-missile THAAD puntato contro la Corea del Nord ma rivolto anche contro la Cina. Ma non è ancora chiaro se queste mosse siano state fatte in modo abbastanza veloce e, soprattutto, se sia stato concesso in cambio agli interlocutori qualcosa di sostanzioso.
In questo contesto estremamente complicato, Trump e Xi Jinping parleranno di Corea del Nord e di commercio. Potrebbero esserci sviluppi rispetto alla questione nordcoreana. Il governo cinese sta facendo pressione su Pyongyang che, stando alle ultime notizie, avrebbe ordinato il ritiro di tutti i suoi lavoratori dalla Cina. Il commercio è un tema, se possibile, ancor più delicato perché c’è in gioco il possibile accesso per le aziende statunitensi a mercati che finora sono stati sotto il pieno controllo di Pechino. Le grandi società cinesi temono però l’invasione di competitor stranieri. Nel confronto molte cose potrebbero andare per il verso sbagliato. Viceversa, sarebbe un miracolo se si registrasse qualche progresso.
Francesco Sisci
Sinologo, editorialista, laureato e specializzato in Lingua cinese a Venezia e a Londra, è stato il primo straniero ammesso alla Scuola superiore dell'Accademia cinese delle scienze sociali di Pechino. Contribuisce a diverse riviste e gruppi di riflessione su questioni geopolitiche.
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