Un principe erede al trono saudita, un multimiliardario americano, un dissidente e giornalista del Washington Post, l’editore di una controversa testata giornalistica americana: sono i protagonisti di una storia degna di un film di spionaggio. Il Guardian ha scritto che il primo maggio 2018 il cellulare di i Jeff Bezos, capo di Amazon, è stato hackerato con un messaggio Whatsapp inviato dal cellulare Mohammed bin Salaman. Secondo le analisi effettuate dai periti di Bezos, il messaggio video inviato dal telefono del principe saudita avrebbe celato in realtà uno spyware in grado di sottrarre una grande quantità di dati contenuti nel telefono. L’hackeraggio è avvenuto cinque mesi prima dell’omicidio di Jamal Khashoggi, il collaboratore del Washington Post ucciso nell’ottobre del 2018.
L’Arabia Saudita ha smentito le accuse, ma l’analisi effettuata sul telefono cellulare è stata approvata da Agnès Callamard, ovvero la relatrice speciale per le esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie dell’ONU. Inoltre, Callamard e David Kaye, relatore speciale delle Nazioni Unite per la promozione e la tutela del diritto alla libertà di opinione e di espressione da Agosto 2014, hanno chiesto l’apertura immediata di un’nchiesta, in quanto tali analisi aumentano i sospetti sulla reale esistenza di un sistema di sorveglianza saudita, utilizzato contro gli oppositori.
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Gli hacker sauditi hanno dunque avuto accesso a quasi tutti i dati del telefono di Bezos. Mbs in quel periodo cercava di convincere gli investitori occidentali e le grandi società digitali a partecipare al piano Vision 2030 e in particolare al suo mega progetto denominato Neom, ovvero la costruzione di un’enorme smart city saudita grande 30 volte più di New York. Il progetto è stato poi sospeso la morte di Khashoggi.
Recent media reports that suggest the Kingdom is behind a hacking of Mr. Jeff Bezos’ phone are absurd. We call for an investigation on these claims so that we can have all the facts out.
— Saudi Embassy (@SaudiEmbassyUSA) January 22, 2020
Non è la prima volta che l’Arabia Saudita è collegata a un caso di spionaggio del cellulare di Bezos. Nel febbraio del 2019 Bezos aveva accusato l’editore del giornale National Enquirer di averlo ricattato. Il National Enquirer pubblicò messaggi privati del magnate di Amazon e foto con la conduttrice Lauren Sanchez, confermando una relazione extraconiugale che avrebbe causato il divorzio di Bezos. Secondo Gavin De Becker, il principale consulente sulla sicurezza di Bezos, sarebbe stata proprio l’Arabia Saudita a consegnare al tabloid americano queste informazioni private che poi sarebbero state usate per ricattarlo. Il ricatto consisteva nella minaccia della pubblicazione delle fotografie per evitare che il Washington Post rendesse note informazioni relative ai problemi giudiziari del tabloid e del suo editore, David J. Pecker, amico di Trump e già noto per le sue attività di collaborazione e lobbismo a favore del governo saudita. Dopo questo ricatto, Bezos aveva chiesto agli nvestigatori di scoprire come fosse stato possibile che messaggi e foto private gli fossero state sottratte. Bezos aveva affidato l’indagine a Gavin de Becker, il suo principale consulente sulla sicurezza.
Il fatto che il telefono di uno dei principali imprenditori americani possa essere stato hackerato dai sauditi non è una notizia positiva per la Casa Bianca: Trump e il suo Jared Kushner hanno continuato ad avere strette relazioni con Mbs dopo l’assassinio del giornalista Khashoggi, nonostante gli avvertimenti dell’intelligence Usa. La Cia ha sostenuto che è altamente probabile che sia stato proprio il principe ad ordinare l’omicidio.
Ultimo a esprimersi in merito è stato il ministro degli Esteri saudita Adel al-Jubeir, che, durante un intervento al Parlamento europeo, ha ricordato ai deputati presenti dell’esistenza di una magistratura indipendente del paese e declinato la necessità di ulteriori lezioni da parte degli occidentali.
Jeff Bezos and Saudi Crown Prince Mohammed bin Salman in 2016. Photo: Pool/Bandar Algaloud/Anadolu Agency/Getty Images
Luca Mazzacane
Nato a Pavia nel 1994, Dr. in Lingue e Culture Moderne presso Università di Pavia (BA), Dr. in Global Studies presso LUISS Roma, diplomato in Analisi del rischio politico presso l’Istituto Affari Internazionali di Roma; diplomato in Multimedia Journalism presso Deutsche Welle, a Berlino, tirocinante presso Formiche Edizioni. Appassionato di geopolitica, specialmente del mondo Est europeo. Parla fluentemente francese, inglese, russo e spagnolo.
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