Doveva essere l’occasione per intraprendere un “dialogo strategico”, ma il recente summit USA-Cina in Alaska si è trasformato in una vera e propria arena, dove le due delegazioni si sono sfidate a colpi di invettive e accuse reciproche, andate avanti per più di un’ora davanti alle telecamere dei media di tutto il mondo.
1. L’INTERVENTO DELLA DELEGAZIONE AMERICANA
Il meeting di Anchorage del 18-19 marzo giunge dopo la pubblicazione dell’Interim National Security Strategic Guidance da parte della Casa Bianca. Questo documento dipinge la Cina come l’unico rivale potenzialmente in grado di sfidare gli Stati Uniti e quindi di alterare l’equilibrio del sistema internazionale. Durante il vertice il Segretario di Stato statunitense Blinken, presentandosi come portavoce dell’intera comunità internazionale allarmata dalle mire espansionistiche cinesi, ha esordito condannando le azioni del Dragone perpetrate ai danni della minoranza musulmana uigura e di Hong Kong, Taiwan e Tibet. Ha poi dichiarato la propria preoccupazione in merito all’assertività di Pechino nel Mar Cinese Meridionale, agli attacchi informatici e alle forme di “coercizione economica” che la Cina starebbe esercitando nei confronti degli alleati degli Stati Uniti. Blinken ha poi continuato affermando che: “Queste azioni compiute dalla Cina non sono da considerare meri affari interni, al contrario, rappresentano una minaccia alla stabilità globale ed è per questo che ci sentiamo in obbligo di affrontarle in questo contesto”. Fin dai primi minuti, dunque, il confronto è stato tagliente. Ma la risposta della controparte cinese non si è fatta attendere ed è stata altrettanto pungente.
Fig. 1 – Le delegazioni di USA e Cina durante il primo meeting del vertice diplomatico tenutosi il 18-19 marzo ad Anchorage, in Alaska
2. LA RISPOSTA DELLA DIPLOMAZIA CINESE
La parola è quindi passata al Consigliere diplomatico Yang Jiechi. Nel suo intervento, durato 15 minuti – anziché due, come previsto dal protocollo – ha prontamente replicato affermando che la Cina condivide i valori comuni dell’umanità quali la pace, lo sviluppo, l’equità, la giustizia, la libertà e la democrazia, ma ha sottolineato che gli USA dovrebbero “smetterla di promuovere la propria democrazia nel resto del mondo, poiché questa promozione spesso si basa sull’uso della forza militare e dell’egemonia finanziaria“. Entrambi i diplomatici cinesi hanno poi condannato l’ingerenza statunitense negli affari interni cinesi, ribadendo che la Cina non intende cedere a compromessi sulle questioni riguardanti la sovranità e sicurezza nazionale. Un chiaro riferimento, questo, alle sanzioni contro 24 funzionari cinesi adottate dagli Stati Uniti proprio alla vigilia dei colloqui di Anchorage in risposta alla riforma del sistema elettorale di Hong Kong, approvata l’11 marzo dall’Assemblea Nazionale del Popolo Cinese. All’accusa di violazione dei diritti umani, la Cina ha risposto che gli stessi USA devono ancora compiere progressi in questo senso – un preciso rimando alla questione afroamericana e al movimento Black Lives Matter. Infine, Yang Jiechi ha concluso dichiarando: «Non credo che la stragrande maggioranza dei Paesi del mondo riconosca i valori universali sostenuti dagli Stati Uniti o che le opinioni degli USA riflettano quelle dell’opinione pubblica internazionale».
Fig. 2 – Da sinistra, il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi e il Direttore dell’Ufficio della Commissione Centrale degli Affari Esteri Yang Jiechi
3. QUALE SCENARIO ALL’ORIZZONTE?
Quello di Anchorage non è stato un incontro risolutivo: per le due delegazioni ha rappresentato piuttosto un’occasione per conoscersi, sondare il terreno e riaffermare la propria posizione di supremazia nello scenario geopolitico mondiale. Tuttavia sembra che le consultazioni tra le due superpotenze siano proseguite a porte chiuse e che si siano in realtà concluse con alcune convergenze su tematiche legate a cambiamento climatico, Iran, Corea del Nord e Afghanistan, secondo quanto dichiarato dallo stesso Blinken. Al termine del vertice Yang Jiechi ha rilasciato una dichiarazione alla stampa cinese, in cui ha affermato che il dialogo con le controparti statunitensi è stato “franco e costruttivo“, seppur segnato ancora da divergenze sostanziali. L’auspicio dei diplomatici cinesi è che le relazioni proseguano all’insegna della pace e del rispetto reciproco. Già durante il vertice di Anchorage si vociferava di un possibile incontro virtuale tra il Presidente americano Joe Biden e il suo omologo cinese Xi Jinping in occasione della Giornata della Terra, il 22 aprile. In effetti il 26 marzo Biden ha ufficializzato l’invito, estendendolo anche al Presidente russo Vladimir Putin. Il meeting, al quale parteciperanno circa 40 leader mondiali, dovrebbe ruotare attorno a uno dei pochissimi campi di intesa tra USA e Cina, ovvero l’impegno a ridurre le emissioni di gas serra e a contrastare il cambiamento climatico.
Di Federica Ingrosso. Pubblicato su Il Caffè Geopolitico
“US, China and China CDC (CCDC) flags Blue-jing” by CDC Global Health is licensed under CC BY
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